Perché De Rossi sarebbe il tecnico ideale per la Salernitana di Iervolino e Sabatini
Non esiste oggi una sola Salernitana, ne esistono di fatto due. No, non si registrano improvvidi e audaci tentativi di creare un nuovo club calcistico in quel di Salerno ma, a conti fatti, emerge la natura a dir poco multiforme dell'attualità di casa granata.
Da un lato c'è il richiamo ovvio e severo della classifica, di un'arrampicata eroica da inseguire verso una salvezza come chimera, come miraggio ancora visibile seppur lontano; dall'altra parte esistono entusiasmi, spinte di paradossale ottimismo, sorrisi subentrati alle ombre che per mesi hanno caratterizzato l'Arechi e i suoi paraggi.
Tra l'abisso e la speranza
L'impronta dell'iperattività di Walter Sabatini in sede di mercato è chiara in tal senso e reclama il suo dominio: diventa evidente come portare in squadra Sepe, Fazio, Perotti, Verdi e altri elementi di qualità risulti un propulsore potente per chi temeva di sparire dal calcio professionistico, al contempo il binomio costituito dall'esperto DS e dalla giovane proprietà costituisce un ulteriore motore, un barlume insperato di speranza.
Sullo sfondo restano il campo e restano i numeri: il pari con lo Spezia offre luci e ombre, tre punti si sarebbero sintonizzati meglio col ritrovato entusiasmo e il presente ci parla di una panchina di Colantuono ormai appesa ai singoli risultati. Senza voler discutere ingenerosamente il lavoro del tecnico subentrato a Castori, svolto in condizioni a dir poco sfavorevoli per un lungo lasso di tempo, emerge come idea stimolante quella di un Daniele De Rossi come possibile tecnico futuribile per la Salernitana.
Crescere insieme
Un'ipotesi che non vale più di una mera speculazione, che non rappresenta in alcun modo una ricetta semplicistica per il miracolo salvezza ma che, al contempo, offre più di una ragione per intrigare. Sabatini ha smentito già in sede di presentazione l'idea di avvalersi di De Rossi come tecnico (per un fatto burocratico, di abilitazione ad allenare in A) ma è inutile nascondere il fascino di un simile epilogo, per quanto semplicemente speculativo.
L'idea De Rossi intriga innanzitutto per la possibilità di vedere due realtà crescere insieme, due entità in fase di formazione: da un lato la nuova Salernitana di Daniele Iervolino, ambiziosa e slegata dal recente passato, dall'altro un giovane allenatore che (pur con un'enorme esperienza da calciatore, da campione) ha bisogno di mettersi alla prova, di farsi le ossa e di vivere per la prima volta un'avventura in panchina. Non, dunque, il ritrito "usato sicuro" a cui rivolgersi per tentare l'impossibile ma, un po' come sta accadendo al Genoa con Blessin, l'inizio di una nuova storia da costruire insieme.
Testa e cuore
Una prospettiva che, del resto, incontra anche il profilo di Iervoino come "visionario pragmatico" (citando Sabatini), come nuovo che avanza e che promette scintille in un mondo statico, caratterizzato dai soliti protagonisti e da dinamiche stantie. De Rossi, dal canto proprio, ha sempre dimostrato di sapere essere un calciatore "atipico" per voglia di esporsi, coraggioso nell'assumere posizioni scomode, pronto ad assumersi responsabilità per quanto detto e quanto fatto.
Poi, forse prima di tutto il resto, c'è il cuore e ci sono le sue ragioni: quei pochi barlumi di umanità e di romanticismo (non di facciata) che il calcio offre meritano di essere esplorati, di essere cavalcati. Sabatini ha usato parole forti per tratteggiare il rapporto con De Rossi, definendolo "come un figlio". Il DS granata non butta al vento le parole e non le offre al miglior offerente, le pesa e le rimugina negli anni, le dota di un valore: un figlio, non una cosa da poco, non un patto sancito contrattualmente e dotato di una scadenza.
Ultima ma non ultima la suggestione di una vera e propria reunion giallorossa, con Fazio e Perotti come giocatori da allenare e non più come compagni di squadra. I due argentini hanno sempre speso parole di stima e di riconoscenza nei confronti di De Rossi, riconoscendone personalità e doti da leader ai tempi della Roma: che fosse, all'insaputa dei protagonisti, un profetico antipasto di un nuovo rapporto tra un tecnico e i suoi giocatori?
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