Pallone d'Oro di transizione? Finisce un'era, aspettando il nuovo che avanza
Se esiste un tratto peculiare, un elemento distintivo del Pallone d'Oro come premio, negli ultimi anni lo si può individuare in una certa indole conservatrice: emblematico in tal senso il fatto che gli unici due in grado di rompere il duopolio Lionel Messi-Cristiano Ronaldo siano stati elementi tutt'altro che giovani come Luka Modric nel 2018 e Karim Benzema quest'anno.
Anche nelle situazioni in cui, dunque, l'esito è stato differente da quello storico non è emersa con forza una nuova generazione pronta a prendersi lo scettro ma, al contrario, si sono imposte altre parti di quella stessa generazione (quella di Messi e CR7) pronte a reclamare un loro spazio - meritato - sotto i riflettori.
Benzema e Lewandowski: campioni "nascosti"
Un fenomeno di certo parziale, considerando il mancato riconoscimento a Lewandowski lo scorso anno, ma comunque meritato rispetto al peso specifico dei campioni in ballo, rimasti troppo a lungo "nell'ombra" rispetto a entità troppo ingombranti.
Il ragionamento di base può essere: Messi è CR7 hanno meritato riconoscimenti in serie, indubbiamente, ma ciò non toglie che in alcuni casi la necessità di andare oltre sia rimasta fin troppo, e colpevolmente, sospesa (l'edizione 2021 è l'esempio lampante in tal senso).
Un'indole conservatrice che si spinge anche oltre: gli unici due campioni che hanno interrotto l'egemonia dei soliti noti militano comunque nel Real Madrid (Modric e Benzema), senza dunque rappresentare in alcun modo soluzioni "di rottura" rispetto alla tradizione ormai consolidata.
Appare per certi versi fisiologica la tendenza a considerare lo status quo, inteso come duopolio Messi-CR7, alla stregua di un totem, di un punto fermo assoluto e realmente complesso da intaccare: il passaggio dal 2021 al 2022 in questo senso ha segnato il passo e lo ha fatto sia sul fronte dei numeri che dell'impatto dei due fuoriclasse, senza poter tralasciare l'altrettanto dirompente ruolo dell'aspetto mediatico.
La sensazione è chiara soprattutto nel caso del portoghese, peraltro classificatosi ventesimo anche in questo 2022: la parabola sembra inevitabile, investe anche Messi e conduce dal ruolo di idolo intoccabile a quello di fardello fin troppo ingombrante a livello economico e di equilibri.
Il punto di non ritorno
Il tutto arrivando persino a una rappresentazione plastica e fin troppo diretta: tifosi che arrivano a prendere posizione contro l'arrivo di CR7, una situazione che sarebbe apparsa del tutto surreale fino a pochi anni fa. Non c'è dubbio però che a questo punto il dado sia irrimediabilmente tratto e che il premio a Benzema possa apparire come un giusto e forse tardivo premio a una generazione, di fatto, nascosta dietro due monumenti troppo ingombranti.
Il dato storico è innegabile: per la prima volta dal 2006 né Messi né CR7 sono sul podio del Pallone d'Oro e, a questo punto, il momento di guardare oltre è realmente lì, dietro l'angolo. Il Pallone d'Oro 2022 può rappresentare a tutti gli effetti un punto di passaggio, un ponte che porta dalla tradizione a ciò che viene dopo: i volti e i profili all'orizzonte sono chiari, fin troppo, e si fanno strada a suon di gol e di numeri da alieni.
Kylian Mbappé ed Erling Haaland come nuovi detentori di un duopolio, con Vinicius come potenziale terzo incomodo a rompere la nuova egemonia: un assetto che, finalmente, non appare più una prospettiva futuribile ma che, semplicemente, bussa già alla porta per condurci altrove.
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