I pro ed i contro della costruzione del gioco dal basso
Tematica sempre più calda e sempre più attuale: crea vantaggi o svantaggi la costruzione di un'azione offensiva partendo dalla propria retroguardia? Perché sempre più allenatori si ostinano ad inculcare nelle menti dei propri giocatori questa tipologia di uscita dal basso? E, nella settimana che ha visto importanti errori sotto questo punto di vista, siamo così sicuri avrà vita lunga?
Domande provocatorie, certo, sia per chi sostiene sia per chi detesta -ormai - questa costruzione dal basso, tramite una serie infinita di passaggi tra difensori e portiere atta a scardinare la pressione e la linea offensiva degli avversari: sottolineiamo, però, come non esista una scienza esatta a riguardo. Ovvero, non può - questo tipo di impostazione - essere considerata l'unica possibilità per dirigersi nella metà campo avversaria oppure una possibilità da scartare completamente. Possono al tempo stesso esserci, però, pro e contro a riguardo: e le settimane calcistiche trascorse lo evidenziano in modo straordinario.
Il primo grande vantaggio che un'azione impostata dal basso può portare alla squadra che attua questo sistema di gioco riguarda, paradossalmente, l'attacco avversario: un fraseggio palla veloce, dinamico, fatto di movimenti e contro-movimenti, può infatti far saltare facilmente la prima linea di pressione nemica, costringendo il resto degli avversari ad abbassarsi e concedere campo a chi sta avanzando col pallone. Mi spiego meglio: un possesso palla incentrato sulle figure di portiere, difensori centrali che si allargano sui lati dell'area di rigore e centrocampisti che si abbassano sia per ricevere che per portar via l'uomo, potrebbe far saltare le marcature, creare scompiglio nella pressione avversaria, nonché produrre un vasto spazio tra la loro prima linea di pressione (attaccanti, sulla trequarti circa) e la loro seconda linea, stabile (centrocampisti): ecco quindi uno spazio interessante da aggredire, tra l'altro in superiorità numerica.
Ma, c'è un ma: premesso che le doti tecniche del portiere e dei difensori centrali debbano essere logicamente importanti, in quanto essenziali per costruire dal basso senza rischiare errori che potrebbero avere ripercussioni importanti nell'economia del risultato, va anche detto che, una volta superata la linea degli attaccanti, i difensori/centrocampisti che stanno impostando l'azione d'attacco avranno comunque 70 metri di campo da coprire ed occupare. E siamo quindi sicuri che una scelta sbagliata, un fallo tattico, un errore tecnico, non possano compromettere quanto di buono costruito dal basso? E magari permettere una contro-ripartenza avversaria?
Ne sono esempio due gol subiti durante questa settimana di calcio appena trascorsa, da due squadre ed i rispettivi allenatori che amano questo metodo di gioco: Juventus e Sassuolo. Lampanti gli errori tecnici di Bentancur e Magnanelli in occasione dei gol di Taremi e Soriano, ma quali sarebbero potute essere le alternative?
Difficile puntare il dito alle idee tecnico-tattiche di Pirlo e De Zerbi, conoscitori di calcio ed esperti massimi del settore, ma sarebbe stato così ingenuo buttare (termine evidentemente odiato nel calcio di oggi) il pallone il più lontano possibile, viste le circostanze?
Se si analizzano i due gol, infatti, notiamo come ci siano diversi errori, a livello di idee ed a livello tecnico: sul gol subito ad Oporto dalla Juventus, l'errore circostanziale viene - a mio modo di vedere - commesso dal portiere bianconero Szczesny. La palla accomodata a Bentancur è morbida, semplice, ma il compagno è girato di spalle, pressato, circondato da avversari, così come si ritrovavano De Ligt e Chiellini, leggermente più larghi. Ecco, dunque, quanto dicevo prima: il portiere compie una scelta in funzione dell'idea, dello stile e del meccanismo di gioco, ma non legge l'azione preventivamente: una volta ricevuta palla, il centrocampista uruguaiano, dove può giocare la stessa, se non nuovamente al portiere? E qui, successivamente, avviene l'errore tecnico, ma l'idea di un'azione costruita in tal senso è probabilmente rivedibile. In questo caso, non sarebbe stato più funzionale e meno rischioso un rinvio lungo, sull'esterno del campo?
Diversa la situazione di Reggio Emilia, dove il Sassuolo affrontava il Bologna di Mihajlovic che, si sa, è squadra arcigna, che gioca per segnare un gol in più degli avversari e che, per farlo, fa della pressione costante un marchio di fabbrica: Magnanelli, sulla costruzione dal basso del portiere Consigli, si smarca, a differenza di Bentancur, in modo ottimale, staccandosi dall'avversario (Svanberg nell'occasione) e girandosi col corpo per poter controllare al meglio il pallone ed offrire una linea di passaggio allo stesso portiere. Ma l'errore, seppur di natura diversa, avviene ugualmente: il capitano del Sassuolo, infatti, controlla il pallone non in maniera perfetta e, a causa di questo, è costretto a ritornare dalla difesa, con un passaggio errato.
Due situazioni simili, dove si contestualizzano errori tattici, di idee e pensieri ed errori tecnici, qualitativi, ma all'interno delle quali ritroviamo due figure che fanno da denominatore comune nell'uscita dal basso, palla a terra o con successivo lancio lungo: i portieri.
I numeri 1 del calcio stanno acquisendo sempre più valore in questa idea di gioco, affinando le loro qualità tecniche, la loro visione e, non per ultimo, la loro capacità di lettura della situazione: Alisson, Ederson, Ter Stegen per citare i primi ed i maggiori esponenti tra i pali di questa costruzione, ma anche lo stesso Pepe Reina, acquistato dalla Lazio per fare da secondo a Strakosha, finito per essere il titolare in virtù della sua capacità di impostare coi piedi. Ed i numeri della Lazio, per citare una squadra che utilizza questa metodologia di gioco in maniera sporadica (e dopo vedremo il motivo) ma efficace, parlano chiaro: i biancocelesti sono la terza squadra di Serie A per lanci lunghi completati (35,2 per match), detengono il 51% di possesso palla a partita ed hanno sviluppato meccanismi di gioco semplici, automatici e non casuali. In breve, con Reina ad impostare, coadiuvato da un signor regista difensivo come Acerbi, la squadra di Inzaghi ha trovato un portiere in grado di lanciare sul petto di Luis Alberto, sulla testa del Sergente Milinkovic Savic e sulla corsa degli esterni come Lazzari e Marusic: ecco quindi come è avvenuto il sorpasso dello spagnolo ai danni di Strakosha, apportando modifiche e netti miglioramenti, nonché alternative, al gioco della Lazio.
E restando sempre in casa laziale introduciamo l'argomento che fa da chioccia, guscio e premessa a quello che è il gioco dal basso, senza dubbio fondamentale, importante e più funzionale rispetto ad una palla lunga gettata in maniera superficiale, per scardinare pressione avversaria, attaccare in superiorità numerica e dare anche, in alcune occasioni, saggio e spettacolo della propria idea tattica e delle proprie qualità tecniche. Simone Inzaghi è uno di quei pochi allenatori non idealisti, non dogmatici, non necessariamente legati alla propria filosofia di gioco. Il tecnico della Lazio sa infatti adattare il proprio stile ed il proprio sistema sia in base alla squadra e gli uomini che ha a disposizione sia in base alla squadra ed alla tattica avversaria. Allenatori come il Loco Bielsa, Mourinho, lo stesso Inzaghi non hanno mai dichiarato di voler dominare gli avversari tramite il gioco, il famoso Tiki-Taka inventato da Pep Guardiola, sviluppato dalla Spagna Campione del Mondo e bi-Campione d'Europa e portato avanti dagli attuali Pirlo, Nagelsmann, De Zerbi. Ed anche il nostro Ancelotti la sa lunga a riguardo: "quando inizi a lavorare in una nuova squadra, devi scegliere il gioco che si adatta meglio al suo contesto".
La costruzione dal basso è un principio fondamentale nella tattica italiana o nelle gare europee di oggi, ma non può rivelarsi un dogma unico, inculcato nelle menti dei giocatori come l'unica possibilità di uscita, attacco e ripartenza contro difese chiuse o avversari che fan del pressing l'arma migliore: si necessita di equilibrio, lettura della gara e, soprattutto, della situazione, nonché degli uomini che si ha a disposizione. Il Pep Guardiola che allenava giocatori come Iniesta, Xavi e Messi e che ha rivoluzionato il calcio moderno ha fatto del possesso palla, dell'impostazione dal basso e del Tiki-Taka, appunto, le proprie fortune e la propria carriera, ma non necessariamente lo si deve emulare per diventare grandi. Anzi, basterebbe un pizzico in più di fantasia e conoscenza, per alternare la grande opzione dell'uscita dal basso ad un nuovo principio tecnico-tattico in grado di sorprendere e riscrivere la storia.
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