Nainggolan in Belgio: un rimpianto per la Serie A o una scelta coerente?

Nainggolan ad Anversa
Nainggolan ad Anversa / NICOLAS MAETERLINCK/Getty Images
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Quando nel mercato un affare sembra "ormai una formalità", nel raccontarlo, si nascondono in realtà dietro l'angolo innumerevoli insidie di cui tener conto, soprattutto se una pista si trascina almeno mediaticamente da lungo tempo senza arrivare a un punto effettivo. Proprio quando tutti i passaggi sembrano condurre a una soluzione scontata, citando ad esempio la risoluzione contrattuale tra Radja Nainggolan e l'Inter e il potenziale approdo automatico al Cagliari, ecco che subentrano fattori inediti, variabili impreviste che scombinano i piani e cambiano programmi che apparivano scolpiti.

Nainggolan dunque non ha percorso nuovamente un tragitto ben noto, quello di ritorno da Milano verso Cagliari, ma ha scavato ancor più a fondo nella propria storia (di vita prima che calcistica) facendo ritorno in Belgio dopo ben 16 anni in Italia e ritrovando proprio la città, Anversa, che nel maggio 1988 lo vide nascere.

La romantica chiusura di un cerchio? Non necessariamente, almeno non agli occhi di tanti che confidavano in un nuovo e definitivo idillio con la sua casa sarda, con quella Cagliari che lo ha visto spiccare il volo e che lo ha ritrovato e riaccolto dopo 5 anni vissuti ad alto livello. Ma, con l'addio ormai ufficialmente consumato e con l'inizio della nuova avventura, ci si chiede se non avere più Nainggolan in Italia genererà rimpianti o se, a quanto punto, la scelta appaia coerente, forse la sola possibile, senza troppe recriminazioni o dietrologie.

Radja Nainggolan
Nainggolan si presenta all'Anversa / JAMES ARTHUR GEKIERE/Getty Images

Questione di stress

Un tormentone di fine anni '90 recitava "Soffro lo stress, io soffro lo stress, faccio un passo ed ho il fiatone". Non che questo fotografi la condizione fisica di Nainggolan, lui stesso si è definito al 70% grazie a una prima parte di lavoro svolta con l'Inter, ma lo stesso belga ha citato proprio lo stress come uno dei motivi dell'addio alla Serie A. Non sono mancate voci critiche a riguardo, pronte a citare l'offerta economica più intrigante come vero motore della scelta, ma è evidente che nel contesto italiano Nainggolan sia ormai da tempo schiavo del suo stesso personaggio, della fama che lo precede sia nel bene che nel male. Una situazione diametralmente opposta a quella belga: consideriamo come l'addio di Nainggolan al Belgio si sia consumato nel 2005, si trattava di un giovanissimo del Germinal Beerschot in rampa di lancio, e come poi (in seguito) il rapporto tra lo stesso Nainggolan e la sua Nazionale sia stato tratteggiato da alti e bassi, da contrasti e ricongiungimenti, senza mai compiere a pieno l'idillio e senza riuscire a farsi conoscere nella sua versione migliore.

Nainggolan
Nainggolan-Belgio: un rapporto conflittuale / Isosport/MB Media/Getty Images

Il rapporto col Belgio

La presentazione come nuovo giocatore dell'Anversa è stata anche occasione per dare qualche spiegazione su questa scelta, certo non prevedibile, e sulle motivazioni che l'hanno resa possibile. Al di là del discorso stress, ha spiegato Nainggolan, un ruolo centrale lo ha rivestito la volontà di vivere la prima avventura da calciatore professionista nel proprio Paese: come detto, infatti, l'Italia ha visto nascere Nainggolan come calciatore, prima a Piacenza in B e poi come solida realtà in Serie A, prima che lui potesse vivere un'esperienza nel calcio professionistico belga, nel 2005. Una circostanza insolita e una lacuna che Nainggolan ha voluto colmare, individuando una realtà ambiziosa ma priva di quelle pressioni che contraddistinguono il contesto italiano, aspetto del resto sottolineato da tanti protagonisti e non da oggi rapportando la realtà del nostro Paese con altri contesti calcistici, soprattutto se fuori dal circolo dei principali campionati.

Radja Nainggolan
Il ritorno a Cagliari nel 2019 / Enrico Locci/Getty Images

Scelte di vita: un calciatore atipico

Per capire meglio il discorso stress, da molti percepito come pretestuoso o come uno specchietto per le allodole, occorre anche osservare numerose tappe della vita calcistica di Nainggolan che si intreccia con quella personale, come naturale che sia. Parliamo da un lato di un professionista atipico, non certo di un elemento che si risparmia quando è chiamato in causa (tutt'altro) ma di un calciatore pronto a spostare l'accento dai percorsi più tracciati e prevedibili, da un'ambizione fine a se stessa e dagli esiti scontati, parliamo soprattutto di un uomo lontano dal richiamo della ruffianeria a tutti i costi, anche in grado di sbilanciarsi con dichiarazioni scomode e con prese di posizione senza appello.

Il fatto stesso di essersi espresso a più riprese in termini fortemente critici verso la Juve, comunque la realtà più importante del nostro calcio, rappresenta un tratto peculiare, difficile da riscontrare in altri calciatori di alto livello. Ma non solo: la scelta di non seguire le sirene della Premier per restare alla Roma, il legame con la Capitale rimasto forte e solido nonostante l'addio in direzione Inter, il ritorno a Cagliari nel 2019 in un momento più che mai delicato a livello personale, con la moglie Claudia impegnata nelle terapie per superare il tumore al seno che l'aveva colpita.

Un bilancio importante

L'ultima scelta di Nainggolan appare per certi versi coerente col suo percorso, osservandolo più globalmente, fatto di strade non tracciate a priori e di soluzioni sorprendenti quando tutto sembra già apparecchiato in modo diverso. Senz'altro il discorso economico ha avuto un ruolo in quest'ultima tappa, lo ha ammesso il giocatore stesso sottolineando con favore l'offerta dell'Anversa, ma d'altro canto sarebbe miope limitarsi a questo singolo dato, in presenza di altre offerte persino più remunerative (ora come in passato). Nainggolan ha chiuso così l'esperienza in Italia dopo aver vestito le maglie di Piacenza, Cagliari, Roma e Inter, collezionando numeri importanti: 367 presenze, 48 gol e 35 assist in Serie A, imponendosi come vero e proprio prototipo di centrocampista capace di risultare implacabile in interdizione, onnipresente e instancable oltre che minaccioso coi suoi inserimenti e con potenti tiri da fuori area, una realtà rimasta per lunghi anni centrale e inimitabile all'interno dell'intero panorama italiano.