Paradosso Fiorentina: finali e Viola Park ma pochi gioielli in prima squadra
La rappresentazione di una società, l'idea che un club dà di sé all'esterno, è spesso ricca di contraddizioni e di luoghi comuni trasmessi in automatico, tanto da disperdere il senso effettivo dei numeri e dei riscontri concreti: non è raro ad esempio che si associ alla Fiorentina la nomea di società orientata ai giovani, di realtà in grado di formare elementi di livello, la fama di club a misura di giovane.
Esistono aspetti che raccontano concretamente (ma ancor di più mediaticamente) come tale associazione abbia in sé tracce di verità: l'attualità ci racconta del resto di un Viola Park che, come vera e propria eccellenza del contesto italiano, consente alle giovanili (e non alla sola Primavera) di lavorare nello stesso contesto della prima squadra, con strumenti ugualmente all'avanguardia e con la volontà di rafforzare il senso identitario, un senso prima disperso (anche geograficamente) tra più zone diverse.
Apparenza e realtà
A livello mediatico, poi, la nomea viola di società orientata alla valorizzazione dei giovani si lega a doppio filo a quelle trattative che hanno visto gioielli nati nella Primavera gigliata trasferirsi alla Juventus: da Bernardeschi a Vlahovic, passando per Chiesa, è evidente come il club viola abbia saputo valorizzare (innanzitutto economicamente) ciò che il vivaio ha creato. Anche andando oltre al lavoro svolto attualmente da Angeloni possiamo risalire alle famose "pianticelle" citate spesso da Corvino, durante l'era Della Valle, per capire come la società viola abbia spesso ambito ad un ruolo virtuoso nello sviluppo dei giovani.
C'è poi la recente esplosione di Kayode, con tanto di gol alla Lazio, a porre il timbro sulla voglia della Fiorentina di puntare sui giovani formati in casa: un desiderio però che, spesso, è rimasto però fermo alle intenzioni e non si è tradotto sul campo. Le sei finali consecutive di Coppa Italia Primavera, un record, non hanno prodotto insomma un'immediata traduzione nella prima squadra e sono rari i casi di calciatori in grado di affermarsi tra i big dopo aver partecipato ad un ciclo vincente della Primavera.
Cercando riscontri concreti
Il caso più recente e noto di Kayode si affianca alla fiducia nei confronti del 2005 Comuzzo, palesata al momento dell'addio di Yerry Mina senza ricorrere a rimpiazzi sul mercato, ma il minutaggio del giovane difensore è comunque ancora ridotto (82 minuti in Conference League, appena 20 in Serie A) e le gerarchie restano ben delineate e difficili da scalfire.
Sono numerosi gli esempi di calciatori apparsi in procinto di trovare spazio ma poi tornati fuori dal giro della prima squadra, spesso partiti in prestito: i casi di Bianco ed Amatucci sono emblematici, il primo peraltro è stato il solo giovane che - nella scorsa stagione - è riuscito ad affacciarsi con maggiore continuità, comunque relativa, in prima squadra (285 minuti collezionati complessivamente nel 2022/23).
L'auspicio, a priori così come basandosi sui propositi espressi dalla proprietà, è che - rompendo la recente tradizione - i tanti prestiti (basti pensare allo stesso Amatucci, a Lucchesi e Distefano oltre a Bianco) si traducano in quella maturità in più da mettere al servizio della Fiorentina di domani, senza disperdersi, dando finalmente riscontri concreti ad una nomea assegnata spesso troppo superficialmente e senza il conforto dei numeri.