La Roma e i prodotti del vivaio: una connessione da preservare nel tempo

Nel momento in cui una società ufficializza l'arrivo di José Mourinho come allenatore della prima squadra è logico, persino automatico, che la mente corra a grandi colpi di mercato e a scenari che prevedano (come epilogo) un successo a breve termine.
Non è semplice, niente di automatico in questo caso, associare il nome del portoghese a un ciclo che preveda una maturazione più paziente, un passaggio più graduale, ma un contesto come quello della Roma di oggi deve necessariamente fare i conti con la realtà (coi suoi pro e i suoi contro) di una rosa non abbastanza profonda e matura per scalare subito i piani alti, per mirare al trionfo mordi e fuggi.
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— AS Roma (@OfficialASRoma) December 29, 2021
?️ Cos'è la Roma per Zalewski, Darboe e Bove...#ASRoma
Tra i pro più nascosti tra le righe, eppure presenti in questo scenario, assume un ruolo strategico il rispetto e la considerazione che i giovani cresciuti più o meno a lungo nelle giovanili giallorosse hanno saputo meritare, anche agli occhi speciali di Mourinho. I rinnovi di Zalewski, Bove e Darboe (fino al 2025 i primi due, fino al 2026 il terzo) mettono nuovamente il timbro sul rapporto privilegiato che resiste tra la Roma e l'universo delle sue giovanili, un rapporto che merita di essere ancora coltivato.
Tradizione di famiglia
Il proposito di "puntare sui giovani" torna spesso a popolare le dichiarazioni d'intenti di dirigenti e allenatori, anche in Serie A, ma sono piuttosto rari i contesti in cui (ad alto livello) si instaura effettivamente un circolo virtuoso che connette la Primavera, o comunque il mondo delle giovanili, con quello che poi è il calcio dei grandi.
Nel caso della Roma è evidente come il dialogo si sia rivelato spesso più costruttivo rispetto ad altre realtà, non solo pensando all'impatto dei giovani formati in giallorossi in linea generale ma osservando anche il loro presente nella Roma. Del resto quello di Lorenzo Pellegrini è un caso più che mai raro: i capitani in Serie A con un passato nelle giovanili del club di cui indossano la fascia sono casi isolati (solo Insigne e Pellegrini, con Calabria ufficialmente vice di Romagnoli) e nella Capitale è evidente come tutto questo abbia un peso specifico tutto particolare.
Si tratta di una delle piazze in cui si riesce ancora a percepire (in modo non anacronistico o fasullo) un impulso identitario, l'idea di un DNA, senz'altro anche sfruttando l'onda lunga dell'effetto Totti e dell'influenza di quest'ultimo su più generazioni di romanisti, influenza anche capace di trascendere l'impatto sportivo (seppur enorme). Un sottobosco ideale per creare ancora nuove connessioni, per mantenere saldo un valore aggiunto che altre realtà devono creare e strutturare con maggior fatica.
Non solo retorica
Rifacendosi ai miti o ai riferimenti ideali si rischia immediatamente di sfociare sulla retorica, sui propositi più fumosi che non effettivi. Eppure, in questo caso, sono chiari e concreti i segni di una connessione duratura ed efficace, quindi virtuosa.
Da un lato ci sono i risultati ottenuti dalle giovanili, con particolare accento sulla Primavera di Alberto De Rossi (in sella dal 2003, pensando solo alla Primavera, ma già precedentemente parte del mondo giallorosso). Risultati misurabili senz'altro pensando alle fasi finali raggiunte sistematicamente ma, ancor di più, valutando il numero di ragazzi cresciuti nel vivaio giallorosso e poi capaci di affermarsi nei 5 principali campionati europei: il CIES, nella sua recente classifica, colloca la Roma al secondo posto in Italia, alle spalle dell'Atalanta, con 19 giocatori (20 quelli formati dalla Dea e ora protagonisti tra Premier, Bundesliga, Ligue 1, Liga e Serie A).
C'è poi un dato significativo e ancor più sorprendente, per certi versi, e riguarda la capacità di Mourinho di intercettare i talenti provenienti dalla Primavera, responsabilizzandoli già in ottica prima squadra: tra campionato e Conference League hanno trovato spazio Missori, Zalewski, Bove, Afena-Gyan e Darboe, il tutto aggiungendo anche le convocazioni di Tripi e del portiere Boer.
Le basi del futuro
La Roma ha scelto di legare ancora a sé alcuni dei giovani protagonisti di questo virtuoso dialogo tra giovanili e prima squadra, Tiago Pinto in questo senso ha voluto sottolineare la voglia di preservare i talenti più promettenti senza però bruciarli o caricarli di responsabilità eccessive, riconoscendo intanto il valore fondamentale del settore giovanile.
A tal proposito sarebbe sterile e utopistica la percezione del rapporto con la Primavera come la mera speculazione sulla caccia al "nuovo Totti", trappola dannosa e deleteria: si tratta, invece, di aumentare quanto più possibile l'equilibrio tra valori tecnici (aspetto chiaramente prioritario) e conoscenza della piazza, senso di identità. Un intento che per certi versi sta provando a percorrere la Fiorentina, dopo l'arrivo di Commisso, attraverso la valorizzazione di elementi come Venuti e Sottil, non titolarissimi ma capaci di mantenere un filo conduttore tra la squadra e la città, tra vivaio e calcio dei big.
Pur senza la necessità di trovare a tutti i costi nuovi fuoriclasse o giovanissimi funamboli, dunque, resta vitale la volontà di avere in prima squadra giocatori all'altezza (Bove, Zalewski e Tripi potrebbero avere le carte in regola per esserlo) che seguano un filo conduttore necessario, che mantengano così vivo e attuale un legame storico.
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