Perché la semifinale Italia-Spagna si può davvero decidere a centrocampo

Jorginho, Verratti e Barella
Jorginho, Verratti e Barella / Stuart Franklin/Getty Images
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Quando una questione ricorre a più riprese, diventando un ritornello, le possibilità sono tendenzialmente due: o si tratta di un mero luogo comune o, d'altro canto, abbiamo davanti una verità di cui tener conto.

Che il centrocampo sia la chiave, nel contesto di squadre che esercitano il dominio sulla partita se non altro a livello di possesso, è pacifico e persino scontato ma, guardando all'imminente semifinale di Euro 2020 tra Italia e Spagna, la "centralità del centrocampo" assume un peso ulteriore, più chiavi di lettura che spiegano, in sostanza, perché oggi più che mai quel che succederà là in mezzo potrà davvero far pendere l'ago della bilancia da una parte o dall'altra. Ecco dunque i motivi principali per cui Italia-Spagna si risolverà a centrocampo:

1. Una questione di possesso

Marcelo Brozovic, Pedri, Nikola Vlasic
Palla a Pedri / Pixsell/MB Media/Getty Images

La prima ragione è quella più eclatante, poiché avvalorata dalle statistiche. La Spagna primeggia di gran lunga nell'ambito delle squadre col possesso medio più alto, col suo 67,2%: al di là dei numeri è evidente, guardando le partite della Roja in questo Europeo, come il dominio sul possesso sia una costante fin dalle prime partite del girone, anche coi risultati che ancora non pagavano.

La Spagna è inoltre la squadra con la media più alta di passaggi riusciti di tutto l'Europeo e si distingue per il minor tempo col pallone al piede di chi porta palla, con una rete di passaggi dunque rapida e fitta. L'Italia è terza nella classifica del possesso palla medio ma, rispetto alla Roja, ha sempre dato l'impressione di variare più volte gioco all'interno della stessa partita e di andare più spesso in verticale.

2. Perfetta complementarità

Nicolo Barella, Marco Verratti
Barella e Verratti / Claudio Villa/Getty Images

Quel che balza agli occhi, valutando sia il centrocampo azzurro che quello di Luis Enrique, è il mix riuscito tra le varie componenti: non solo elementi validi in senso assoluto, dunque, ma ingranaggi funzionali a un insieme più complesso.

Da una parte abbiamo Jorginho come direttore d'orchestra, come vero metronomo dell'undici di Mancini, che riesce a integrarsi alla perfezione col dinamismo di Barella e a favorirne le qualità in fase di inserimento, trovando poi in Verratti un equilibratore perfetto, capace di cucire il gioco, di dialogare coi compagni e di fare un gran lavoro in fase di non possesso. Il discorso della complementarità forse è meno "perfetto" nella squadra spagnolo ma comunque evidente, con un Busquets irrinunciabile per dare equilibrio e ordine, oltre che esperienza, un Pedri che ormai è divenuto il giovanissimo fulcro della costruzione del gioco e un Koke più dinamico e pronto a inserirsi, andando anche al tiro da fuori.

3. I gol azzurri

Nicolo Barella
Barella in gol / Quality Sport Images/Getty Images

Una differenza palese, che pende fin qui dal lato azzurro in modo evidente, è quella del contributo dei centrocampisti in zona gol. Una questione anche emblematica per capire come il possesso esercitato dalla Roja non sia equiparabile, come qualità e modo di concretizzarsi, a quello di Mancini e dei suoi. Gli Azzurri hanno mandato in gol Locatelli e Pessina due volte, Barella dal canto proprio ha aperto i quarti col Belgio con un vero gioiello, ed è chiaro come tale aspetto tracci un solco rispetto alla Spagna, i cui centrocampisti fin qui non sono riusciti a dare un contributo in fase offensiva.

4. Punti fermi irrinunciabili

Jorginho
Jorginho / Claudio Villa/Getty Images

Sia nella rosa dell'Italia che in quella della Spagna è chiaro come i protagonisti a metà campo siano punti fermi: Jorginho è il primo tra i giocatori di movimento per minutaggio, Pedri nella Spagna ha perso dal canto proprio un solo minuto. Punti di riferimento irrinunciabili e veri e propri protagonisti della costruzione del gioco delle rispettive Nazionali, tali insomma da condizionarne le prestazioni e da dare quell'impronta che sia Mancini che Luis Enrique vogliono per le loro squadre.


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