Pro e contro dell'arrivo di Moise Kean alla Fiorentina

  • Le perplessità della piazza e una stagione senza gol da riscattare
  • La possibilità di avvicinarsi alla porta e di tornare finalmente protagonista
Italy Training Session & Press Confernce
Italy Training Session & Press Confernce / Claudio Villa/GettyImages
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Il mercato sembra spesso avere un andamento circolare, i nomi fatti una volta appaiono destinati a tornare prima o poi in ballo e gli intrecci ipotizzati non escono mai totalmente dalla prospettiva: è il caso di Moise Kean e della Fiorentina, idea di mercato percorsa già in passato che torna adesso prepotentemente attuale. Un'idea che sancirà a breve l'ennesima tappa di una carriera ricca di picchi e ricadute, di speranze disilluse e ripartenze (compiute o solamente abbozzate).

La carriera di Kean porta con sé due pesi non di poco conto, due ombre ingombranti: da un lato la fama di predestinato, connessa all'esplosione in giovanissima età con una maglia pesante come quella della Juventus, dall'altro la nomea (più o meno giustificata) di bad boy, di ragazzo da un carattere che mal si concilia con la continuità necessaria per restare ad alti livelli e non limitarsi a guizzi sporadici.

I contro di Kean in viola

Valutando un bilancio di pro e di contro, proiettandosi sull'arrivo imminente di Kean in viola, è evidente che - anche agli occhi della piazza - la nomea di calciatore dal carattere difficile abbia un proprio peso. Una perplessità della piazza che si lega anche alle valutazioni fatte da Palladino in conferenza stampa: si valuterà, per far parte del gruppo, "l'uomo oltre al calciatore". Il nuovo tecnico ha citato aspetti valoriali e di etica del lavoro che, a livello mediatico, non siamo abituati ad associare a Kean (probabilmente anche per quel vizio di appiccicare etichette indelebili addosso al calciatore di turno, senza spostarsi da lì).

Moise Kean, Nicolo Zaniolo
Con l'amico Zaniolo / Claudio Villa/GettyImages

La possibilità di godere della fiducia del tecnico e di tornare ad agire da terminale offensivo, anziché in appoggio a una prima punta nel 3-5-2, può fare la differenza e ridare motivazioni a un calciatore che, in carriera, ha già saputo perdersi e ritrovarsi più volte, al contempo ci sarà da superare qualche mugugno da parte della piazza (e non solo per la provenienza bianconera, ormai sdoganata dalle cose di mercato e non più un tabù insormontabile). Una perplessità che si lega soprattutto al discorso statistico e ai meri numeri, con quell'ingombrante zero nella casella dei gol fatti nel 2023/24.

C'è poi una valutazione connessa alle caratteristiche del calciatore e al suo inserimento nel 3-4-2-1 che Palladino utilizzerà di base: Kean non è un attaccante che lega il gioco e che eccelle nel dialogo coi compagni, la Fiorentina potrebbe dunque trovarsi ad avere difficoltà in quel senso e a non potersi appoggiare sul proprio riferimento offensivo per far salire la squadra (accadrebbe con Kean e ancor di più con Beltran usato da prima punta). Di fatto i viola resterebbero orfani, come accade dall'addio di Vlahovic in poi, di un attaccante in grado di fare da sponda e di far salire la squadra con qualità.

I pro di Kean in viola

Passiamo dalle potenziali perplessità agli aspetti che, al contrario, convincono. Partiamo dal discorso anagrafico che, per certi versi, si collega al rapporto qualità-prezzo: ci sono stati momenti, nella carriera di Kean, in cui l'idea di assicurarselo per 13 milioni di euro più bonus sarebbe apparsa utopistica, un vero affare. Andare ad assicurarsi calciatori il cui valore è in calo rispetto al passato, insomma, permette di rivalutare risorse date per perse e di limitare i rischi rispetto all'acquisto nel top della propria forma e della propria storia calcistica: dal profilo basso, cioè, si può soltanto risalire.

La convenienza economica del discorso si connette, come specificato da La Gazzetta dello Sport, anche alla possibilità di usufruire ancora del Decreto Crescita fino al 31 dicembre 2025. Si è detto, citando i potenziali "contro" dell'arrivo in viola di Kean, quanto il classe 2000 non sia il profilo ideale su cui appoggiarsi e da vedere come riferimento per far salire la squadra, c'è però il rovescio positivo della medaglia e riguarda i punti di forza del centravanti: capacità di attaccare gli spazi e di finalizzare, aspetti che tornando ad agire da riferimento offensivo Kean potrà sfruttare a dovere.

Al contempo, seguendo un input di Palladino, Kean è dotato anche di quella versatilità richiesta dal nuovo tecnico e può dunque disimpegnarsi (come accaduto anche in Nazionale) più largo a sinistra, lasciando spazio a un centravanti più fisico all'occorrenza o alternandosi con Beltran per dare minori riferimenti. Si possono a tal proposito rivalutare anche gli zero gol fatti della scorsa stagione, sottolineando come Kean - quando Allegri ha iniziato a utilizzarlo con continuità - abbia dato buone risposte al di là della scarsa vena realizzativa (coi due gol annullati contro l'Hellas come emblema).

Moise Kean
Kean / Ciancaphoto Studio/GettyImages

Si tratta di una nuova tappa di un percorso già elaborato e complesso, per un ventiquattrenne: non più di una parentesi interlocutoria ma di un vero punto di non ritorno, della possibilità di responsabilizzarsi e di tornare finalmente centrale e non più comprimario, andando a riprendere quanto lasciato immaginare negli anni in cui Kean appariva il vero enfant prodige del calcio italiano (primo 2000 ad andare a segno nei principali campionati europei).