La storia dietro all'esultanza: come e quando è nato il "cuore" di Rodrigo Taddei
Abbiamo fin qui incontrato due esempi diversi di esultanza, lo sfogo animalesco di Batistuta e della sua mitraglia oppure il legame madre-figlio di Gabriel Jesus espresso attraverso il telefono mimato con la mano, ma siamo rimasti nell'ambito, a priori anche scontato, di quei gesti che hanno in sé tutto il senso di una festa, rabbiosa o sorridente che sia, che contengono il gusto della gioia che diventa una piacevole routine.
Quel che un'esultanza può fare però, anche al di là di una routine che prosegue nei mesi e negli anni, è tramutarsi in dedica: ogni gol, insomma, può diventare un dono nei confronti di qualcuno, così come la gioia successiva può somigliare alla riconoscenza, all'eco di un legame personale significativo. La dimensione della festa è costretta però ad avere una battuta d'arresto, qui, trovando nell'esultanza iconica di Rodrigo Taddei il suo esatto opposto: non la spensierata provocazione, tantomeno lo sfogo del momento, ma una mente e soprattutto un cuore che corrono al rapporto con un fratello che da domenica 8 giugno 2003 non c'è più.
La tragedia che ruppe la festa
La stagione 2002/03, nella memoria del Siena, è consegnata definitivamente alla storia come quella della prima promozione di sempre in Serie A, di una cavalcata che portò la squadra bianconera a ottenere il salto di categoria in modo matematico già alla terzultima giornata, dopo il successo per 3-1 in casa del Genoa. Era il 24 maggio, da lì in poi la città toscana fu un tripudio di festa e di estasi per un traguardo mai raggiunto prima, in 99 anni di storia vissuti per larga parte in Serie C (il passaggio in B del 2000, nei fatti, rappresentava già un traguardo significativo).
Quel Siena, guidato da Papadopulo, aveva in rosa un Rodrigo Taddei ventiduenne, autore di 3 reti in 25 presenze nel campionato cadetto vinto dai bianconeri e finito, grazie alle prove fornite in Toscana, nel mirino di importanti club di Serie A. Era il suo primo anno in Serie A, dopo l'arrivo dal Palmeiras, un impatto che culminò appunto in quella primavera del 2003 inebriata da un traguardo storico per la squadra e da un futuro che si annunciava prestigioso, anche a livello personale. Un momento già dolce di per sé e un sorriso ineguagliabile, quello del ritorno a casa dopo avercela fatta, per riabbracciare il mondo che aveva lasciato appena un anno prima per mettersi alla prova nel calcio europeo, sognando la A.
Rodrigo Taddei, il fratello Leonardo e Pinga, insieme ad altri due connazionali, a bordo di una Megane Scenique, erano pronti a raggiungere Milano Malpensa per far ritorno in Brasile. Due artefici della promozione in A dei bianconeri e Leonardo Ferrante Taddei, un anno più piccolo del fratello e giocatore della Primavera senese, mentre la città di Siena era in festa affrontavano il viaggio in Autostrada del Sole per raggiungere Milano.
All'altezza di Fiorenzuola, però, l'incidente. Un incidente fatale per il più giovane dei fratelli Taddei, con Rodrigo che fu invece ricoverato a Piacenza, tenuto sotto osservazione per 24 ore, per trauma cranico e trauma facciale. Siena attendeva la sera dell'8 giugno come ennesimo momento di aggregazione, come lieto fine, con tutta la voglia di abbracciarsi e festeggiare ancora, ma la tragedia condusse la società e la gente di Siena a stringersi attorno al giocatore, lasciando da parte la celebrazione sportiva.
Come nasce il "cuore" di Rodrigo Taddei
Taddei trovò dentro di sé la forza per reagire e, proprio nella reazione dopo il lutto, scopriamo cosa significasse quel gesto, quella mano portata sotto la maglia come a imitare un cuore che batte, dopo ogni gol segnato. Un'esultanza nata proprio al debutto in Serie A, un debutto assoluto sia per il Siena che per Taddei.
31 agosto 2003, prima giornata di campionato e trasferta a Perugia: i bianconeri sono sotto in avvio di ripresa, Papadopulo si gioca la carta Taddei e il brasiliano ripaga con gli interessi. Tore Andre Flo fa una sponda per l'accorrente Taddei che, dopo uno stop preciso, s'inventa un destro imprendibile per Kalac, un pallone che vola all'incrocio e mette il timbro sul primo punto della storia bianconera in massima serie. Un segno del destino? Una delle tante storie che, viste a posteriori, potevano essere scritte soltanto così? Taddei corre, mette la mano destra sotto alla maglia e mima il battito cardiaco, prima di ricevere l'abbraccio dei compagni.
Erano trascorsi appena tre mesi dall'incidente, da un evento che avrebbe potuto annientare chiunque, con tanto di conseguenze fisiche successive e di un recupero infinitamente duro, sotto ogni punto di vista. Il cuore di Taddei, però, trovò il modo di battere ancora e lo fece per 45 volte, tra Siena e Roma, dopo ogni gol, sempre rivolto al fratello.
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