Mourinho, Sarri, Spalletti: il biglietto da visita di tre tecnici/comunicatori
Il calcio italiano ha perso un suo protagonista, per natura accentratore, come Antonio Conte: un'assenza pesante sul campo e anche fuori, considerati i tanti spunti offerti dall'ex tecnico dell'Inter sia in sala stampa che negli interventi nel post-partita. Al contempo, però, l'estate del 2021 riporta in auge tecnici altrettanto in grado di fare la differenza anche al di fuori del lavoro settimanale sul campo e di quel che accade in partita: comunicatori oltre che allenatori, personaggi mediaticamente forti che nel corso degli anni hanno saputo crearsi un'aura imponente, a suon di dichiarazioni ad effetto, di espressioni rimaste nella storia e di provocazioni ben assestate e mai banali. Si parla dunque di José Mourinho, Maurizio Sarri e Luciano Spalletti, tornati ad allenare in Serie A dopo una pausa più o meno lunga, rimasti fuori dal grande calderone del calcio italiano e richiamati da piazze importanti come Roma, Lazio e Napoli. Ritorni dal sapore diverso, più o meno evocativo, ma comunque stimolanti non solo immaginando le formazioni delle rispettive squadre.
La retorica:
José Mourinho si è tenuto alla larga da un atteggiamento accattivante e dall'impatto immediato, al di là di una gestualità sempre particolare (basti pensare allo stupore quando si è alzato per togliere i teli oscuranti). Il peso del personaggio, a livello mediatico, è tale da non richiedere uno sforzo o un'ostentazione volutamente sopra le righe: la politica adottata è quella del lavoro quotidiano, del contatto con la realtà giallorossa in ogni sua sfumatura, della vittoria non come obbligo ma come standard da raggiungere e da stabilizzare nel tempo. Difesa del gruppo, della società come entità compatta e la promessa di "non essere simpatico" quando si tratterà di rispondere alle attese dei cronisti: un Mourinho "aziendalista" in questa sua prima versione giallorossa, pronto a mettersi in secondo piano rispetto al popolo romanista, visto come garante e riferimento principale al di là dell'ego del singolo protagonista.
Sull'altra sponda della Capitale troviamo Maurizio Sarri, un Sarri che si è tuffato solo adesso nel mondo biancoceleste e che (a differenza di Mourinho) nelle scorse settimane non si è lasciato andare a messaggi social (non usandoli) indirizzati alla Lazio e alla sua gente. L'ex tecnico di Napoli e Juve, anzi, si è tenuto a lungo alla larga da qualsiasi discorso attinente al mondo biancoceleste, prima della conferenza stampa, sottolineando la propria contrarietà ai social e le derive ad essi connesse, a livello di relazioni personali. Il dualismo con Mourinho? In tal senso la strategia è chiara: nessuna battaglia a priori e solo parole di stima, prima che le schermaglie abbiano effettivamente inizio. C'è ancora tempo e sarebbe deleterio far partire crociate a priori, basate sul personaggio.
Infine Spalletti e il suo debutto in conferenza stampa nel contesto di Napoli: una situazione meno "istituzionale" rispetto a quelle capitoline, meno show e più incontro, con la voglia di allacciare un contatto diretto, persino personale, coi nuovi interlocutori. Parole, quelle del tecnico di Certaldo, infarcite di riferimenti alla sua amata campagna e a una dimensione quasi onirica più che sportiva (Napoli come città in cui miracoli e calcio si fondono). Il tutto arricchito dal riferimento al proprio personale "tour dell'anima", dalla città del Papa, a quella dello Zar, fino a quella di San Gennaro. Una retorica in linea con la storia di Spalletti, difficilmente inquadrabile a priori nel suo modo di porsi all'interlocutore in sala stampa e sempre pronto a stupire con "deviazioni" insolite. Anche in questo caso però nessun attacco ai colleghi e solo parole di stima per Mourinho, anche come motivatore.
Gli obiettivi:
Vincere come nuova consuetudine e non come situazione estemporanea: questo il piano di Mourinho, un piano da non perseguire in fretta ma che dovrà passare, a dire del portoghese, dalla volontà di vincere "la prossima partita", qualunque essa sia, già dalla prima giornata. Non un traguardo indicato in modo specifico dunque ma l'ambizione di un miglioramento graduale ma continuo in ogni settore della società, dal più piccolo al più visibile, in modo da poter restare ad alto livello in modo stabile.
Maurizio Sarri, parlando di obiettivi, ha detto di aspettarsi una squadra "fortemente competitiva, che vuol dire lottarsela", il tutto in un contesto che - a dire del tecnico - non aiuta in modo particolare, penalizzato dai calendari internazionali, dalle poche pause e da troppi impegni delle Nazionali. In ottica Europa League, competizione che vedrà protagonista la Lazio, Sarri ha spiegato il peso del turn-over per contrastare la stanchezza, fisica e mentale, che emerge in una competizione del genere, torneo che tra l'altro è riuscito a vincere col Chelsea.
Infine Spalletti: il neo-tecnico del Napoli, parlando di obiettivi, ha avuto un atteggiamento più diretto ed esplicito rispetto ai colleghi, parlando apertamente di Champions League come faro a cui puntare, senza dunque nascondersi dietro a formule di rito o giri di parole. Al contempo Spalletti ha esaltato ogni singola competizione, Europa League e Coppa Italia incluse, sottolineando la necessità di dare tutto anche in quei contesti, senza potersi permettere valutazioni diverse.
Qualche frecciatina:
Parlare di "profilo basso" in tutto e per tutto sarebbe inappropriato e, come prevedibile riferendosi al trio in questione, anche inverosimile: non sono mancati colpi ben assestati, più o meno tra le righe, in mezzo a parole tutto sommato concilianti e più prudenti del previsto. Mourinho in particolare ha buttato lì due missili non da poco, legati al mondo Inter. Da un lato l'espressione "è facile vincere quando non paghi gli stipendi" sembra difficilmente isolabile da riferimenti a squadre e contesti ben precisi; d'altro canto, quando il discorso si è spostato su Antonio Conte, Mourinho ha spiegato che sarebbe deleterio paragonare altri tecnici a lui o a Herrera, come massimi esponenti della storia interista. Lo Scudetto vinto da Conte lo scorso anno, in sostanza, non sarebbe tale da poter giustificare un paragone col gotha della panchina interista (e con lo Special One nello specifico).
I riferimenti nel caso di Sarri vanno a parare comprensibilmente in zona bianconera, pur senza stoccate particolarmente violente almeno in conferenza stampa: il tecnico ha parlato della Lazio come "club giusto in cui far offrire il calcio che piace a lui", quasi come a intendere che altrove questo non sia stato possibile, ma quel che è stupito maggiormente è quanto affermato pochi giorni fa SportItalia. Sarri, in sostanza, ha spiegato che nel contesto bianconero si è trovato spiazzato da uno Scudetto neanche festeggiato, come dato per scontato, vissuto come ordinaria amministrazione e non come gioia da celebrare.
Spalletti, dal canto proprio, ha divertito riferendosi alla fiction su Totti, ironizzando sul presunto scarso successo di "Speravo de morì prima" e spiegando come la faccenda non sia da annoverare tra le "cose importanti" di cui parlare. Risate in sala stampa quando Spalletti ha ammesso di avere in mente un paio di scene che "avrebbero fatto fare il pieno" alla serie, curiosa anche la frase con cui ha esordito: "Sono felice di avergli dato la possibilità di fare una fiction".
Il tempo senza calcio:
Nel caso di Mourinho il discorso non vale, non arriva da una lunga pausa ma da un'esperienza chiusa male con il Tottenham: in questo senso il portoghese ha sottolineato come le aspettative che lo circondano siano spesso tali da rendere disastroso ciò che per altri sarebbe eccellente, in particolare Mourinho ha citato le coppe vinte col Manchester United a fronte di un parere esterno spesso negativo sulle sue ultime avventure in panchina.
Sarri invece, fermo dopo l'addio alla Juve, ha parlato apertamente del suo periodo senza calcio e ha spiegato di non aver sentito la mancanza delle partite, considerando gli stadi a porte chiuse a causa del Covid e un richiamo emotivamente inferiore in tal senso. Diverso il discorso per gli allenamenti, per la quotidianità sul campo, che ovviamente è mancata.
Spalletti dal canto proprio, come spesso accade, ha regalato riferimenti alla sua vita in campagna, al contatto con la natura e con gli animali, arrivando anche a tracciare metafore e accostamenti portati in rapporto al mondo del pallone. In una delle sue prime risposte, con dono della sintesi, ha affermato: "Per quelli come me le cose sono facili: si sta con la famiglia, si guardano le partite e si vive in campagna".
Il mercato:
Ultimo ma non ultimo il mercato, coi tre tecnici pronti (in diversa misura) a soffermarsi sulle esigenze delle squadre e sui casi più scottanti. Mourinho non si è sbilanciato particolarmente se non parlando del terzino sinistro: l'infortunio di Spinazzola, al di là della presenza di Calafiori in rosa, richiederà un intervento in entrata. Il tecnico ha comunque lasciato che a tema mercato si esprimesse perlopiù Thiago Pinto, senza sbilanciarsi troppo in prima persona.
Sarri è entrato nel merito del caso Luis Alberto, non ignorandone la criticità e definendolo "un problema societario", mentre in entrata ha parlato della fiducia riposta in Felipe Anderson e in Hysaj e della necessità di arrivare a un altro terzino. In uscita, invece, non ha escluso l'addio di Correa e ha quasi dato per scontato l'addio di una prima punta, con Caicedo che in sostanza potrebbe essere "di troppo".
Spalletti invece non ha potuto esimersi dal parlare di Insigne e ha ammesso di sperare di averlo insieme a lui nell'avventura partenopea, per il resto il tecnico di Certaldo ha sottolineato positivamente il livello della rosa e non si è sbilanciato su nomi e ruoli, spiegando di voler tenere per ora il discorso tra lui, De Laurentiis e Giuntoli.