Milan e non solo: le controverse terze maglie Puma, rivoluzione dai due volti

Manchester City e Puma
Manchester City e Puma / Visionhaus/Getty Images
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In un'estate condizionata dal peso di un mercato per certi versi irripetibile, da un lato immobile e dall'altro ricco di colpi epocali a parametro zero, esiste a margine un altro tema potenzialmente divisivo o comunque oggetto di attenzioni e conseguenti critiche, quello delle nuove maglie. Quando siamo ormai a ridosso dell'inizio del campionato anche il Milan ha completato il quadro delle divise per la stagione 2021/22, ufficializzando una terza maglia del tutto peculiare e connessa radicalmente al lavoro di innovazione che Puma, sponsor tecnico rossonero, sta provando a introdurre e portare avanti nel mondo delle maglie da calcio. Un discorso che non riguarda solo il Milan e che, anzi, tocca numerosi club di primo piano e di grande tradizione, in tutti i principali campionati europei: nello specifico Manchester City, Valencia, Olympique Marsiglia, Rennes, PSV Eindhoven, Borussia Monchenglabach, Fenerbahce, Shakhtar Donetsk e Krasnodar.

Concept innovativo: il nome al centro

Ciò che accomuna le terze maglie degli importanti club appena citati è l'approccio, oltre chiaramente al risultato finale: Puma ha deciso di sfidare le convenzioni in modo radicale, con l'intento di riscrivere i canoni e i codici più comunemente usati nella realizzazione di una divisa da gioco. "Riscrivi le regole del gioco", del resto, è lo slogan in primo piano nello stesso store online, in riferimento alle nuove terze maglie presentate ufficialmente ieri dall'azienda tedesca. Una riscrittura che si basa in particolare sull'inedito utilizzo di elementi come nome e logo nella composizione della maglia: il logo viene indicato come un elemento variabile nel tempo mentre ciò che crea identità in modo prolungato, resistente al tempo, è appunto il nome della squadra, spostato per questo in primo piano e "incorniciato" tra due linee orizzontali, sopra al main sponsor.

Il nome, in sostanza, è ciò che secondo il concept crea il legame, il logo passa dunque in secondo piano: appare solo dietro al colletto e tono su tono lungo la maglia, senza però essere l'elemento che cattura l'occhio e risultando secondario rispetto al nome del club. Un ribaltamento sulla carta interessante e concettualmente dotato di una propria dignità, soprattutto in un contesto che vede, spesso, gli sponsor tecnici impegnati semplicemente nel recupero di design iconici già realizzati in passato, già entrati insomma nell'immaginario dei tifosi, generando un confortante effetto revival senza spingere il pedale sull'innovazione ma, al massimo, sulla rilettura di prodotti già esistenti. Si tratta, poi, di un utilizzo anche logico e comprensibile della terza maglia che, giocoforza, richiede soluzioni alternative per avere un totale senso di esistere: se spesso si percorre la strada della tradizione, con riferimenti storici alle città, qui si prova a fare un passo in una direzione differente, quella dello streetwear, da un lato, ma anche quella della creazione di nuovi standard in un ambito che apparirebbe altrimenti fin troppo intoccabile e chiuso.

Dall'idea alla realizzazione: punti critici

L'idea di partenza, come detto, offre spunti degni di nota e d'interesse ma, al contempo, non mancano questioni che finiscono per apparire meno riuscite rispetto all'intento iniziale, perlomeno quando si tratta della percezione da parte del tifoso, destinatario finale del prodotto e, dunque, interlocutore privilegiato. Detto di una ricerca spesso ossessiva e prevedibile della tradizione, nella realizzazione delle maglie da calcio, è pur vero che nella mente e nel cuore di tanti reclami uno spazio il discorso identitario: colori, simboli e nomi, tutte tessere di un puzzle che fa sentire parte di una comunità unica, non assimilabile alle altre.

Un inghippo nasce proprio qui: le terze maglie dei club di grande tradizione che si sono affidati a Puma finiscono qui per avere tratti di continuità troppo netti, anche al di là del font diverso con cui il nome delle varie squadre è riportato sulla maglia e del logo tono su tono. Una somiglianza estrema che allontana potenzialmente dal senso di unicità, dal discorso identitario che segue inesorabilmente il tifoso nel suo legame con la squadra, anche senza voler essere tradizionalisti o puristi ad ogni costo. C'è poi un altro aspetto da sottolineare, aspetto critico e spesso additato anche sui social come deludente, oggetto di ironia: le maglie in questione non rimandano ad altre divise ma, di fatto, potrebbero ricordare tenute da allenamento e, dunque, vedrebbero così venir meno in parte l'effetto "rivoluzionario" presente dietro al concept e dichiarato a monte dal brand.


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