Non solo "Pinturicchio": i gol più belli di Alessandro Del Piero

Come Andy Wharol
Come Andy Wharol / 90min Italia
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L'avvocato Agnelli era solito affibbiare ai suoi calciatori soprannomi prendendo a piene mani dai nomi dei suoi pittori rinascimentali preferiti. Baggio era Raffaello, Vialli invece era Michelangelo, ma il suo preferito, almeno per quanto riguarda le pennellate in campo era un altro: Pinturicchio, Alessandro Del Piero. Le sue punizioni, il suo tiro a giro, l'eleganza e l'artisticità di un gioco che sembrava solo poter essere immaginato, magari da un bambino che sta calciando un pallone in cortile, e non sa come funziona davvero il mondo. Del Piero quando parla delle sue giocate ci racconta ben poco, sembra quasi che ogni colpo di genio, ogni tiro impossibile, in quel momento, fosse semplicemente l'unica cosa che si potesse fare. La sua era la capacità di creare calcio spontaneamente, come se non potesse far altro, come se il suo estro volesse a tutti i costi uscire attraverso l'interno collo del suo destro e scaricarsi su un pallone diretto in rete.

La storia dello storico capitano e numero dieci bianconero è una storia che, come al solito, è fatta di alti e bassi, una storia lunga, di un ragazzino prima, e un uomo poi, che ha preso per mano una delle squadre più importanti e blasonate al mondo per 19 anni, per 290 gol, per 705 partite, che quella mano l'ha tenuta stretta anche nel momento peggiore, la Serie B, mentre aveva ancora la medaglia al collo di Campione del Mondo. Ho deciso di riassumerla in sei gol che, a mio parere, ne hanno segnato la carriera, rappresentati come (non) avrebbero fatto altrettanti artisti, in un tentativo di svecchiare un po' questo nome, Pinturicchio, che fa tanto 1400.

Juventus - Fiorentina 3-2, 4/12/1994

Come un ragazzino a scuola, un po' annoiato
Come un ragazzino a scuola, un po' annoiato / 90min

Anche i migliori hanno iniziato dal basso, dalle cose più semplici, da un disegnino fatto sul banco di scuola, ai più grandi musei. E anche Del Piero ha fatto la sua gavetta, al Padova, prima di trasferirsi a Torino, ma la sua parabola, da quel momento in poi, ha una salita vertiginosa. L'esordio, il primo gol dopo una settimana, poi addirittura una tripletta contro il Parma: nella Juve di Baggio, un altro veneto come lui si sta mettendo in mostra e conquista i cuori dei tifosi bianconeri. Nella sua seconda stagione in Serie A è schierato con molta più continuità, rubando il posto spesso e volentieri proprio al Baggio con un Pallone d'Oro ancora fresco di lucidatura, complici anche i soliti infortuni. Il 12 dicembre, al Delle Alpi, arriva la Fiorentina. È la prima stagione dei tre punti, la prima stagione di Lippi alla Juve, che cerca di riconquistare quello scudetto che manca ormai da nove anni, e la gara contro la Viola può essere decisiva. La partita comincia male, e i bianconeri tornano negli spogliatoi sotto di due reti, che al rientro vengono pareggiate da una doppietta di un Vialli che era andato in trance agonistica. L'atmosfera è calda, la partita è sentitissima. Mancano pochi minuti alla fine, serve vincerla, ma la Fiorentina, seppur messa all'angolo, incassa senza crollare. Sono precisamente queste le situazioni a cui ci si riferisce quando si parla di fuoriclasse che ti risolvono le partite: un colpo di genio impensabile, l'immaginazione e il coraggio di non stoppare un pallone lanciato da centrocampo, di colpirlo al volo, cercando una seconda parabola, consecutiva, a rilanciare. Un tocco morbido che scavalca il portiere, forse il suo più bel gol, nonostante i centinaia venuti dopo. Il gol che fece capire a tutti che l'etichetta di "predestinato" era tutt'altro che inadatta. La Juve può tornare a vincere lo Scudetto.

Borussia Dortmund - Juventus 1-3, 13/9/1995

Come Georges Seurat
Come Georges Seurat / 90min Italia

Il ritorno in Champions dopo anni di assenza, e dieci anni dopo la strage dell'Heysel, è al Westfalenstadion di Dortmund (all'epoca si chiamava solamente così). Ora la 10 è sulle spalle del 21enne di Conegliano, perché Baggio era stato venduto, proprio per lasciare spazio alla nuova promessa del calcio italiano. Esordio in Champions, contro una squadra temibile, ma Del Piero non delude le aspettative, e al 37' mette in mostra tutto il talento, prima ubriacando il difensore giallo nero, poi inventandosi un tiro difficilissimo, dal vertice sinistro dell'area, un po' pallonetto, un po' tiro a giro, che scavalca il portiere e va ad insaccarsi nell'angolo destro. Questo è solo il primo di tanti gol segnati in questo stesso identico modo che con il tempo diventeranno il suo marchio di fabbrica. La settimana dopo, sempre in Champions, contro lo Steaua, Del Piero si ripete: pennellata morbida e improvvisa e gol. Ormai, quando Del Piero si avvicinava a quella mattonella, lo stadio si ammutoliva e la difesa avversaria sudava freddo. O forse no, forse sono solo leggende. Era nato il gol "alla Del Piero". Al secondo anno da titolare nella Juve, e debuttante in Europa vince la Champions da protagonista, e nei due anni successivi arriverà sempre in finale (pur perdendole). Il fiore è sbocciato, e niente può fermarlo.

Bari - Juventus 0-1, 18/2/2001

Come Banksy
Come Banksy / 90min Italia

Almeno questa era l'impressione. Tra il '95 e il '98 Del Piero è la stella più luminosa del panorama italiano, il ragazzo che ha fatto dimenticare Baggio. Vince tanto e continua a stupire (nonostante prestazioni non allo stesso livello con la maglia azzurra), almeno fino al tragico infortunio di Udine, che lo costringe fuori gioco per nove lunghissimi mesi. Anche la squadra non sembra più quella degli anni d'oro, brutti posizionamenti in campionato e un gioco che non riesce a convincere, ma tutti i tifosi aspettano il ritorno del loro capitano, per ripartire. Ma l'infortunio si rivela essere uno spartiacque nell'ancor giovane carriera del 10 juventino, e per tutta la stagione non riesce a ripetere le magie mostrate in passato, nonostante giochi con regolarità. L'infortunio era stato talmente grave che Del Piero, da quel momento, inizia a giocare visibilmente in modo diverso, con meno strappi e più cautela, ma questo influisce chiaramente sulle sue prestazioni. Sia chiaro, Del Piero non aveva improvvisamente perso il talento, continua a segnare e, soprattutto, evolve anche in assist-man, ma è ancora grande l'ombra di Del Piero pre-infortunio. Il 18 febbraio 2001, pochi giorni dopo la morte del padre, a cui era legatissimo, entra in un Bari - Juve che sembrava indirizzato verso lo 0-0. Segna, un bel gol, ma è l'esultanza quella che colpisce. Del Piero subito dopo il gol esplode in un’esultanza rabbiosa e commovente, prende a calci un tabellone pubblicitario e si rifugia sotto l'abbraccio dei suoi compagni. Tutta la Juve corre su di lui, lo abbraccia, lo ricopre, e forse lì, al buio, Alessandro ha versato qualche lacrima, per suo padre Gino. È il gol che sembra farlo ritornare a quello di un tempo, prosegue la stagione con ottime prestazioni e negli anni successivi sembra di rivedere il Del Piero delle tre finali di Champions, con i dovuti cambiamenti.

Germania - Italia 0-2, 4/7/2006

Come Vincent van Gogh
Come Vincent van Gogh / 90min

Il rapporto di Del Piero con la maglia azzurra non è stato uno dei più appassionati e appassionanti. Al mondiale del '98 era lui l'uomo più atteso, ma delude le aspettative, e la cosa si ripete anche negli anni successivi e nelle diverse competizioni. Nel 2006, in Germania, non è la punta di diamante della squadra, e non regala magie particolari, almeno fino alla semifinale contro la Germania. Entra nei tempi supplementari, sul punteggio di 0-0. Lippi dice che aveva visto nei suoi occhi la rabbia, la voglia di dimostrare qualcosa, io gli credo poco. Sugli sviluppi di un calcio d'angolo battuto da lui c'è il primo gol di Grosso, al 119', l'esultanza storica, un minuto dopo inizia l'azione che noi tutti ricorderemo per sempre. Mentre corre dietro Gilardino sta chiamando quella palla, la vuole, sa che può chiudere la partita. Gila, non si sa come, fa un passaggio perfetto, senza neanche vederlo. Gol di Del Piero, con quel fastidioso numero 7 sulla maglia. Andiamo a Berlino!

Real Madrid - Juventus 0-2, 5/11/2008

Come Georges Braque
Come Georges Braque / 90min Italia

Del Piero è un uomo, una bandiera temprata dal periodo più buio della storia della Juventus: Calciopoli, la revoca degli scudetti, la retrocessione in Serie B. Del Piero è il capitano, e insieme a pochi altri non abbandona la barca. Il miglior marcatore della storia dei bianconeri e un campione del mondo che gioca nella serie cadetta italiana. Quella stagione passa, la Juve, prevedibilmente, ritorna in Serie A e riesce a stupire, arrivando addirittura terza, e Del Piero ne beneficia: è una seconda giovinezza per lui, riesce a vincere la classifica cannonieri del campionato per la prima volta e a calpestare di nuovo l'erbetta degli stadi che pesano come un macigno. In Champions, ai gironi, la Juve di Amauri, Mellberg e Molinaro incontra il Real Madrid. Nonostante la qualità tecnica non proprio eccelsa, la squadra gira bene, e al Santiago Bernabéu offrono un'ottima prestazione. Il capitano bianconero (che intanto era diventato anche recordman di presenze) non sembra soffrire il miedo escenico, quella paura, quell'ansia da prestazione che colpisce tutti i giocatori che si trovano a mettere piede nel tempio del calcio europeo. Tutti i giocatori normali. Del Piero segna una doppietta (primo italiano a farlo), un gol di sinistro e uno su punizione, ma la cosa più bella è la standing ovation che i tifosi madrileni gli regalano. Con quella maglia dorata, Alessandro Del Piero aveva conquistato l'Olimpo, che lo ripagò con una standing ovation.

Juventus - Atalanta 3-1, 13/5/2013

Come Gustav Klimt
Come Gustav Klimt / 90min Italia

Questo è l'ultimo gol di Del Piero con la maglia della Juventus. Una Juventus che torna a vincere il campionato, che lo festeggia nella sua nuova casa, lo Stadium. Una Juventus dalla quale, forse, si sente un po' tradito, perché non gli hanno rinnovato il contratto, lui vuole continuare a giocare, non ha finito. Ma tradito o meno, Del Piero onora quella fascia, e quella maglia, e quel numero, come sempre. Segna all'Atalanta, esulta con la linguaccia, i tifosi impazziscono e alcuni piangono, tutti i compagni vanno ad abbracciarlo, persino Storari, che corre per tutto il campo per unirsi ai compagni nella stretta sul Capitano. Del Piero va a giocare in Australia e chiude la sua carriera in India, forse un finale un po' anticlimatico, che sicuramente ogni tifoso avrebbe scambiato volentieri con un finale dove, invece, Del Piero lascia il calcio a casa sua, con la maglia bianconera tatuata sulla pelle. Ma ci possiamo accontentare (per modo di dire!) di aver visto giocare uno dei più grandi calciatori italiani della storia e una delle ultime bandiere del calcio italiano, un'artista del calcio, che con le sue pennellate ha regalato emozioni a tutti, tifosi juventini e non, e con la sua semplicità e il suo aplomb ci ha fatto decine di linguacce.


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