La Top 11 dell'andata dei quarti di finale di Champions League
"Datemi quei compagni e solleverò il mondo". Chissà se Erling Haaland ha pensato a questo vedendo dalla tv il florilegio di campioni di Bayern Monaco-Paris Saint Germain. Ovvio il riferimento a Neymar e Kylian Mbappé, mai come questa volta la mente e il braccio di una squadra costruita per divertire e invece a un passo dalla semifinale al termine di una partita di pura sofferenza. Quella stessa semifinale che il marziano del Borussia Dortmund è ancora in grado di sognare dopo gara 1 contro il Manchester City, durante la quale l'anglo-norvegese ha mostrato lampi di classe e fatto il possibile nel contesto tecnico in cui si trova. Per tutti, in ogni caso, vincitori e vinti dopo i primi 90 minuti, il nuovo modello è il Real Madrid, che da outsider si sta ritagliando un posto tra le favorite assolute per l'ennesimo trionfo. Zinedine Zidane sa come si fa e ha dato ai suoi un equilibrio poco galactico, ma molto moderno.
1. Keylor Navas (Paris Saint-Germain)
Il calcio è crudele e allora se un mito come Gigi Buffon si avvia a chiudere la carriera senza aver mai vinto la Champions, l’espressione non esattamente di una potenza calcistica, il Costarica, è in lizza per conquistarla per la quarta volta. E da protagonista. L’ex Real vive contro il Bayern una serata da tregenda, tra l’assedio degli avversari e la neve, ma prima e dopo la bufera il portierone para letteralmente tutto, eccetto i colpi di testa di Choupo-Moting e Müller, sui quali non può nulla. Da film in avvio su Goretzka, è elastico, ben posizionato e spettacolare quanto basta.
2. César Azpilicueta (Chelsea)
In questa strana partita che si disputerà per 180’ (almeno) sullo stesso campo e giocata sul filo dell’equilibrio delle rispettive fasi difensive, il capitano dei Blues è la classica sicurezza cui aggrapparsi, per i tifosi e per Tuchel. Il Porto si dimostra insidioso anche in fase di spinta, ma lo spagnolo non perde mai il controllo della situazione disputando una partita di rara saggezza: sa quando deve spingere e quando c’è da stringere i denti, il resto lo fa il senso della posizione che lo rende autore di due salvataggi in momenti cruciali della partita.
3. Ferland Mendy (Real Madrid)
Chi aveva sorriso per il gol all’Atalanta dovrà ricredersi. Certo, quel tipo di giocata non rientra nel repertorio dell’esterno ex Lione, ma la sua metamorfosi in fatto di sicurezza e personalità è frutto di un impegno quotidiano e del gran lavoro di Zidane. Impeccabile prestazione a due volti, di spinta nel primo tempo e di contenimento nella seconda. Attento e concentratissimo, dalla sua parte il Liverpool non passa neppure nella ripresa, quando fatalmente i Reds alzano il baricentro.
4. Kevin De Bruyne (Manchester City)
L’ennesima prestazione mostruosa in campo internazionale. Il solito centrocampista totale in grado di prendersi la scena sul piano tecnico, ma anche della personalità. KDB tiene letteralmente in piedi i suoi in una serata inaspettatamente di scarsa vena per la squadra. Il primo gol è tutto suo, perché sradica il pallone a Emre Can e va a segnare, poi telecomanda la sfera a Gündogan per il raddoppio di Foden. In mezzo dà i tempi e sforna altre giocate da maestro. Se il City vincerà la Champions e il Belgio farà molta strada all’Europeo il Pallone d’Oro dovrebbe essere suo.
5. Nacho Fernandez (Real Madrid)
La possibile partenza di Sergio Ramos fa meno paura, perché il rendimento del ragazzo della Cantera sembra davvero potersi caricare sulle spalle il peso della retroguardia. A 31 anni non diventerà più un fenomeno, ma il pieno della maturità è stato raggiunto e le prestazioni sono sempre più convincenti anche a livello internazionale. Svettare in mezzo a compagni normali è più facile, ma guida con sicurezza la retroguardia contro Salah e compagni, coprendo qualche errore di posizionamento dei compagni e registrando i movimenti di una linea che pure non è composta da campioni, lui compreso.
6. Marqiuinhos (Paris Saint-Germain)
La sua partita dura 30 minuti, più che sufficienti comunque per far capire quanto il brasiliano sia insostituibile nei meccanismi della squadra. Il gol, segnato con la tecnica e il senso della posizione degni di un attaccante, è l’eredità più importante che lascia ai compagni, ma prima aveva già iniziato a salvare la baracca tenendo compatta una linea che, dopo la sua uscita, non sarà più tale. Mai fascia da capitano è stata più legittima: bussola della squadra, anche quando gioca a centrocampo.
7. Kylian Mbappé (Paris Saint-Germain)
Le inquadrature non lo premiano in molte occasioni, ma solo perché il campione del mondo non tocca tanti palloni. Ma nella notte in cui una squadra galattica diventa operaia, per scelta e per necessità, Kylian diventa il braccio armato letale, non solo per una squadra sbilanciata come sarà il Bayern del secondo tempo, ma anche al cospetto di un avversario schierato come accaduto nei primi minuti, anzi secondi, visto che il primo gol è istantaneo. In campo aperto diventa illegale, ma nel gol del 3-2 c’è anche l’astuzia del bomber vero che finta il tiro a giro per poi piazzarla sul primo palo tra le gambe dell’avversario. In attesa di vederlo decisivo anche in una finale i numeri lo consacrano: 8 gol in 8 partite stagionali di Champions, 32 in stagione e 27 totali nella Coppa più importante, cui aggiungeree 15 assist, in 43 presenze.
8. Mason Mount (Chelsea)
Il suo mentore Franck Lampard avrà avuto gli occhi lucidi nel vederlo giganteggiare in una partita così importante, provando però forse anche un pizzico di invidia perché colui che molti considerano come il suo degno erede ha quasi superato il maestro. Di gol l’ex manager dei Blues ne ha segnati tanti, ma belli come quello di Mason contro il Porto, il primo della carriera in Champions, pochi. Controllo da maestro ed orientato e in un mezza frazione di secondo conclusione vincente potente e precisa. Marchesin, ma anche gli spettatori, hanno dovuto ricostruire l’azione a posteriori, tanta è stata la velocità con cui il pallone è finito in rete. La sua partita però non finisce qui, perché nel delicato ruolo di collante tra centrocampo e attacco il classe ’99 ci mette umiltà, corsa e concentrazione. Un tuttocampista di qualità dal futuro assicurato.
9. Vinicius Jr. (Real Madrid)
Abbiamo scelto di inserirlo nella formazione ideale e non di celebrarlo come il protagonista del turno solo perché avevamo anticipato i tempi dopo il ritorno degli ottavi contro l’Atalanta, ma la doppietta contro un avversario di caratura mondiale ne consacra il valore. Peraltro se contro la Dea era stato imperfetto nella fase conclusiva, disperdendo davanti a Sportiello la qualità delle sue giocate preparatorie, l’ex Flamengo sembra avere già imparato la lezione. Veloce, tecnico, intuitivo, e, appunto, freddo, è strabiliante per la sua capacità di fare le giocate migliori con una rapidità da fuoriclasse. Klopp ne prende atto, vedendo un aspirante fenomeno abbattersi contro i suoi ingenui difensori. Anzi, Fenomeno, perché il parallelo con Ronaldo è sempre più calzante…
10. Luka Modric (Real Madrid)
Due anni fa sembrava finito e quel Pallone d’Oro che già non aveva convinto tutti era diventato ancora più sbiadito. ZZ ha fatto rinascere anche il croato, investendolo del ruolo di leader tecnico, ma anche carismatico (a dispetto delle apparenze…) di un gruppo che sta cercando di entrare nella storia vincendo anche senza Cristiano. Contro il Liverpool tutti i Blancos fanno un figurone e con la sua classe è più facile, ma in una partita in cui alza e abbassa i ritmi a piacimento infarcendola di passaggi geniali a stupire è soprattutto l’apporto atletico che dà alla squadra, correndo per tutta la partita, senza mai perdere in lucidità e in qualità. L’assist per il tris di Vinicius vale il recupero su Pasalic nel finale contro l’Atalanta.
11. Neymar (Paris Saint-Germain)
In tre giorni O’Ney passa dalla polvere agli altari. Brutta l’espulsione contro il Lille, per come è maturata, super la prestazione contro il Bayern, nella quale il brasiliano non entra nel tabellino marcatori, risultando però ugualmente decisivo per il livello della propria prestazione, da leader tecnico finalmente in grado di far valere la propria classe all’interno della partita con continuità. I due assist spaziali per Mbappé, i numeri 25 e 26 della propria carriera in Champions, come nessuno negli ultimi dieci anni, ne sono la prova più luccicante. Più che pensare all’ultima finale persa, consuma la propria ideale rivincita sui tedeschi sette anni dopo il Mineirazo al quale ha dovuto fare da spettatore.
12. Allenatore: Zinedine Zidane (Real Madrid)
Chissà se Gian Piero Gasperini avrà avuto qualche rimpianto in meno assistendo dalla tv ad un’altra prova tatticamente impeccabile del Real contro una squadra simile all’Atalanta come il Liverpool. Il tecnico della Dea aveva affermato che la propria squadra avrebbe potuto fare di più, ma la resa di Klopp non può che fare riflettere sul livello raggiunto dal tecnico dei Blancos a livello di preparazione tattica. Reds cancellati dal campo nel primo tempo, nonostante le tante assenze in difesa e non solo, grazie a una prestazione ai limiti della perfezione a livello di ordine e compattezza, ma senza rinunciare alla qualità di un calcio meno orizzontale, ma più efficace e ugualmente vincente.
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