Segnali di risveglio per il Napoli: la vera anomalia era Mazzarri?
Il Napoli è tornato a convincere. Non basta per dire che sia guarito, ma il primo set, facendo riferimento proprio al risultato tennistico del Mapei Stadium, è archiviato. Francesco Calzona, al contempo CT della Slovacchia e allenatore del club azzurro, è imbattuto nelle prime tre sfide sulla panchina del Napoli.
L'esordio ostico contro il Barcellona, terminato con un pari rilevante nell'economia del passaggio del turno, la beffa contro il Cagliari arrivata solo al 96° e ora la larghissima vittoria per 6-1 in casa del Sassuolo. Un paio di settimane per provare a sistemare la stagione del club partenopeo, che ha 6 punti di svantaggio sul quinto posto (piazza probabilmente utile per la qualificazione alla prossima Champions) e 8 sul quarto occupato dal Bologna di Thiago Motta.
Una scossa che si attendeva con Walter Mazzarri e che invece non è mai arrivata. Un cambio di rotta approvato su X anche dal presidente Aurelio De Laurentiis.
Una reazione che pone degli interrogativi fastidiosi sulle scelte del passato. Il problema del Napoli in questi mesi era davvero Walter Mazzarri? Come è riuscito Calzona a scuotere una squadra che aveva enormi difficoltà sotto diversi punti di vista in così poco tempo?
Il fatto di conoscere l'ambiente è risultato essere meno rilevante del previsto, così come quello di aver lasciato un ottimo ricordo ai tifosi. Il legame tra Mazzarri e la gente di Napoli non è stato intaccato da questi mesi negativi, ma ha fatto emergere con chiarezza che apparteneva a un'altra epoca. Il calcio si è evoluto in fretta sia dal punto di vista dell'approccio tattico che della gestione dello spogliatoio.
Non c'è mai stato un momento in cui, negli 82 giorni trascorsi tra le 17 partite totali del tecnico, uno dei due aspetti abbia assunto un'importanza rilevante, un ruolo principale nella narrazione. La squadra di Mazzarri è apparsa troppo spesso fragile, quasi sempre inefficace. Fino al punto in cui in molti hanno rivalutato anche il poco tempo lasciato a Garcia per lavorare, e fino all'istante in cui il patron De Laurentiis è tornato sui suoi passi e sulle sue dichiarazioni, giungendo alla conclusione di esonerare l'allenatore scelto tre mesi prima.
Non è bastato lo studio accurato del Napoli di Luciano Spalletti o il fatto che la squadra avesse interiorizzato quei concetti. Nella gestione Mazzarri l'espressione di quei dettami tattici è rimasta all'interno dei calciatori, bloccata da una classifica completamente opposta a quella dell'anno precedente, incapace di emergere con una guida diversa in panchina. Tuttavia, era impossibile che la memoria collettiva di un'idea tattica che gli ha permesso di raggiungere vette impensabili fosse stata dimenticata da tutti, e così in fretta, con un'amnesia totale propria delle peggiori serie distopiche su Netflix.
Fino a una decina di giorni fa sembrava una stagione da dimenticare, soprattutto dopo un mercato invernale attivo, ma non esaltante come si poteva pensare. Poi De Laurentiis ha calato un colpo a sorpresa. Se l'esonero di Mazzarri era diventato ormai un tema impossibile da ignorare, la scelta di Francesco Calzona a tempo determinato è stata un'idea geniale. Sia per aver convinto un allenatore impegnato in altro incarico (con un rendimento positivo e in crescendo) che da questa situazione aveva (e ha) più da perdere che da guadagnare, sia per aver trovato quello che sembra essere finalmente il traghettatore giusto.
Il Napoli ha rimesso a posto le proprie idee con un altro uomo che conosceva a memoria non solo l'ambiente, ma anche i calciatori. Uno apparso a chiunque come uno sconosciuto, ma soltanto perché nel calcio siamo abituati a tener conto esclusivamente dei frontman, di coloro che si presentano alle conferenze stampe e che sono in piedi a bordo campo durante la gara. Tuttavia, e si può rintracciare nelle dichiarazioni di un allenatore qualsiasi, l'importanza dello staff (al completo) è determinante da decenni. I legami che si sviluppano tra rosa e staff sono molto più intricati di ciò che vediamo emergere, e spesso i rapporti tra i calciatori e i membri diversi dal primo allenatore sono addirittura più forti.
Non sappiamo quali fossero tra Francesco Calzona, Di Lorenzo & co., ma le prime risposte della squadra partenopea sono alquanto significative. Sono i 5 gol in 3 partite di Victor Osimhen, c'è la doppietta di Kvara, si contano i due assist di Anguissa e Politano, oltre quello di Raspadori e alle prestazioni dei ritrovati Lobotka e Rrahmani. L'idea Calzona sembra momentaneamente pagare. Il Napoli dovrà affrontare un Barcellona guarito, ma comunque fragile a Montjuic, e provare a ricucire una distanza dalla zona Champions che in un paio di settimane è diventata magicamente raggiungibile.
Servirà l'atteggiamento visto per molti dei 270 minuti (più recupero) della nuova gestione, un miglioramento costante (dal punto di vista della solidità) e la ricerca delle orme lasciate sul percorso nella passata stagione. Il club azzurro ha ritrovato i suoi campioni e si affida a loro per invertire il finale di una stagione che può essere ancora rimessa in piedi.