Maignan parla dei suoi punti di forza e di come gestisce le continue pressioni
È Mike Maignan il protagonista del nuovo episodio di "ESN Talks", format creato dall’agenzia Excellence SportNation, società che cura gli interessi proprio del portiere del Milan. All'interno dell'intervista, il francese ha parlato della sua crescita come calciatore, delle difficoltà, dei suoi punti di forza e di come è riuscito a diventare oggi uno dei migliori estremi difensori al mondo.
Sulla sua infanzia: "Ho iniziato a giocare a pallone a 6 o 7 anni. Inizialmente volevo fare l'attaccante, o comunque essere un giocatore di movimento. Poi ho iniziato a fare un po’ il portiere. Nel frattempo ho completato la mia formazione scolastica. E io non volevo proprio fare il portiere. Sai, per me era noioso. Guardi gli altri giocare, non ti diverti e ti arrabbi. Poi sono andato al Clairefontaine con un allenatore che mi ha detto: ‘Se arrivi all’ultimo turno, rimani in porta’. Sono arrivato all’ultimo turno, quindi alla fine sono dovuto rimanere in porta. C’era il PSG che mi seguiva. Quindi la mia fase giovanile è andata così".
Sul ruolo del portiere: "Devi avere personalità, devi essere creativo, devi avere una mente. La mente è fondamentale".
Sulla mentalità vincente come suo punto di forza: "In quello che facciamo, vogliamo essere tutti i numero uno. Questo è l’obiettivo. Essere il miglior portiere del mondo per un anno è facile, ma esserlo per diversi anni no. Ecco perché bisogna lavorare molto mentalmente. Lavorare, essere motivati, non arrendersi mai. Non importa quanti milioni guadagni o quanto sei famoso, devi continuare a lavorare. Per me questo è solo l’inizio. Ogni giorno lavoro tre volte tanto. E qui, sto lavorando sui dettagli. Ho già capito quasi tutte le cose fondamentali. Quando il giocatore ha la palla, so già di avere tutte le soluzioni. O tira sul palo vicino o cross o dribbla. E non mi metto sotto pressione. Io mi sveglio ogni mattina per lavorare e per essere il migliore. I miei compagni sono con me, giochiamo nella stessa squadra nel fine settimana, ma quando esco dall’allenamento devo essere migliore di loro. Quando c’è una partita, la mia squadra deve vincere. Se non lo fa, è un problema. E così che penso di poter mantenere il mio livello. Osservo ogni dettaglio. E poi, una volta analizzato il mio errore, guardo dove è stato commesso l’altro errore. Se un giocatore ha commesso un errore, penso a cosa avrei potuto dirgli per richiamarlo, in modo che non commettesse quell’errore. Sono questi piccoli dettagli che mi hanno reso ciò che sono oggi. A volte divento pazzo. Alle 23 mi alzo e vado in palestra. Mi alleno, il terzo allenamento della giornata. Perché prima mi sono già allenato. E mi alzo di nuovo il giorno dopo. E non sono stanco fino alla partita. Quando quella è finita e ho messo fuori gioco il mio avversario, mi riposo. A quel punto poi ricomincio da capo. Sono le prestazioni, quello che la gente dice di me, anche se non mi interessa, ma mi piace dare torto. E c’è qualcosa a cui penso da una stagione in cui ho fallito, tutto questo. Ho perso la mia stagione, avevo perso sei mesi, mi avevano fatto fuori. E la cosa che mi sono messo in testa: ‘Non aspettate di vedermi fallire’. Loro aspettano che io fallisca, ma io non fallirò mai".
Sulla continua pressione: "Entro allo stadio determinato, so che devo fare il mio lavoro e che se do il massimo non mi può succedere nulla. Io cerco di bloccare tutti i commenti negativi. La cosa più importante è la mia famiglia, i miei ragazzi affidabili, il mio entourage. Li chiamo. Si parla prima della partita o della vita. Sogni? Onestamente non mi piacciono molto i sogni, sono una persona più oggettiva. Quello che vorrei è che tutti noi riuscissimo a farcela. Vorrei poter continuare a lavorare nel mio campo. Andare avanti, aprirmi delle porte perché quelle mi aiuteranno ad aumentare il mio patrimonio, a diventare più forte e tutte le persone che sono state con me fin dall’inizio, cioè la famiglia, i ragazzi affidabili, gli amici più stretti, potranno crescere. Loro mi hanno dato la forza, io lavoro con la loro forza e se Dio vuole, tutta la forza che mi hanno detto, posso restituirla. Mi avete aiutato così tanto che non vi siete nemmeno accorti che la forza che mi avete dato era in realtà opera vostra. Noi siamo sotto i riflettori, loro dietro le quinte".