Metamorfosi Duncan: da meteora a protagonista, nel segno di Italiano
Ogni realtà calcistica ha una lista di calciatori buoni per rappresentare esempi di sprechi imperdonabili di risorse, nomi da tirar fuori quando si vuole rendere chiaro il concetto di investimento avventato o fallimentare. A Firenze ha figurato tra questi, rimpolpando la lista dei capri espiatori, anche Alfred Duncan: i 15 milioni spesi dalla Fiorentina per averlo dal Sassuolo, nella sessione invernale 2019/20, per certi versi rappresentavano l'ideale presupposto per generare aspettative, idee complesse da tradurre in realtà soprattutto in un contesto così avaro di entusiasmo e di fiducia com'era quello viola, fresco di avvicendamento Montella-Iachini in panchina.
Sembrava tutto scritto
La prima parte della storia viola racconta di uno spazio trovato comunque con una certa continuità agli ordini di Iachini, tecnico che inizialmente sembrava apprezzare le doti di Ducan tanto da vederlo anche davanti alla difesa nel 3-5-2 e non solo come mezzala, come sembrava poter essere sulla carta.
Le partite disputate da titolare nella seconda parte della stagione 2019/20, chiusa peraltro con una buona striscia positiva che portò alla conferma di Iachini in panchina, furono 10 mentre in 3 altre occasioni Duncan subentrò a partita in corso. Il mister viola, artefice di una salvezza alla fine meno sudata di quanto sembrava profilarsi, appariva già sulla carta il mentore ideale per un centrocampista che ha sempre fatto dei muscoli, del fisico e dell'intensità dei punti di forza evidenti, andando in qualche modo a riprendere tratti peculiari e riconoscibili dello Iachini giocatore.
L'idillio però durò lo spazio di mezza stagione, con un gol all'ultima giornata contro la SPAL come canto del cigno prematuro: la stagione 2020/21 tolse ogni ritaglio di spazio a Duncan, sia con Iachini che successivamente con Prandelli. Appena 2 presenze da titolare e altrettante da subentrato, per un totale di 161 minuti da settembre a gennaio: di fatto la rappresentazione in numeri del concetto di esubero, con il prestito a Cagliari per ritrovare confidenza col campo in quello che, agli occhi di molti, appariva già come un addio a tutti gli effetti, verso una nuova realtà, per tornare il calciatore apprezzato al Sassuolo e per dimenticare la deludente parentesi toscana.
Il ruolo di Italiano: nessun comprimario
Per indirizzare questa storia in modo totalmente diverso da quello più prevedibile, quello cioè che avrebbe visto il mondo viola interrogarsi sulla prossima destinazione di un ospite indesiderato, serviva un nuovo protagonista, una variabile impazzita pronta a rimescolare le carte e a dare un valore a quelle che nessuno pensava più di potersi giocare. La dichiarazione d'intenti di Vincenzo Italiano, quella di valorizzare tutte le risorse della rosa prima di chiedere rivoluzioni sul mercato, poteva avere un retrogusto di retorica (non conoscendo ancora bene il tecnico) ma nei fatti l'ex Spezia ha dimostrato di credere del tutto nel proposito: anche i personaggi "in cerca d'autore" potevano riscoprirsi al centro del progetto, ferma restando la necessità di allenarsi al massimo e di rispondere alle esigenze del tecnico.
Ci è riuscito Callejon, ci è riuscito Saponara e, nei fatti, ci è riuscito ancor di più Alfred Ducan: l'inizio di stagione ha proposto il ghanese come rivelazione del mondo viola, titolare in 4 partite su 6 totali e subentrato in maniera egregia contro il Torino, con una mezzora che di fatto ha aperto la strada alle successive presenze in campo. Già coi granata, sradicando un pallone dai piedi di Verdi e facendo partire poi l'azione del raddoppio, ha raccontato il suo nuovo ruolo e un pezzo della sua nuova storia: Italiano prevede che una delle due mezzali pressi fin da subito gli avversari in fase di possesso, alzandosi senza alcuna timidezza, e Duncan anche contro l'Atalanta e nelle altre uscite viola ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per ricoprire quel ruolo, per riprendere rapidamente il possesso e per gestire la ripartenza della squadra.
L'ultimo step
Per completare al meglio il processo di riscatto che ora sembra avviato occorrerà ovviamente considerare l'impatto sull'intera stagione, pur sottolineando le avvisaglie fin qui eccellenti. Farsi largo in un centrocampo forte di Pulgar, Torreira, Amrabat, Castrovilli, Bonaventura, Maleh e Benassi è un gioco da duri, da chi non si fa spaventare dal primo ostacolo, ma Duncan più di chiunque altro ha fatto capire di non aver paura di lottare per un posto quando si sente coinvolto in un progetto. Proprio qui risiede al momento il segreto della cura Italiano, di una guarigione senza rivoluzioni: togliere spazio alle gerarchie disegnate a priori e rivalutare tutto partita dopo partita, allenamento dopo allenamento, ridando fiducia anche a chi troppo a lungo sembrava solo l'ennesima meteora, un ulteriore capro espiatorio da aggiungere alla lista.