Perché il ciclo dell'Atalanta si è chiuso? I 5 possibili motivi
Il pareggio strappato in extremis contro la Salernitana non lenisce affatto il periodo complicato vissuto dall'Atalanta. A tre giornate dai titoli di coda, i bergamaschi sono all'ottavo posto, a ben 13 punti da quella zona Champions che - ormai matematicamente - risulta irraggiungibile.
Ciò che però preoccupa non è tanto la crisi di risultati - quella può capitare a chiunque - quanto quella identitaria. L'Atalanta ha basato il proprio exploit su un modo di giocare e un approccio alla singola partita che in Italia non si era mai visto, tanto che gli addetti ai lavori l'avevano definita una squadra "dal respiro europeo".
Se vogliamo, l'organico degli orobici è superiore sul piano tecnico rispetto a qualche anno fa, dato che sono arrivati giocatori importanti. Allora come mai il ciclo targato Gian Piero Gasperini sembra essere giunto al capolinea?
1. Nuovi arrivi non sempre all'altezza
I principali fautori dell'ascesa bergamasca sono stati Josip Ilicic e il Papu Gomez, è inutile girarci attorno. Certo, la tenuta difensiva era impeccabile e ognuno svolgeva il proprio compito alla perfezione; tuttavia, erano lo sloveno e l'argentino a mettere una marcia in più.
Quando questi due sono venuti meno, la Dea è corsa ai ripari ingaggiando diversi trequartisti ma ad oggi l'unico ad aver rispettato le attese è stato Malinovskyi. L'ultimo flop - perché ormai è diventato tale - porta il nome di Jeremie Boga, sbarcato a Bergamo lo scorso gennaio e mai veramente ambientatosi nello scacchiere gasperiniano.
2. Un gioco eccessivamente dogmatico
Avete presente quelle squadre con un gioco talmente ben rodato da indurre i telecronisti a parlare di "calciatori che si trovano a memoria"? Ecco, l'Atalanta era una di queste.
Nel calcio fluido al quale ci stiamo abituando, bisogna però essere pronti al cambiamento e, soprattutto, un tecnico dev'essere in grado di adattare il modulo ai giocatori che ha a disposizione. Con la partenza di Gosens, il ridimensionamento di Hateboer e la poca incisività di Zappacosta e Maehle, che senso ha continuare a far leva sugli esterni?
3. I troppi infortuni
Non è una scusa, ma un dato di fatto: gli infortuni hanno compromesso la stagione dell'Atalanta. I problemi fisici capitano, ma quest'anno sembra che la Dea, quella bendata, si sia accanita contro i bergamaschi mettendo fuori dai giochi prima tutti i difensori centrali, poi tutti gli attaccanti.
In questi casi bisogna avere anche un pizzico di fortuna.
4. Un calendario più fitto
Esterni che arrivano fino in fondo per crossare, per poi ripiegare in difesa; centrocampisti che sgomitano in mezzo al campo senza però rinunciare agli inserimenti offensivi e attaccanti che, oltre a far gol, pressano per tutti i 90 minuti. Tutto molto bello... prova però a farlo quando giochi tre partite in sette giorni.
5. Un'ascesa troppo repentina
Nel 2015/16 l'Atalanta aveva raggiunto una salvezza tranquilla con Edy Reja; l'anno seguente, dopo un breve inizio di assestamento, Gasperini l'ha portata al quarto posto. All'epoca erano solo le prime tre ad andare in Champions; pertanto, la Dea si "accontentò" dell'Europa League.
Probabilmente il salto dall'anonimato della Serie A ai più grandi palcoscenici d'Europa è stato troppo netto e ora i bergamaschi ne stanno risentendo. Per riprendersi c'è dunque bisogno di un periodo di transizione e restauro.
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