La storia dietro all'esultanza: come e quando è nato il tuffo di Jürgen Klinsmann
L'atto di esultare, di festeggiare dopo un gol realizzato, si lega spontaneamente all'autocelebrazione o comunque alla naturale e logica tendenza a compiacersi per il gesto tecnico realizzato: tante esultanze divenute marchi di fabbrica, del resto, vedono i protagonisti bearsi delle loro qualità ed esprimere tutto il proprio orgoglio per una rete.
Esiste però una strada alternativa, non quella dell'esaltazione di un punto di forza ma il suo esatto opposto: puntare sulla sottolineatura, puramente ironica, di un difetto o di una caratteristica che il resto del mondo trova detestabile. Una reazione provocatoria o comunque una risposta agli stimoli esterni, la voglia di ribaltare (in un momento di festa) quel che in genere ti viene affibbiato negativamente, un'etichetta troppo scomoda e ritenuta immeritata che qualcuno ti ha appiccicato addosso da anni.
Un'etichetta ingombrante
La storia dell'esultanza di Jürgen Klinsmann, del suo tuffo conclusivo dopo la festa, trova una spiegazione proprio nella volontà scanzonata (tra autoironia e vendetta) di giocare con la propria stessa fama, con quell'alone poco lusinghiero che talvolta ti precede. E la storia parte proprio così, anche con radici lontane, parte cioè da una nomea e da un'etichetta ingombrante che da Italia '90 non aveva più lasciato tregua all'attaccante tedesco, dopo il suo periodo in Serie A con la maglia dell'Inter.
Un brutto affare che traeva origine da una finale dei Mondiali e che si collegava poi alla reazione dell'opinione pubblica inglese al momento dell'arrivo di Klinsmann al Tottenham, nell'estate del '94, dopo un finale amaro dell'avventura col Monaco (macchiata dal rapporto compromesso con Wenger). Il peccato originale di Klismann? Qualcosa che in Inghilterra resta proprio indigesto, che giustifica titoli e levate di scudi: lo straniero che irrompe in Premier League e porta con sé quel vizio, quello di cadere giù e rotolare a terra senza che nessuno lo abbia sfiorato.
Una nomea particolarmente stigmatizzata in un contesto come quello inglese, in cui il gioco fisico e l'intensità nei contrasti rappresentano da sempre la quintessenza del calcio, una vera cifra distintiva (soprattutto se pensiamo al panorama dei primi anni '90, prima di una successiva apertura a tanti campioni stranieri).
Klismann dunque, pensando ai presupposti e all'accoglienza della stampa inglese, non doveva rappresentare un nuovo step verso una Premier più internazionale (un po' come the King, come Cantona) ma, al contrario, un ingombrante ospite con la tendenza a simulare, a tuffarsi. L'ex Inter non poteva certo tapparsi le orecchie, del resto il ritornello non era cosa di quel '94 ma - come detto - arrivava da lontano, dalla finale di Italia '90.
Come nasceva la fama di tuffatore
Germania Ovest-Argentina, partita deludente e ferma sullo 0-0: al 65' Klinsmann si invola sulla destra, dopo uno scambio con Matthaus, e l'intervento scomposto di Monzon ferma tutto. Klinsmann vola per aria e cade a terra, restandoci a lungo, mentre il direttore di gara si dirige verso l'argentino ed estrae il rosso: l'Argentina, poi sconfitta di misura, si trova dunque in inferiorità numerica nella fase decisiva della sfida.
Rivedendo l'intervento di Monzon si può valutare anche come l'attaccante tedesco abbia spiccato il volo senza la presenza di un contatto palese: un'interpretazione, questa, che andava per la maggiore evidentemente in Inghilterra, tanto da corrompere e rovinare l'immagine del prolifico bomber così desiderato (e poi acquistato) dalla proprietà del Tottenham.
Come nasce il tuffo di Klinsmann
Già in conferenza stampa, in sede di presentazione con gli Spurs, Klinsmann ironizzò, informandosi sulla presenza di scuole di tuffi in quel di Londra, ma fu contro lo Sheffield Wednesday, al debutto in Premier League, che prese forma sul campo quell'esultanza divenuta poi iconica. E se gli inglesi furono, da un lato, i principali detrattori fu inglese anche l'ideatore di quel tuffo dopo il gol: l'idea venne in mente a Teddy Sheringham, compagno di Klinsmann in attacco, pronto poi a condividere sul campo quello stesso sketch.
Gli Spurs erano avanti per 3-2, mancavano dieci minuti al termine della sfida, in casa dello Sheffield. Anderton fece partire un cross morbido da destra, Klinsmann a quel punto si dedicò alla specialità della casa, il colpo di testa, beffando Pressman e chiudendo di fatto i conti (il finale fu poi 4-3 per il Tottenham di Ardiles). Dopo il gol, poi, quella corsa condivisa proprio con Sheringham, con un urlo liberatorio e un volo, un vero e proprio tuffo. Come a voler dire all'Inghilterra, alla stampa inglese in primis: ecco i tuffi di cui parlavate tanto, ne vedrete ancora (Klinsmann segnò 20 reti in quella Premier).
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