Rafael Leao giura fedeltà al Milan, parla di Ibra e rivela cosa farà a fine carriera
È un periodo fitto di presentazioni e interviste per Rafael Leao da quando è stato pubblicato il suo libro, dal titolo "Smile", in cui parla non solo della sua carriera ma anche delle sue altre passioni. Stavolta, l'attaccante del Milan è stato ospite nella redazione del Corriere della Sera, dove ha confermato la volontà di rimanere in rossonero, esaltato l'importanza di Ibrahimovic per il suo percorso di crescita e parlato di social e razzismo. Ecco le sue parole.
Sul suo libro: "Racconto me stesso. Ho solo 24 anni, so bene che c’è ancora tanto da scrivere, soprattutto come calciatore. Vorrei spiegare ai miei fan chi sono davvero. E perché sorrido. C’è gente che non ha l’acqua per bere. Quando puoi camminare, hai da mangiare, magari hai qualcuno che ti vuole bene, la vita è “smile”. Io ho tutto, ho anche di più, Dio mi ha dato un dono e io gli sono grato. Il mio lavoro è giocare a pallone, ho coronato il mio sogno di bambino. Come potrei non sorridere?".
Le tue tre passioni in ordine? "Calcio, musica, moda. Sono un giocatore prima di tutto".
Come puoi crescere ancora? "Per crescere devo vincere cose importanti, come la Champions o l’Europa League. Le cose belle si dimenticano troppo velocemente, quindi bisogna vincere ogni anno, il più possibile. Quando sei al Milan devi farlo, non è una scelta, è un dovere. Per lasciare il tuo nome nella storia. L'Europa League? Ci sono molte squadre forti, ma abbiamo in testa un’idea chiara: arrivare in finale e vincere. La 10 mi dà una forza in più. Il numero 10 è il calcio".
Sui social: "Essere un privilegiato non significa che la vita è sempre stata facile. E non significa essere incapaci di soffrire. I social sono pericolosi, non è un mondo positivo. Troppo odio, troppe cattiverie. Le cose che so non le ho imparate lì. Li uso perché devo averli per il mio lavoro, però non mi piacciono. Si sorride poco sui social. Manca spesso l’educazione in famiglia, a scuola. L'insulto razzista? Lui non sa nemmeno cosa ha fatto. E questo è un problema: i razzisti spesso non si rendono nemmeno conto di essere razzisti".
Sai già cosa fare a fine carriera? "Di sicuro quando smetterò di giocare non resterò nel calcio. Sono in questo ambiente già da dieci anni, ho vissuto tante esperienze. Voglio togliermi quel tipo di stress e dedicarmi alla mia famiglia e alle mie altre passioni".
Sul razzismo: "Il razzismo è ovunque, purtroppo. Ecco perché noi calciatori dobbiamo provare a fare qualcosa, visto che abbiamo tanta popolarità. Dobbiamo sfruttare questa forza, mandando messaggi. Il Milan è molto sensibile a questo tema. Anche nella vicenda di Maignan a Udine si è visto. Abbiamo fatto bene a comportarci così, giusto uscire dal campo".
Cosa c'è nel tuo futuro? "Il mio futuro è al Milan. Sono qui e ho ancora un contratto di quattro anni. Il Milan mi ha aiutato quando ero in una situazione difficilissima, mi è stato vicino. Io non dimentico, sono leale. Sono arrivato da ragazzino, qui sono cresciuto come uomo e come calciatore. Voglio vincere ancora, la mia testa è qui".
Su Ibrahimovic: "Io non sono un genio. Però Ibra ha fatto alzare tanto il mio livello. Mi parla di tutto, non solo del calcio. Avevo bisogno di lui: mi ha aiutato non solo come calciatore, ma anche come uomo. È molto importante per me. Lo era quando giocava, lo è anche adesso".
Chi sono i tuoi idoli? "Cristiano Ronaldo. Quando ero piccolo, Ronaldinho. Nella musica non ho un vero idolo. L’unico forse Bob Marley. Ho anche un suo tatuaggio".
Sai fare solo gol belli? "Sì, è vero, io amo i gol belli. Certo, vorrei farne sempre di più. Ma io faccio assist, giocate, sono completo. Il calcio oggi è solo statistiche, cifre. E a me non piace. Il calcio è magia, gioia. Mi fa arrabbiare che la gente pensi solo ai numeri. Se fai una brutta partita, ma poi segni, dicono “wow”. Io non sono così. Perché la gente deve divertirsi. E allora mi devo divertire anche io. Sono per la bellezza. L’estetica. Nel calcio, come nella moda e nella musica. Come nell’amore. Piaccio ai bambini forse proprio perché gioco come i piccoli, che vogliono divertirsi".
Sulle critiche: "Le critiche mi caricano sempre. A volte mi fanno arrabbiare, ma solo se non sono costruttive. Mi dispiace se sono fatte solo per provocarmi. Spesso mi chiedo: ma questo capisce di calcio? Sono emotivo, anche se non lo do a vedere. Comunque queste cose mi rendono più forte. Io so dove posso arrivare".