Perché Napoli è scettica nei confronti di Rudi Garcia?
Il regno delle possibilità e della rosa dei papabili (soprattutto se questi sono 40, veri o presunti) permette di aggrapparsi ai sogni, a scenari anche impensabili, a idee più o meno creative da seguire. Poi arriva la realtà, bella o brutta che sia, e tutto lo spazio rivolto alla fantasia si chiude di botto: la realtà, in casa Napoli, ha il nome e il volto di una vecchia conoscenza del calcio italiano, di Rudi Garcia.
Un allenatore esperto, capace di convincere De Laurentiis a consegnargli le chiavi dei campioni d'Italia in carica. Una scelta per certi versi sorprendente che non ha mancato, come prevedibile, di alimentare un certo scetticismo (perlomeno sulla piazza virtuale) da parte del mondo azzurro. Proviamo ad addentrarci nei motivi di una simile reazione.
L'esperienza in Arabia Saudita
Uno degli aspetti in grado di spiegare una certa titubanza di parte della piazza si lega all'ultima esperienza di Rudi Garcia: in seguito all'addio al Lione al termine della stagione 2020/21, dopo aver mancato di un soffio la qualificazione alla Champions, Garcia si è legato all'Al-Nassr ed è dunque uscito dal panorama dei campionati europei per anticipare l'esodo (attualmente in corso) verso la Saudi Pro League.
Un'esperienza durata da fine giugno 2022 ad aprile 2023, con in mezzo un fattore non da poco come l'arrivo di Cristiano Ronaldo. Più che i risultati sul campo ha contato appunto un gioco di equilibri all'interno dello spogliatoio, un discorso di rapporti interni che non ha permesso di procedere: difficile, del resto, pesare con criteri "europei" quanto accade all'interno di un contesto sportivo differente come quello, pur in ascesa, del campionato arabo.
La percezione di un tecnico proveniente da quello specifico contesto, in sé, può regalare impressioni diverse rispetto a un allenatore che arriva dai principali campionati europei: come se, di fatto, l'orbita del calcio che conta fosse limitata (nella percezione) a Premier, Serie A, Ligue 1, Liga e Bundes.
Non è sulla cresta dell'onda
L'esperienza in un contesto calcistico vissuto come "esotico" trova poi un'ulteriore sponda nel fatto che quello di Garcia non possa essere percepito come un nome "di moda", come un profilo che in tempi recenti è stato oggetto di discussione, di analisi tattiche, ammantato delle doti di guru che spesso (anche prematuramente) vengono associate agli allenatori emergenti più in vista.
Anche un Italiano o un Thiago Motta, per non scomodare un profilo alla De Zerbi, rappresentano in questo senso esempi più vivi e presenti nel tifoso italiano (in questo 2023). La memoria dei due secondi posti in giallorosso o dell'impresa col Lille, insomma, non basta per rendere accattivante il nome di Garcia o per scaldare effettivamente gli animi.
In un certo senso Garcia si trova a metà del guado: né tecnico rampante in ascesa, anche per un discorso semplicemente anagrafico, né nome di grido o in grado (alla Mourinho) di trascinare una piazza intera con la sola presenza in panchina.
L'effetto Spalletti
Sarebbe ingeneroso nei confronti di Spalletti escluderlo in toto dal discorso quando, in realtà, l'allenatore protagonista dello Scudetto appare come il primo nodo cruciale: restando orfani di chi ha compiuto un'impresa, insomma, diventa complesso pensare di cascare in piedi.
Anche senza limitarsi al solo risultato ottenuto, per quanto storico, possiamo riconoscere quanto Spalletti abbia saputo dare un'impronta ben chiara alla squadra dal punto di vista tattico e quanto abbia saputo valorizzare la rosa a disposizione, al netto degli addii pesanti maturati nella particolare estate del 2022 (paradossale preambolo di un'impresa).
Un'impronta, quella del tecnico di Certaldo, che è andata anche al di là del campo e che - anche dal punto di vista comunicativo e retorico - ha saputo toccare momenti intensi e importanti, regalando citazioni, massime e aneddoti a ripetizione nel corso delle due stagioni di Spalletti in azzurro.
I concorrenti (veri o immaginati)
Un presidente che sposta l'asticella sempre più in alto, arrivando anche a parlare di traguardo Champions League, rende logico e comprensibile che la mente prenda il volo e che si fatichi a tenerla a terra.
Va da sé, in linea con le ambizioni professate da De Laurentiis, che nomi del calibro di Conte, di Nagelsmann o di Luis Enrique abbiamo scaldato eccome i cuori dei napoletani in attesa di un nuovo tecnico: nomi, quelli appena citati, che lasciavano intendere come il progetto azzurro fosse solo all'inizio, come l'obiettivo fosse quello di spingersi sempre oltre e di non adagiarsi su quanto fatto in questo magico 2022/23.
Rudi Garcia, anche al di là dei risultati ottenuti in carriera e dell'identikit tattico, non lascia certo immaginare una smobilitazione sul mercato ma (al contempo) appare senz'altro più aziendalista e più in grado di gestire ciò che gli viene messo a disposizione, senza mettersi di traverso o senza un continuo pungolo verso la proprietà (collocandosi in tal senso all'opposto rispetto a Conte).