Quanto bisogna spendere per vincere in Serie A?

Per vincere bisogna spendere? L'analisi del contesto italiano, tra realtà e luoghi comuni.
Atalanta BC v Bologna FC - Serie A TIM
Atalanta BC v Bologna FC - Serie A TIM / Pier Marco Tacca/GettyImages
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Se è vero, com'è vero, che la quantità di allenatori presenti in Italia corrisponde quasi per intero alla popolazione del Paese, tra più competenti e occasionali, possiamo scoprire come - allo stesso modo - ci accomuni la velleità di sentirci dirigenti, di sapere meglio di tutti quali siano gli investimenti opportuni e quali siano invece da rifuggire. Siamo 60 milioni di allenatori, lo saremo ancor di più con la Nazionale in campo a Euro 24, ma vestiamo volentieri anche i panni del DS o del patron con una linea guida chiara in testa, un mantra: "Per vincere bisogna spendere". Uno dei temi ricorrenti nel rapporto tra una società e la sua piazza di riferimento è appunto l'invito da parte dei tifosi, in modo più o meno diretto e insistente, a mettere mano al portafogli per trasmettere ambizione e voglia di crescere sportivamente.

Si crea così un'associazione diretta tra gli investimenti fatti sui cartellini e il riscontro del campo, andando a creare una sorta di equazione tra i due aspetti. Diventa però evidente che, a monte, esistano fattori diversi in grado di indirizzare nel migliore dei modi una stagione: la distanza tra la gloria e il fallimento si misura secondo criteri che sanno allontanarsi dal mero investimento fatto sui cartellini, che sanno superare quel che il monte ingaggi lascerebbe credere (l'esempio critico del Chelsea ci ha detto tanto, in Premier, non mancano al contempo situazioni virtuose a far da contraltare, parentesi di successo sostenibile anche nel contesto italiano).

Un distinguo importante, un chiarimento preventivo, riguarda cosa significhi "vincere" in questa sede: è evidente come il successo in senso stretto tocchi soltanto una squadra, al contempo si può considerare qui "vittoria" in senso più ampio, come raggiungimento degli obiettivi prefissati (in linea con lo sforzo economico profuso) oppure, ancor di più, superamento dei limiti stabiliti a priori. Si può definire come vincente, dunque, il presente dell'Inter ma - ancor di più - occorre indicare come virtuoso il percorso dell'Atalanta o del Bologna, in chiave di qualificazione europea, oppure gli esempi di Empoli e Lecce, con le loro salvezze. E la sconfitta dove risiede? Va da sé che il fallimento si trovi dove non c'è corrispondenza tra investimento ed esiti sul campo: in senso assoluto, qui, Salernitana e Sassuolo rappresentano i riferimenti più chiari.

Per vincere bisogna spendere? Il monte ingaggi

Per dare una qualche forma di fondamento o di base al discorso occorre, necessariamente, appellarsi ai meri numeri e a quanto espresso dalla nostra Serie A sul fronte del monte ingaggi (in rapporto alla classifica raccontata dal campo) così come a livello di saldo di mercato (riferendoci in questo senso agli ultimi tre anni, dalla sessione estiva del 2021 a quella invernale del 2023/24). A livello di monte ingaggi possiamo notare come esista una corrispondenza generale tra spesa per gli stipendi e classifica finale, con eccezioni che però balzano all'occhio sia in positivo che in negativo. Il caso del Bologna in questo senso è quello più clamoroso: quindicesimo monte ingaggi in Serie A e quinto posto in classifica, con annessa qualificazione alla prossima Champions a timbrare una stagione da sogno.

Classifica monte ingaggi

Classifica Serie A

Juventus (125,85 milioni)

Inter (+1)

Inter (119,91 milioni)

Milan (+2)

Roma (103,96 milioni)

Juventus (-2)

Milan (84,83 milioni)

Atalanta (+4)

Napoli (84,09 milioni)

Bologna (+10)

Lazio (75,28 milioni)

Roma (-3)

Fiorentina (56,62 milioni)

Lazio (-1)

Atalanta (45,08 milioni)

Fiorentina (-1)

Torino (37,86 milioni)

Torino (=)

Sassuolo (35,36 milioni)

Napoli (-5)

Genoa (32,57 milioni)

Genoa (=)

Salernitana (31,34 milioni)

Monza (+2)

Cagliari (30,13 milioni)

Verona (+5)

Monza (29,77 milioni)

Lecce (+6)

Bologna (27,42 milioni)

Udinese (+1)

Udinese (25,20 milioni)

Cagliari (-3)

Empoli (22,85 milioni)

Empoli (=)

Verona (21,51 milioni)

Frosinone (+1)

Frosinone (21,27 milioni)

Sassuolo (-9)

Lecce (16,51 milioni)

Salernitana (-8)

fonte capology.com

Un vero e proprio miracolo sportivo se rapportato a un monte ingaggi ridimensionato, inferiore a quello di club retrocessi come Salernitana e Sassuolo o che sono rimasti in A soffrendo (come il Cagliari). Anche l'Atalanta sorprende, lo fa a maggior ragione pensando all'Europa League conquistata a Dublino e alla capacità di qualificarsi alla Champions anche tramite la classifica in campionato: Gasperini ha tratto il meglio da una squadra che, per monte ingaggi, si collocherebbe dietro a Fiorentina, Napoli, Roma e Lazio, tutte squadre che la Dea ha saputo mettersi alle spalle (con tanto di possibile sorpasso sulla Juve).

I due esempi più virtuosi presi in considerazione, Atalanta e Bologna, dimostrano l'importanza di un progetto sportivo chiaro, di un DS in grado di vedere risorse dove altri vedrebbero limitazioni e di pensare fuori dagli schemi. Tutte qualità che, spesso, club più blasonati non "possono permettersi" a causa di pressioni e aspettative della piazza. Per capirlo basta citare elementi che hanno guidato l'escalation della Dea e dei Felsinei, giocatori come De Ketelaere e Lookman o come Ferguson, Zirkzee e Calafiori (a titolo esemplificativo): hanno saputo fare realmente la differenza ma, in altre piazze, sarebbero stati accolti con grande scetticismo, come segno di scarsa ambizione.

Juan Musso, Ederson, Teun Koopmeiners, Matteo Ruggeri, Sead Kolašinac, Gianluca Scamacca, Isak Hien, Berat Djimsiti, Davide Zappacosta, Ademola Lookman, Charles De Ketelaere
Atalanta BC v Bayer 04 Leverkusen - UEFA Europa League Final 2023/24 / Visionhaus/GettyImages

La capacità di pensare fuori dagli schemi, di scoprire risorse inattese anche sfidando gli umori della piazza, è una chiave in grado di fare effettivamente la differenza rispetto a quei club (come Roma e Fiorentina) che si assumono meno rischi e che preferiscono puntare su elementi dall'ingaggio importante (nel caso dei giallorossi) o spendere di più per i cartellini (nel caso viola, con Nico Gonzalez e Beltran). Non si tratta in questo caso di fallimenti in senso stretto, pensando appunto a Roma e Fiorentina, ma in situazioni in cui la spesa e l'investimento non portano necessariamente a una resa superiore a quella immaginata. Una valutazione che può portarci a ridimensionare anche l'aura da guru di alcuni tecnici e a sottolineare ancora una volta il peso di Gasperini e Thiago Motta (o quello di Baroni in zona salvezza).

La zona salvezza ci racconta d'altro canto di esempi degni di nota in positivo, su tutti il Lecce (minor monte ingaggi del campionato), ma anche di situazioni in cui gli investimenti - anche sostanziosi - non sono stati seguiti dal raggiungimento degli obiettivi: la Salernitana, con un monte ingaggi superiore a quello di Monza e Bologna per fare due esempi, è retrocessa in modo rovinoso e senza mai dare l'impressione di poter sopravvivere (nonostante elementi esperti e costosi in rosa).

Per vincere bisogna spendere? Il saldo di mercato

Allontanandoci dal tema del monte ingaggi, spostando l'obiettivo sul saldo di mercato, possiamo notare quanto sia superficiale l'associazione tra investimenti e risultati. Un esempio efficace può essere quello di un Napoli che, proprio in una stagione di spese contenute, è riuscito a conquistare lo Scudetto salvo poi fallire nella stagione successiva (col saldo in negativo). Virtuoso è l'esempio di un Inter che sposta in qualche modo il paradigma: la questione non risiede nella spesa come garanzia di vittoria ma nell'individuazione di quegli elementi sulla carta imprescindibili (es. Brozovic, Onana, Lukaku) che si rivelano invece sostituibili, anche attraverso scelte più sostenibili, facendo di necessità virtù.

Squadra (ordine per classifica 23/24)

Saldo di mercato (dal 2021 a oggi)

Inter

+174,42 milioni

Milan

-191,15 milioni

Juventus

-117,49 milioni

Atalanta

+89,6 milioni

Bologna

-26,36 milioni

Roma

+12,3 milioni

Lazio

+5,7 milioni

Fiorentina

+77,65 milioni

Torino

-1,54 milioni

Napoli

-37,97 milioni

Genoa

-15,53 milioni

Monza

-89,24 milioni

Verona

+74,58 milioni

Lecce

+1,92 milioni

Udinese

+69,47 milioni

Cagliari

+11,74 milioni

Empoli

+82,81 milioni

Frosinone

+14,76 milioni

Sassuolo

+49,05 milioni

Salernitana

-63,56 milioni

fonte Transfermarkt

Osservando l'esempio della Juventus si può notare un paradosso di fondo: l'idea di periodo di austerity e di ridimensionamento non è seguita in modo del tutto coerente da numeri comunque importanti, si parla del primo monte ingaggi in Serie A e di un passivo di 117 milioni dal 2021 a oggi (pur con un evidente calo negli investimenti nelle ultime sessioni). Va da sé che il ritorno in Champions fosse davvero l'obiettivo minimo per non parlare di flop in senso assoluto. Anche lo stesso Milan presenta un quadro di passivo importante a livello di mercato, un quadro che però - in questo caso - ha avuto nello Scudetto di due anni fa (e nel ritorno in Champions in pianta stabile) un timbro dal peso cruciale.

Giovanni Sartori
Sartori / Mario Carlini / Iguana Press/GettyImages

L'Atalanta, anche in questo caso, gioca la parte del leone e dimostra come si possano ottenere risultati sorprendenti anche mantenendo un bilancio in positivo. Le chiavi restano sotto gli occhi di tutti: esaltazione e valorizzazione dei prodotti del vivaio, anche in sede di mercato oltre che sul campo, e capacità di individuare calciatori spesso in parabola discendente (o non al top della loro carriera) in modo da contenere la spesa per il cartellino e da generare poi plusvalenze. Si tratta, insomma, di un vero circolo virtuoso.

La capacità di pianificare e di rendere solito un progetto passa evidentemente dal ruolo chiave del direttore sportivo o degli uomini di riferimento per il mercato, con Marotta, Sartori e Corvino come fuoriclasse nelle rispettive realtà (e coi diversi obiettivi). Il ruolo del tempo e della pazienza è, al contempo, una delle chiavi: un esempio come quello del Leverkusen, partito in sordina e arrivato alla gloria, ci racconta come il successo possa richiedere un logico e difficile periodo d'incubazione. Una lezione che, a conti fatti, dovrà fare da guida anche per realtà italiane in cerca di una loro dimensione e di un'affermazione più stabile e duratura, al di là della superficiale aspettativa connessa ai milioni spesi.

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