Il mistero dei fratelli Biraghi, miglior crossatore e colpevole di tutto: quale resterà?
Esistono due Biraghi: no, non perché in Serie A militi, sotto mentite spoglie, il fratello del laterale sinistro di scuola Inter ma per un fatto di percezione, per due punti di vista diametralmente opposti sul giocatore in forza alla Fiorentina e, di fatto, terzino sinistro titolare dei viola anche nella prossima stagione. Lo stesso Cristiano Biraghi si accorto della convivenza scomoda e forzata di queste due diverse persone: da un lato un terzino di spinta in grado di fornire un gran numero assist ai compagni nelle ultime tre stagioni (18), dall'altro quel giocatore che quando crossa colpisce inesorabilmente il difensore avversario.
Gemelli diversi
E forse sulla carta appare un esercizio poco signorile spiattellare in faccia a tutti, in conferenza stampa, i numeri che ti qualificano come uno dei migliori crossatori della Serie A, d'altro canto però può essere ragionevole farlo se una nutrita parte dei tuoi tifosi, divenuti a tratti dei nemici, ti considera il capro espiatorio perfetto per cross sbagliati, attacchi subiti sulla tua fascia, maltempo e crisi economica. Il tono di sfida con cui Biraghi si è espresso, in una delle sue rare conferenze stampa ("non amo molto parlare" ha detto) fa capire quanto le critiche più o meno latenti, oppure gridate, vengano percepite dal giocatore come gratuite o mosse a priori: si è definito "il cane da bastonare", l'uomo su cui a prescindere ricadono le colpe quando la situazione volge al peggio.
Un atteggiamento, questo, che paradossalmente non ha acuito malumori e frizioni ma che, al contrario, ha spinto un buon numero di tifosi, persino qualche detrattore, a riconoscere in Biraghi lo spirito (per quanto scomposto, in quel frangente) di un leader, di un giocatore dalla personalità spiccata e pronto ad abbandonare la retorica comunicativa, spesso un po' tiepida e fasulla, del quieto vivere. Alcuni saranno trasaliti sentendo il suo nome accostato alla fascia di capitano, ipotizzando un addio di Pezzella, ma anche in questo caso Biraghi non si è nascosto e si è detto disponibile a vestire ancora i panni del parafulmine, del senatore pronto a caricarsi critiche e veleni pur di lasciare liberi mentalmente i compagni più giovani.
I motivi delle ruggini
Nei fatti, tra l'orgoglio malcelato del giocatore in conferenza e l'atteggiamento diffidente di qualche tifoso, potremmo collocare a metà strada la verità, o qualcosa che le somiglia: la capacità di arrivare al cross e il numero di assist, dati comunque avvalorati dai numeri, non bastano ad annullare il peso di una resa difensiva non sempre al top e, al contempo, si scontrano con questioni extra-campo che hanno lasciato il segno. In particolare non manca chi rimprovera Biraghi per un atteggiamento ingeneroso verso Prandelli, dopo le dimissioni di quest'ultimo, e per presunti problemi proprio col tecnico di Orzinuovi, legato a Firenze da un rapporto solido ormai da anni. Aggiungiamo un aspetto di certo ingombrante: la scelta del giocatore di seguire la fede nerazzurra e di tornare all'Inter, due stagioni fa, ammettendo di fatto che quello fosse da sempre il suo vero obiettivo. Spinte anche comprensibili, niente di illogico, ma parole e atteggiamenti che (da sempre) lasciano il tifoso amareggiato, facendoti poi pagare una sorta di conto a lungo termine.
Ora più che mai l'augurio è che i conti col passato siano esauriti e che la "cura Italiano" dia la spinta decisiva: serve il Biraghi giusto, il leader oltre all'esterno sinistro che spinge, una tappa importante per scordarsi il passato e lasciare fischi e mugugni solo all'altro fratello, quello sbagliato.
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