Mbangula non arriva per caso: la Next Gen è il vero motore della Juventus

Il debutto positivo di Mbangula come punta dell'iceberg: un approccio virtuoso che dà i suoi frutti
Juventus v Como - Serie A
Juventus v Como - Serie A / Jonathan Moscrop/GettyImages
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Quanto possono cambiare 5 anni all'interno della storia di un club? Potenzialmente un lustro ha il potere di ribaltare un paradigma radicato, di elevare o affossare lo status di una società, dà sicuramente modo di cambiare alcune regole del gioco che parevano indelebili o marchiate a fuoco. Non è detto che l'input verso il cambiamento arrivi dall'interno, può succedere che sia una reazione a stimoli esterni e che - talvolta - suoni come una strada obbligata ma, al di là del punto di partenza, è evidente che la Juventus sia riuscita nel corso degli ultimi anni a intraprendere concretamente un percorso virtuoso che fa del ricorso ai giovani (tema inflazionato nel nostro calcio, vero feticcio) un pilastro cruciale.

Il discorso assume un peso ancor più evidente se si considera l'esigenza di coniugare la centralità dei giovani con lo storico motto secondo cui "vincere è l'unica cosa che conta": due spinte sulla carta in contraddizione devono trovare una loro sintesi, con la necessità estemporanea di ridisegnare anche il concetto stesso di "vincere", di includere in quel concetto anche la costruzione delle fondamenta e non solo gli orpelli. In un gioco di opposizioni potremmo rappresentare le fondamenta come la Next Gen e gli orpelli come l'illusione, ormai lontana, di poter rendere sostenibile l'acquisto del Cristiano Ronaldo di turno senza inficiare sulla tenuta e sugli equilibri dell'intera costruzione.

Reinventarsi per esistere

Un percorso di reinvenzione e di ristrutturazione che, nella sua urgenza, si sta rivelando ben più concreto ed effettivo rispetto a quella vocazione "maggiormente europea" che la Juve provò a intraprendere con l'ingaggio di Sarri: in quel caso si trattò di un restyling abbozzato e di superficie, della mera ricerca di una nuova narrazione più che di una nuova identità, mentre in seguito si è necessariamente percorsa una via più radicale e pratica di rivoluzione nel nome della sostenibilità. Il caso plusvalenze, con tanto di conseguenze sul fronte sportivo, ha segnato un ulteriore punto di non ritorno e - al contempo - la ventata di aria nuova nella dirigenza ha sancito una linea di demarcazione ulteriore.

Gianluca Ferrero, Maurizio Scanavino, John Elkann
Ferrero, Scanavino, Elkann / Daniele Badolato - Juventus FC/GettyImages

Si può notare come, oggi, si continuino a vedere risultati concreti del percorso intrapreso grazie a due lenti fondamentali, una riguarda la Next Gen come serbatoio effettivo di talento e l'altra si lega alla stessa seconda squadra come portatrice di risorse economiche "fatte in casa". Fonte di ricchezza, di fatto, sia sul fronte tecnico che a livello finanziario: un'ideale sintesi tra "competitività e sostenibilità", parole che secondo l'AD Maurizio Scanavino non vanno vissute come banale slogan ma come via virtuosa per coniugare due esigenze vitali.

Legare il recente e fortunato debutto di Samuel Mbangula dal primo minuto al solo arrivo di Thiago Motta in panchina, pur sottolineando l'età media più bassa dei bianconeri da 20 anni a questa parte, sarebbe una visione parziale. Al contempo sarebbe prematuro vivere l'exploit del giovane attaccante come una garanzia tecnica a lungo termine, come manna dal cielo in grado di annullare le esigenze di mercato in attacco. Ciò che inizia a sorprendere è il modo per certi versi inedito con cui la tifoseria, oggi, riesce ad accogliere e incoraggiare la tendenza ad esaltare i prodotti del vivaio o della Next Gen.

Mbangula non arriva per caso

Si può soprattutto riconoscere una traccia evidente di continuità che lega i tanti giovani che, negli ultimi anni, sono stati integrati nella prima squadra in modo più o meno graduale oppure improvviso: da Yildiz a Miretti e Fagioli passando per Iling Jr, Barrenechea e Soulé, senza dimenticare Huijsen. Un gruppo nutrito e variopinto di talenti, un novero di calciatori divenuti del tutto credibili come realtà e non più come semplici (ennesime) promesse da riporre poi nel dimenticatoio, persi nei meandri delle serie inferiori.

Fabio Miretti, Nicolo Fagioli
Miretti e Fagioli / Jonathan Moscrop/GettyImages

Tornando a quanto affermato dal già citato Scanavino, in una recente intervista a Tuttosport, diventa lampante il ruolo della Next Gen come "asset assolutamente importante", sia che si tratti di diventare "funzionali alla Juve" che di "creare risorse economiche da reinvestire sul mercato". I riscontri pratici di un simile proposito sono evidenti: uno è logicamente il passaggio dall'età media di 28,4 anni del 2019/20 ai 25,8 anni del 2023/24, con tutte le possibilità di confermare (persino migliorare) un simile dato anche nella stagione appena cominciata.

Ma non solo, all'abbassamento dell'età media si è affiancato un minutaggio importante offerto ai singoli giovani in cui Allegri ha creduto, come risorse effettive su cui puntare e non come su semplici promesse o su "bambini" (ripercorrendo l'espressione usata da Mourinho per descrivere la composizione della panchina giallorossa). Un gioco di equilibri talvolta sottovalutato o non valorizzato a sufficienza, un percorso che con Thiago Motta può trovare ulteriore esaltazione e che dimostra concretamente quanto la Juve dia l'impressione di aver trovato quel Sacro Graal così desiderato da tutti: coltivare in casa il proprio domani e farne il motore stesso della propria sussistenza, senza contraddizione tra presente e futuro.


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