Più di una maglia: l'epopea Messi tra hype incontrollato, sentimento e crisi nera
Si ragiona spesso del valore simbolico della maglia, la parola stessa viene spesa dai tifosi che intendono rimarcare il peso del club che trascende l'ego dei singoli giocatori (noi cantiamo solo per la maglia, appunto). E, considerandola invece come mero oggetto fisico, viene sfruttata dai giocatori per rappresentare stati d'animo di un momento: un bacio dopo il gol, una maglietta scagliata rabbiosamente a terra per frustrazione, dopo l'espulsione o al fischio finale di una sconfitta che brucia. Guai però a volare troppo in alto, perdendo il contatto con un piano altrettanto valido da cui osservare una maglia da calcio: il piano del merchandising, degli introiti, del ritorno potenzialmente gigantesco che un club può ricavare dalla vendita in massa delle divise dei beniamini dei tifosi.
La vicenda che ha Lionel Messi al centro, l'epocale divorzio dal Barcellona e discusso approdo al Paris Saint Germain, permette anche di comprendere al meglio quanto una maglia possa elevarsi a simbolo, sì, ma possa anche generare un mastodontico giro d'affari, mettendo in crisi chi perde una risorsa e facendo al contempo sfregare le mani a chi questa risorsa la accoglie. Una risorsa, appunto: non soltanto un campione, artefice di magie sul campo e marcatore di gol in serie, ma un patrimonio vero e proprio, come potrebbe essere un nuovo stadio, un centro sportivo all'avanguardia, persino di più. Non si tratta solo di affari, si tratta anche del mito che si alimenta e che sconfina sui social come per strada, che gonfia oltre l'inverosimile i contorni dell'hype in rete (sempre pronto ad accendersi, a imbizzarrirsi).
Un discorso che, non è una novità, finisce talvolta per generare mostri o per partorire schegge impazzite e fuori controllo: su tutte, in questo caso, la voce di vendite della maglietta del PSG di Leo Messi che avrebbero superato quota 800mila nell'arco di poche ore. 800mila: significherebbe ripagare abbondantemente l'ingaggio dell'argentino, rendere nullo l'impatto economico del suo arrivo, significherebbe fantascienza. Infatti di questo si tratta: FranceNewsLive ha provato a sincerarsene, scoprendo che (in assenza di dati ufficiali del PSG) le vendite della maglia di Messi sono sì destinate a superare ogni record ma non certo ad allontanarsi a tal punto dai numeri generalmente prodotti dal club francese. Basti pensare che, nell'anno dell'arrivo di Neymar a Parigi, il club riuscì a vendere 900mila maglie nell'intero arco della stagione e circa 10mila il primo giorno dell'arrivo dal Barcellona dello stesso Neymar.
Resta comunque impressionante l'impatto di Messi sul merchandising in casa PSG, anche spostandoci per un momento dalla divisa da gioco ufficiale griffata Nike: la maglia Ici c'est Paris, indossata da Messi al momento del primo saluto ai suoi nuovi tifosi, è andata a ruba e, spiega France Bleu, sarà presto rimesso a disposizione di chi vorrà acquistarlo (per 25 euro). Poco ideale e molto concreto, d'altro canto, è quel che accade e che accadrà a Barcellona: la Nike aveva già consegnato ai Blaugrana un importante numero di maglie col nome di Messi sulle spalle e col numero 10, tutti prodotti che dovranno essere rispediti al mittente. E in un momento così critico per le casse del club catalano diventa infausta anche l'idea di un crollo a livello di merchandising: 8 maglie vendute su 10 erano di Messi, secondo Marca una stima realistica del calo dei ricavi da parte del Barcellona si attesta tra i 20 e i 30 milioni di euro. I Blaugrana sperano di limitare i danni vendendo finché sarà possibile la nuova maglia col nome di Messi sulle spalle e potranno farlo fino al primo ottobre: dopo quella data non sarà più lecito, online o negli store fisici, abbinare il nome dell'argentino alla maglia del club catalano. La parola fine sul sentimento e sui guadagni, sipario su tutto quel che una maglia può portare con sé.