Parole da capitano o semi di un possibile caso? Kouamé dopo Empoli-Fiorentina

Le scelte sbagliate e la necessità di giocare da squadra: le parole di Kouamé suonano come un'accusa
Kouamé
Kouamé / Gabriele Maltinti/GettyImages
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Qual è nel concreto il peso di una fascia attorno al braccio? Quali oneri e quali onori comporta? Riflessioni che saranno senz'altro passate nella mente di Christian Kouamé, scelto da Palladino come capitano della Fiorentina a Empoli. Una scelta inattesa e piuttosto improvvisa nella sua comunicazione al calciatore, come ammesso anche dall'ivoriano, che si è tradotta poi anche nel post-partita e in una posizione tutt'altro che banale espressa all'ex Genoa dopo lo 0-0 del Castellani. Da attaccante, oltre che da capitano, Kouamé si è espresso proprio sulle difficoltà viola nel collezionare occasioni da rete nonostante il possesso palla: una questione di scelte a dire del capitano di turno, con un'annessa "accusa" ai protagonisti dell'attacco gigliato.

Accuse o parole da uomo-squadra?

Quanto affermato da Kouamé ci permette senza troppo sforzo di individuare il pomo della discordia e ancor di più di capire da chi ci si aspetti un atteggiamento diverso: non si tratta soltanto della tipica responsabilizzazione, da capitano appunto, ma di un dito puntato verso i nuovi arrivati. Pensando alle dichiarazioni rilasciate a DAZN e ai microfoni dei canali ufficiali viola non emerge il tono accusatorio, si tratta in questo senso di parole più equilibrate che non si allontanano dalla responsabilizzazione virtuosa di cui si fa carico chi indossa la fascia: "Non siamo stati bravi a fare le scelte giuste. Dobbiamo riuscire a mettere tutti in condizione, dobbiamo cercare di coinvolgere tutti e così le cose arriveranno".

Kouamé si è incluso nel discorso, dunque, senza lanciare il sasso e nascondere la mano, lo ha fatto a DAZN - come detto - così come ai microfoni dei canali ufficiali viola, ribadendo però il peso delle scelte sbagliate: "Un po' di spazi c'erano, a volte abbiamo fatto scelte sbagliate ma quando prendi rischi capita". Un atteggiamento critico e il tema delle scelte che ritorna, il tono però si modifica ai microfoni di Sky Sport: Kouamé introduce qui un tema diverso, quello dell'approccio dei nuovi arrivati e della necessità di giocare "l'uno per l'altro", di essere più squadra. "Ci è mancato giocare insieme oggi: dobbiamo giocare l’uno per l’altro quando la palla arriva in zona offensiva. [...] Adesso sta a noi dobbiamo far capire ai nuovi come si vincono le partite e come si gioca insieme" sono le parole del calciatore riportate da FirenzeViola.

Istanze giuste, contesto sbagliato

Si procede dunque per gradi e si va sempre più in profondità: il tema delle scelte sbagliate poteva apparire fin troppo vago e generico, Kouamé ha poi aggiustato il tiro e viene naturale immaginare Gudmundsson e Colpani come i nuovi a cui "far capire come si gioca insieme" citati nel post-partita. Si tratta di calciatori che, per caratteristiche, cercano spesso di saltare l'uomo ed è dunque realistico immaginare che Kouamé - al Castellani - abbia ritenuto eccessiva questa loro ricerca della giocata individuale, a discapito del collettivo o del compagno meglio piazzato in un dato momento.

Christian Kouame', Saba Goglichidze
Kouamé capitano a Empoli / Image Photo Agency/GettyImages

Si tratta verosimilmente di istanze portate avanti da Palladino in primis, non certo di una libera interpretazione dell'ivoriano, ma in casi simili - soprattutto all'alba di un nuovo ciclo - può risultare deleterio porre le basi per una lista dei buoni e dei cattivi, rischiare di appiccicare addosso al nuovo arrivato la nomea poco gradevole di egoista, di elemento che non pensa al bene della squadra. Kouamé non ha affondato il colpo, non a caso la Fiorentina non ha preso provvedimenti e non ha ritenuto scorrette le parole del giocatore, ma pesando l'effetto mediatico delle dichiarazioni post-Empoli è evidente il rischio di seminare le prime basi di un futuro caso, di destabilizzare (anche semplicemente nel suo racconto) un'alchimia ancora in divenire, quella già precaria di un cantiere aperto.

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