Mea culpa viola, le "bugie" su Chiesa in bianconero hanno avuto le gambe corte
L'ultima partita vissuta da Federico Chiesa con la maglia della Fiorentina ha avuto il sapore di una beffa particolarmente amara dal punto di vista viola, la fascia di capitano al braccio contro la Samp con un addio ormai alle porte ha rappresentato al contempo una ferita inflitta a una piazza, quella viola, sempre propensa a vivere in modo viscerale e "personale" gli addii e le scelte impopolari dei giocatori, pronti a cambiare volto e a passare da idoli a nemici.
Si è instaurata a quel punto una dinamica piuttosto comune, quella del distacco anestetizzato con diversi stratagemmi più o meno validi: il tifoso viola reagisce così, non ama dar peso a chi "ha tradito" e ridimensiona tutto con la forza dell'ironia, relativizzando un problema anziché affrontarlo e piangersi addosso. Fatto sta che in tanti, sull'onda di quanto accaduto in passato, hanno accostato l'approdo di Chiesa alla Juventus a numerosi addii (vissuti come tradimento) che non si sono tradotti poi in storie di successo e che, anzi, hanno condotto a una flessione di rendimento e di impiego in campo dell'ex viola di turno. Lo schema è chiaro: sei fulcro di un progetto, potenzialmente ne sei il leader tecnico e il simbolo, ma se sposti l'asticella più in alto e ti muovi in una piazza più ambiziosa (la più ambiziosa) diventi di fatto uno dei tanti, di certo non insostituibile o centrale.
L'esempio di Bernardeschi spesso è emblematico in tal senso ma non ne mancherebbero altri, rimane però la sensazione (a posteriori) che quel distacco e quell'ironia siano stati più un'illusione che non la reale convinzione di "non essersi persi niente di che", nel caso di Chiesa. La verità è che, nelle prime uscite in bianconero, ogni passo falso del figlio d'arte è stato vissuto come una perversa forma di successo dall'amante viola tradita: "Visto, anche stavolta è andata così, è voluto andar via e ora non è più quello di prima". Una bugia che ha avuto il suo apice nella sconfitta bianconera contro la Fiorentina del 22 dicembre, uno 0-3 condito dagli ex compagni di squadra in viola che consolavano con pacche sulle spalle il Chiesa sconfitto.
Quello che sembrava un marchio sull'ennesimo vorrei ma non posso, sull'ennesimo passo più lungo della gamba, ha finito per somigliare all'ultima eco dell'illusione: dopo quella serata, infatti, Chiesa ha spinto sull'acceleratore e ha trovato il gol con continuità oltre all'approvazione di Pirlo. Al posto del timbro sul fallimento è arrivato un marchio dalle tinte bianconere: il passo stavolta non è stato più lungo della gamba, a Firenze resta soltanto un'amarezza (silenziosa) e la consapevolezza di non aver avuto ragione.
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