Stephan El Shaarawy finalmente (titolare) nel suo ruolo
Tra i giocatori presenti nella rosa di Daniele De Rossi, Stephan El Shaarawy è il terzo per numero di presenze in Serie A dietro ad Andrea Belotti e Paulo Dybala. Con la maglia della Roma è invece a quota 257, una in più di Bryan Cristante e una in meno rispetto a Lorenzo Pellegrini. È il miglior marcatore giallorosso in attività (60 gol), a cui aggiunge anche un numero significativo di assist (37), raggiungendo quasi 100 se sommiamo i contributi diretti alla rete.
Insomma, un giocatore importantissimo dell'intera storia del club, fondamentale per diversi allenatori, da Mourinho a Di Francesco, fino a Spalletti, Fonseca e Ranieri. Un attaccante capace di giocare in più ruoli, un esterno offensivo con indiscusse qualità nel dribbling, adattato all'occorrenza come quinto sulla fascia (tendenzialmente a sinistra) o come seconda punta.
Oggi Stephan El Shaarawy ha 31 anni, non sappiamo quale sia il suo personale bilancio sulla carriera, ma l'impressione di molti è che non abbia ottenuto quanto avrebbe meritato. La sua avventura in Italia (divisa dal poco tempo trascorso in Cina e con il Monaco) si è sviluppata con le maglie di Padova, Milan e soprattutto Roma.
Il 92 è tornato nella Capitale nel gennaio 2021 ed è stato sempre parte integrante del progetto giallorosso. Tralasciando gol e assist, l'esterno ha messo a referto 14 partite nella stagione del suo ritorno (7 dalla panchina), 36 nella prima di Mourinho (23 dalla panchina), 42 nella precedente (22 dalla panchina) e 26 in quella corrente (12 dalla panchina). In 118 volte in cui è stato in campo negli ultimi 3 anni è entrato 64 volte a gara in corso, il 54%.
I riflettori a Roma si sono sempre accesi su altri tipi di calciatori offensivi. Da Nicolò Zaniolo a Tammy Abraham, fino a Paulo Dybala e Romelu Lukaku. Loro gli uomini sui quali è stato fatto ricadere (e su cui ancora ricade) l'intero peso dell'attacco giallorosso. Le motivazioni, non necessariamente giuste e oggettive, sono molteplici. Dallo scetticismo iniziale (completamente ingiustificato) per i giocatori di ritorno da esperienze oltreoceano, al suo primo periodo in un'epoca in cui erano presenti fenomeni come Edin Dzeko e Mohamed Salah, oltre a ottimi interpreti come Diego Perotti o Radja Nainggolan (spesso in posizione avanzata). Poi sistemi tattici che non ne esaltavano propriamente le caratteristiche e un ruolo che sembrava destinato a riserva di lusso ancora molto a lungo.
Con De Rossi, di cui abbiamo visto finora una sola uscita, la principale modifica ha riguardato il nuovo 4-2-3-1, quindi alla passaggio alla difesa a 4. È stata, tra squalifiche e scelte obbligate, quella di rimettere El Shaarawy nel suo ruolo naturale, l'ala sinistra. Non sappiamo se la Roma giocherà in questo modo per le restanti 17 sfide di campionato, ma la gara d'esordio, con la quale spesso i nuovi allenatori tendono a lanciare un messaggio, racconta che questa soluzione è da prendere seriamente in considerazione per il presente e per il futuro.
E non sorprende se pensiamo al tempo trascorso insieme dal nuovo allenatore della Roma e Stephan El Shaarawy. Sempre restando lontani da un'ottica di favoritismi (che non avrebbe alcun senso) Daniele De Rossi rappresenta per il numero 92 il quarto giocatore con cui ha condiviso più gare tra campo e panchina (dietro Pellegrini, Cristante e Dzeko). Una conoscenza profonda che in un momento di estrema necessità ha regalato al tecnico qualche certezza.
Poi c'è quanto dice il campo. El Shaarawy in questa stagione ha fatto bene a più riprese. È il più dinamico degli interpreti offensivi giallorossi, il più veloce a campo aperto, tra i pochi a poter sfruttare le decine di metri alle spalle della difesa con un vantaggio pratico sugli avversari, e non è un fattore da sottovalutare. La Roma ha bisogno di quel tipo di interprete e con il Verona si è visto fin dalle prime battute.
Il primo viaggio in profondità terminato tra le mani di Montipò (solo qualche secondo più tardi la segnalazione di fuorigioco), poi l'assist costruito perfettamente per Romelu Lukaku e il suo zampino per il raddoppio di Lorenzo Pellegrini. Sui primi due gol dell'avventura di Daniele De Rossi c'è la sua impronta, sull'ultima dell'ex capitano da calciatore anche.
In quello storico 2-1 contro il Parma del 2019, che ha lasciato il pubblico giallorosso in lacrime e con un emozionante vuoto nella zona dello stomaco, a segnare la rete del vantaggio è Lorenzo Pellegrini. Poi, a meno di dieci dal termine De Rossi lascia il campo a Under per ricevere l'omaggio scrosciante dei suoi tifosi, ma uno spietato Gervinho pareggia i conti. Un pari che macchierebbe l'addio di uno dei calciatori simbolo del club. E quindi, esattamente come successo con l'addio di Francesco Totti, segna nel finale Diego Perotti su assist di Cengiz Under. A referto non c'è El Shaarawy, ma il Faraone serve il filtrante che rende l'azione realmente pericolosa regalando al suo capitano l'ultima gioia della carriera.