Perché tenere Vlahovic alla Fiorentina senza rinnovo sarebbe un boomerang pericoloso
Trovarsi a quattro giorni dall'inizio della Serie A, col battesimo di fuoco all'Olimpico contro la Roma, senza sapere cosa sarà del proprio punto di forza è già una condizione poco desiderabile, una posizione che presta il fianco a rischi evidenti e di diversa natura. Da un lato, non sapere se Dusan Vlahovic sarà al centro dell'attacco della Fiorentina, genera turbolenze in un ambiente già segnato da anni di amarezza e disillusione, d'altro canto è dirompente il discorso tecnico, con Vincenzo Italiano che potrebbe trovarsi senza il suo fulcro offensivo, senza un giocatore che ora più che mai (sulla scia dell'ultima stagione) sta dimostrando di aver abbandonato lo status di gioiellino per abbracciare quello di leader carismatico, al di là della carta d'identità.
Rischi, questi, che potrebbero far pensare alla necessità di un muro invalicabile in nome dell'incedibilità da rivendicare, sventolando un contratto fino al giugno del 2023 e un rituale "Vlahovic è un giocatore della Fiorentina". Non sempre, però, la retorica consueta finisce per pagare e non sempre le armature sono così forti da reggere i colpi. La società rischia di trovarsi accerchiata e schiacciata dall'interesse di club che giocano la Champions, Atletico Madrid nello specifico, da un contratto da rivedere necessariamente e dagli agenti che, come sottolinea peraltro Firenzeviola, potrebbero far saltare il banco sia in ottica rinnovo che in ottica cessione a suon di commissioni.
Più dei possibili sostituti o dell'eventuale addio, adesso, la questione contrattuale è quella che merita di trovarsi al centro del discorso: la permanenza in viola senza un rinnovo, con un muro contro muro tra club e agenti, sarebbe in sostanza un lieto fine solo in apparenza, come a voler mostrare i muscoli sapendo che questi, presto, potrebbero sgonfiarsi. Lo scenario più tetro, quello di uno stop definitivo al discorso rinnovo, metterebbe la Fiorentina nella posizione di poter assecondare un addio per cifre vicine ai 70 milioni: un giocatore che spinge per andarsene a un anno dalla scadenza, nell'estate del 2022, renderebbe utopistico immaginare cifre del genere oltre, di fatto, a prolungare una sorta di agonia, quella di non potersi godere del tutto un giocatore già proiettato altrove.
Non è da demonizzare dunque, di fronte al muro contro muro con conseguente rottura, un discorso più audace e legato alle esigenze della squadra più su ampio raggio: colmare le lacune con investimenti forti in ruoli nevralgici, dal regista all'esterno offensivo, e fornire a Italiano una macchina diversa da quella che (pur con Vlahovic nel motore) ha stentato a salvarsi nelle ultime stagioni. Il vero cruccio a questo proposito è il tempo, assieme alle logiche severe del mercato: un club con 70 milioni da investire e con tante caselle da riempire è oggetto di attenzioni poco lusinghiere, soprattutto negli ultimi giorni di mercato, circondato da attori pronti a sfregarsi le mani, senza regalare niente.
Rocco Commisso ha già dimostrato più volte, il caso Gattuso è emblematico, di non essere particolarmente propenso ad assecondare a cuor leggero richieste di agenti ambiziosi, anche a rischio di arrivare allo scontro o alla separazione: la curiosità per le parole del patron viola, arrivato in Italia, cresce di ora in ora ma è complicato che, a livello mediatico, lo stesso Commisso si esprima in termini perentori e severi verso Vlahovic, pupillo spesso coccolato e tutelato. Più interessante sarebbe conoscere il dietro le quinte, i reali equilibri all'interno di una trattativa per il rinnovo che, oggi, appare più urgente che mai per le ambizioni del club.