Perché Vlahovic ha le carte in regola per sostenere i fischi del Franchi
Nei giorni di avvicinamento alla semifinale d'andata di Coppa Italia tra Fiorentina e Juventus, in programma stasera al Franchi, ha iniziato a serpeggiare la più proverbiale pazza idea, peraltro in aperta contraddizione col clima di febbrile attesa che si respira nel capoluogo toscano e coi temi proposti dall'ultimo mercato invernale: Max Allegri, in sostanza, avrebbe valutato di lasciare Dusan Vlahovic in panchina, almeno inizialmente, contro quella che fino a poco più di un mese fa era la squadra del serbo.
Una soluzione che lo stesso tecnico bianconero non ha escluso in toto di poter adottare e che, anzi, in conferenza stampa ha trovato una parziale conferma o comunque un'apertura: Vlahovic ha giocato tanto e, di conseguenza, un po' di riposo non sarebbe escludere a priori. Nelle ultime ore però, con la sfida ormai alle porte, sembra che l'ipotesi di un'esclusione si sia fatta meno probabile, anche al di là della calda accoglienza che attende il giocatore al Franchi. Una scelta avveduta quella di non lasciarlo fuori, lasciando invece da parte i timori connessi all'aspetto ambientale. Vediamo perché Vlahovic ha le spalle abbastanza larghe per reggere l'impatto col suo ex stadio:
1. La freddezza nelle difficoltà
Vlahovic ha dimostrato a più riprese di avere una freddezza e una lucidità da veterano nel proprio bagaglio, al di là del discorso tecnico, infatti, il giovane serbo ha saputo rispondere gradualmente alle varie sfide emerse, alle potenziali difficoltà.
A suo tempo è sceso con lo spirito giusto nella Primavera gigliata, senza perdere motivazioni, e al contempo ha saputo reagire ai primi mugugni per qualche errore sotto porta (prima dell'esplosione definitiva) e al brusio del Franchi dovuto alla scelta di non rinnovare. Inoltre, tra campionato e Champions League, il classe 2000 ha fatto già capire di non patire particolarmente il peso di pressioni che, in altri casi, sono risultate fatali. I fischi, sulla carta, potrebbero essere vani.
2. Le motivazioni da ex
I fischi non faranno male a Vlahovic, come detto, e anzi non è da escludere che in qualche modo possano rappresentare anche un carburante ulteriore per generare motivazioni e voglia di confermarsi.
Un po' come l'idolo di sempre Ibrahimovic, la quintessenza del calciatore in grado di assorbire fischi e stadi nemici per farne uno stimolo, il centravanti serbo avrà tutto l'interesse per mettere a tacere l'atteggiamento di una piazza che si è sentita tradita e che lo ha visto passare al nemico di sempre. Inoltre, anche se chiaramente si tratta di un'arma a doppio taglio, Vlahovic conosce alla perfezione caratteristiche e limiti di Milenkovic e Igor, avversari stasera ma ex compagni fino a poco fa.
3. Il peso per i bianconeri
In questo senso viene utile citare quanto affermato da Italiano alla vigilia, sottolineando come Vlahovic sia un giocatore in grado di buttarla dentro tre volte qualora abbia due occasioni.
Un aspetto che la Juventus ha avuto modo di conoscere e apprezzare già in modo palese e concreto: quattro gol in sei partite per il classe 2000, dall'arrivo in bianconero, con tanto di autogol provocato nella sfida di Coppa Italia contro il Sassuolo, episodio che di fatto ha reso possibile - stasera - ritrovare la Fiorentina in semifinale di Coppa da avversario.
4. Un gol tira l'altro
La doppietta messa a segno contro l'Empoli, successo che ha dato una grande spinta al mondo bianconero in ottica corsa Champions e che ha portato alcuni a rispolverare l'utopia Scudetto, ha già spostato i pareri prematuri di chi si aspettava un impatto più soft e timido (basandosi sulle differenze di ambizione coi viola o sulla giovane età).
Diventa evidente come, a questo punto, ogni gol in più possa risultare decisivo o comunque utile per aumentare consapevolezza e per sfruttare il periodo di fiducia, nonché l'idillio che sta nascendo con la sua nuova realtà. Una pausa, in una sfida così delicata, potrebbe essere deleteria.
5. C'è un record in ballo
Ricapitolando: fin qui Vlahovic ha segnato tre gol su quattro partite in bianconero in Serie A, un gol alla prima presenza in Champions dopo pochi secondi e ha propiziato un autogol decisivo nel finale di Juve-Sassuolo. Diventa logico, a questo punto, cercare nel passato altri debutti più riusciti a livello di gol messi a segno con la Juve: occorre curiosamente scomodare proprio un altro ex viola, Roberto Baggio, oltre a Inzaghi e Moeller.
Il Divin Codino segnò sei gol nelle prime sette partite in bianconero tra campionato e coppe, così come gli altri due attaccanti citati fecero in seguito. Con una doppietta al Franchi il centravanti serbo raggiungerebbe dunque quanto fatto dai celebri predecessori, numeri certo incoraggianti e sorprendenti (considerando l'età del giocatore).
Segui 90min su Twitch.