Più del modulo cambia l'atteggiamento: la chiave della crescita della Fiorentina
L'allergia degli allenatori alle consuete modalità con cui si definiscono i moduli, immaginandoli sulla carta, è cosa nota ed è ovvio che anche Vincenzo Italiano (uno che a Coverciano sottolineava come ogni giocatore debba pensare da regista) ami prendere le distanze dalla mera questione di numeri (per descrivere l'assetto tattico della sua squadra).
Altrettanto chiaro, però, è come qualcosa sia cambiato nel motore della Fiorentina, potendo sostanzialmente individuare nella sfida vinta contro il Verona il 18 settembre scorso una sorta di "punto di non ritorno": una delle mezzali impiegata più a ridosso della punta e un modulo sempre più affine al un 4-2-3-1, con due mediani più bloccati e un centrocampista più libero di avanzare il raggio d'azione (Barak in quel caso specifico).
4-3-3 o 4-2-3-1?
Una soluzione adottata e accantonata a più riprese nelle sfide successive, diventata però adesso un nuovo marchio di fabbrica, col premio ed il conforto dei risultati: situazione, questa, che non si lega soltanto al semplice avanzamento di Bonaventura o Barak sulla trequarti ma che vede un cambio di atteggiamento da parte degli altri centrocampisti, un ripensamento globale della squadra - pur senza rivoluzioni - in base alle esigenze del momento e alle caratteristiche degli uomini in rosa o comunque di quelli disponibili al momento.
Diventa chiaro, insomma, che non sia la stessa cosa utilizzare due mezzali dalle spiccate doti offensive e un solo mediano (Amrabat o Mandragora) rispetto a far scendere in campo questi ultimi insieme, uno accanto all'altro.
Se nella scorsa stagione la Fiorentina dava modo a una delle due mezzali di salire in modo alternato rispetto all'altra, o Duncan o Bonaventura, quest'anno l'approccio appare diverso, sia nell'ottica di donare più equilibrio al centrocampo - col duo Amrabat e Mandragora - che con l'intenzione di permettere a Bonaventura e Barak di far valere le loro doti tecniche e d'inserimento, sfruttando al meglio il lavoro svolto dalle catene laterali e concretizzandolo sotto porta.
L'intesa tra Dodò e Ikoné in tal senso appare una chiave di lettura importante, tanto da poter ripercorrere qualcosa che lo scorso anno (con Odriozola) capitava spesso. Bonaventura, grazie alla sua intelligenza tattica e alla capacità di lettura delle situazioni, sta riuscendo a rappresentare al meglio il prototipo di trequartista che serve a questa Fiorentina, spesso troppo innamorata del possesso palla e poco attratta (nel recente passato) dalla verticalità.
Italiano non rinnega dunque il suo 4-3-3, vero e proprio marchio di fabbrica da tempo, ma lo riadatta alle circostanze, alle assenze e all'avversario di turno: la striscia di 5 vittorie consecutive tra campionato e Conference, senz'altro, si spiega anche con questa evidente prova di versatilità.