Ribery a Firenze, una storia a metà: uscire dal cinema perdendosi la fine del film
Cosa può esserci di più beffardo di un campione universalmente riconosciuto che veste la maglia della tua squadra del cuore, facendolo però a mezzo servizio a causa dei problemi fisici? Qualcosa di più fastidioso c'è ed è la prospettiva di stadi a porte chiuse, di spalti vuoti e privi di occhi che possano godersi quello spettacolo, quello scenario che sarebbe apparso fantascientifico, persino onirico, solo pochi anni prima.
L'idea di un epilogo, a questo punto, non può che muoversi sul piano del rimpianto, di quel che poteva essere e invece non è stato se non a sprazzi: i numeri di Franck Ribery con la maglia della Fiorentina, in due stagioni in viola, raccontano di 5 gol e 10 assist in 51 presenze collezionate. Numeri che, di per sé, hanno però poco valore: ne assumono uno se si pensa che il francese non ha mai segnato un gol al Franchi col pubblico presente allo stadio e che la squadra, in queste ultime due stagioni, ha raggiunto due salvezze faticose e stentate, nelle ultime giornate, vivendo annate inferiori alle aspettative e caratterizzate da poche luci e numerose ombre. Da gioiello luminoso accolto a braccia aperte da una piazza in festa, euforica anche per l'arrivo di una nuova proprietà, a campione navigato e pronto a sporcarsi le mani come leader del gruppo e come mentore ancor prima che come calciatore, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Virtù importanti, un atteggiamento da professionista esemplare e utile ai compagni più giovani, che non hanno però trovato il loro riscontro più gioioso e vitale, quello di una Fiorentina che potesse divertire e convincere e quello di un popolo pronto realmente ad abbracciare un nuovo pupillo, un nuovo eroe. Per questo, e non è un male solo viola, questi tempi di stadi chiusi e di calcio "a metà" lasciano tracce diverse e più sterili, pur in presenza di campioni, pur in presenza dei novanta minuti in campo da guardare in TV.
L'arrivo di Vincenzo Italiano, poi, starà pesando nella decisione di non proseguire il rapporto con Ribery? Certo è che la priorità del prossimo tecnico viola non poggia sul singolo e prevede la necessità di un primato dell'idea di gioco, di una logica di gruppo, rispetto all'ego del campione in grado di fare la differenza da solo. Un'idea dispendiosa, mentalmente e fisicamente, che non vedrà dunque l'esperto francese come interprete e come protagonista. Il rimpianto vero, al tramonto di questo rapporto biennale, non risiede dunque in modo principale nei numeri (deludenti o validi che siano) ma nell'aver vissuto a metà una situazione da sogno, come aver assistito al concerto atteso da anni addormentandosi dopo un paio di canzoni, come arrivare al cinema sapendo di dover uscire, per forza, a venti minuti dalla fine del film.