Luka Jovic può sentirsi più importante del club in cui gioca?
Non è raro che, parlando con la stampa del proprio Paese, un calciatore si conceda confidenze e propositi che - con tutta probabilità - resterebbero altrimenti sotto silenzio, come se fossero momenti segreti in cui ogni confessione diventa lecita, diventa opportuna.
Ora più che mai, però, appare automatico che qualsiasi dichiarazione si proietti nell'immediato sulla scena pubblica, finendo amplificata con l'aiuto dei social e, di conseguenza, prestandosi alle reazioni del tifo (riferendosi sempre ai mugugni social).
Tra social e campo
E così è successo anche a Luka Jovic, pensando nello specifico alle parole ad ATV sul rapporto con la Fiorentina, scelta in estate ma vissuta come "un buon trampolino di lancio per tornare di nuovo in un grande club". Niente di lusinghiero, ovviamente, agli occhi del mondo viola ma un modo (più o meno consapevole) per ridimensionare lo status gigliato e per metterlo a confronto con uno scenario più simile a quello da cui Jovic arriva, nello specifico il Real Madrid (pur da comprimario, senza mai aver inciso).
Un tema che peraltro s'intreccia alle polemiche, condite da qualche fischio, emerse in seguito a un'esultanza vissuta come provocatoria: l'impressione è che Jovic, per certi versi, percepisca il proprio status come superiore a quello del club in cui attualmente milita, la Fiorentina. Come se si trattasse di un alieno sceso da chissà quale mondo lontano per offrire (temporaneamente) il proprio lavoro a chi, in condizioni normali, non potrebbe mai goderselo.
La questione principale, come del resto valeva pensando a quell'esultanza, riguarda il campo e le risposte offerte in quella sede: uno Jovic continuo, capace di dare il proprio contributo in zona gol e di apparire perfettamente integrato col gruppo, non come un corpo estraneo, non può che rappresentare una risorsa vitale per la Fiorentina, al di là dell'atteggiamento tenuto poi (con una certa ingenuità) nei confronti dei media e della piazza.
Crescere insieme
Le risposte date dal serbo nelle ultime partite, del resto, offrono un buon margine in questo senso, tale da non condurre a sollevazioni popolari o a un vero e proprio muro contro muro: finché dimostra professionalità a Italiano, nel lavoro quotidiano e in partita, è possibile reagire in modo pragmatico e tiepido di fronte a certe esternazioni. Nella rettifica offerta da Jovic, dopo le polemiche, si fa riferimento alla "gloriosa tradizione viola" e alla voglia di riuscire a far parte di quel novero di campioni che hanno fatto la storia del club: una sorta di "forzatura" per correggere il tiro.
Provando a essere pragmatici esistono criteri oggettivi, legati al percorso professionale di Jovic, che spingono a vedere lo status del serbo come elevato rispetto a quello, attuale, ricoperto dai viola: si tratta di un logico scollamento tra ambizioni e realtà oggettiva, in un percorso fisiologico per tornare a competere ad alti livelli, per tornare a essere una realtà che viva l'Europa come una condizione consueta e non più come un miraggio estemporaneo.
Niente per cui montare un caso, ad oggi: il percorso del club verso una condizione di maggiore autorevolezza è ancora in corso, l'atteggiamento di Jovic è comunque in linea con una crescita e un ambientamento positivo nel contesto italiano: l'equilibro può reggere, al netto di "confidenze" concesse in Patria e di una comprensibile ambizione di tornare sull'Olimpo del calcio (dopo averlo assaggiato).