Salvate il soldato Alex: il ghigno di Firenze, le barzellette e l'indice puntato
Ogni periodo ha il suo capro espiatorio, ogni situazione la sua vittima designata sull'altare della semplificazione, di una visione delle cose appiattita su quel che a forza di ripetersi diventa una verità granitica. La logica del "piove governo ladro" si replica a oltranza e il calcio la conduce spesso ad esaltarsi: ci sono giocatori che, per ragioni non solo tecniche o pratiche, finiscono per rappresentare il bersaglio (anche a priori) di critiche e considerazioni ironiche, prima sottili e poi pronte a ingigantirsi e a perdere la misura.
Firenze e la Firenze calcistica nello specifico, a loro volta, diventano prodighe in tal senso e, negli anni, sanno scegliere con accuratezza chi additare come colpevole, come uno sciagurato peso da portarsi sulle spalle, privo di ogni virtù. Senz'altro esistono delle logiche anche comprensibili e lineari, quando si scivola inesorabilmente sull'urgenza di avere un capro espiatorio, esiste una miccia che scatena il tutto: Aleksandr Kokorin è arrivato in Italia, del resto, a inizio 2021 con una Fiorentina alle prese con un campionato, l'ennesimo, di bassa classifica, fatto di sudore e di punti da rosicchiare faticosamente.
Una scommessa in un momento traballante, quando forse sarebbero serviti riferimenti più stabili e spalle più larghe, uno scenario intrigante quando quel presente non permetteva di sbirciare oltre le esigenze più basilari. Il contratto siglato dal giocatore, lungo e piuttosto pesante economicamente, lasciava però intuire qualcosa di diverso: non era un bomber di riserva, non era l'usato sicuro, ma un potenziale gioiello impolverato da riportare a nuova luce, un progetto a medio-lungo termine da ricostruire con pazienza. Quando 91 minuti in campo, pochi spezzoni di gara per mettersi in mostra, conducono a una pietra tombale è evidente, però, che la pazienza non sia merce particolarmente diffusa.
Le critiche mosse verso Kokorin, l'idea che questo non sia "da Fiorentina", non nascono dunque in funzione di quel che è stato, con prestazioni opache o gol divorati, ma in virtù di quel che ancora non si è visto, di un giocatore ancora ipotetico, di un ologramma. Una visione miope che si traduce, come al solito, nei discorsi detti col ghigno: per la strada provare a vendere Kokorin a un passante, viaggiare lontani da Firenze e tentare di appioppare un attaccante russo al miglior offerente, renderlo il nuovo protagonista delle barzellette da raccontarsi al baretto, tutti compiaciuti, prima di iniziare la giornata. Il maltempo, la crisi, le tasse e le sciagure...tutte da ascrivere al russo, un po' come nei film americani in cui si sa già, in fondo, che accento abbia il nemico finale.
Una sorte toccata a tanti, talvolta con lungimiranza ma più spesso col rischio di essere smentiti: Kokorin è arrivato a Firenze in un periodo del tutto peculiare, durante un rilancio personale e sportivo particolarmente delicato, e stilare un giudizio compiuto senza di fatto averlo visto risulta, anche oggi, un esercizio più goliardico che non tecnico, la ripetizione di una storiella che ormai dicono tutti e quindi dev'essere vera. Se davvero dovrà essere tiro al bersaglio quindi, un domani, che lo sia per quanto accade sul campo e non per assecondare ancora quel solito vecchio vizio.
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