La Top 11 dei migliori giocatori dell'andata delle semifinali di Champions League
Per la prima volta dal 2016 il calcio italiano non ha portato alcuna rappresentante tra le prime 8 della Champions League, eppure un po' di Serie A e di Nazionale tra le Magnifiche 4 si è visto eccome. Vuoi perché vedere due squadre disposte a specchio con un 3-5-2 in una semifinale non è cosa da tutti i giorni e vuoi perché uno dei due allenatori ad avere avuto questa idea, Zinedine Zidane, sembra... pronto per il calcio italiano, con quella mentalità poco Real che predilige la sostanza allo spettacolo. Questa volta è andata male, ma il discorso qualificazione resta aperto così come per il Psg capace di mettere all'angolo per un'ora la corazzata Manchester City. Anche grazie alla spinta del proprio terzino d'Italia...
1. Thibaut Courtois (Real Madrid)
Incrocio di ex al "Di Stefano". Ma per uno, Eden Hazard, il più atteso, che va in campo solo per un quarto d'ora senza incidere, il connazionale invece brilla eccome, seppur poco impegnato. Per la prima volta gioca contro il Chelsea e il portierone belga fa in pieno il proprio dovere dopo pochi minuti, mettendoci il piede e tanto senso della posizione sul tiro di Werner. Facile immaginare che se fosse andata diversamente la serata già difficile per la squadra di Zidane avrebbe preso un'altra piega. Non può nulla su Pulisic, poi è spettatore. Ma i bravi portieri, si sa, si vedono poco...
2. Alessandro Florenzi (Paris Saint-Germain)
Una luce tricolore nell'élite d'Europa. A quanto pare i francesi non lo riscatteranno dalla Roma e Antonio Conte, suo estimatore, già si frega le mani in vista del suo possibile arrivo all'Inter. In nerazzurro, però, la concorrenza non mancherebbe e questo sarebbe un problema per un giocatore che ha dimostrato di poter stare ad alti livelli. Nel primo tempo contro il City gioca da ala aggiunta assicurando una spinta continua e anche qualitativa. Poi quando la partita cambia all'improvviso deve fare il difensore puro, e qualche limite emerge anche per la qualità degli avversari, ma alla fine non demerita né crolla.
3. Kyle Walker (Manchester City)
Potrà raccontare a figli e nipoti (visto che allo stadio non c'erano testimoni...) di aver vissuto una notte da leone contro Neymar e Kylian Mbappé, la cui pericolosità è ridotta al minimo anche grazie alla concentrazione sfoderata dal nazionale inglese per tutta la durata della partita. Più facile arginare il campione del mondo, assai poco ispirato, mentre il brasiliano ci mette corsa e qualità, ma l’inglese gioca a modo proprio, rischiando fin troppo l’anticipo e entrando talvolta fuori tempo, ma senza mai essere troppo falloso. E una volta prese le misure, nel secondo tempo, si fa anche vedere nell’altra metà campo formando una catena molto pericolosa con Mahrez.
4. Jorginho (Chelsea)
Ha di fronte a sé maestri del suo ruolo, da Modric a Kroos, eppure dimostra ancora una volta di saper e di poter stare eccome a livelli così alti. La sua regia è pulita ed essenziale come sempre e se sono altri i compagni che fanno risaltare maggiormente le proprie prestazioni è solo perché il regista italo-brasiliano non è un play appariscente, bensì il prototipo del metronomo moderno, che preferisce la verticalizzazione o smistare il pallone rapidamente piuttosto che la gestione o cercare la giocata di classe. Gioca con personalità e con l’esperienza di chi ha tante sfide così alle proprie spalle e invece era alla prima semifinale della carriera. Adesso in casa Juventus forse si saranno pentiti di non aver ascoltato la richiesta di Maurizio Sarri...
5. John Stones (Manchester City)
Nella fase a gironi e negli altri turni ad eliminazione diretta aveva vacillato spesso e volentieri, questa volta Mister 60 milioni è l'àncora di salvataggio di un reparto che per un'ora abbondante è costantemente sotto pressione, pur non concedendo occasioni nitide e capitolando solo su palla inattiva. Alla fine il suo merito è proprio questo, reggere sul piano psicologico all'assedio del Psg del primo tempo e trascinare con sé i compagni in un'inedita trincea. Ci mette molto del proprio nell'arginare Mbappé reggendo il confronto sul piano tattico e fisico.
6. Marquinhos (Paris Saint-Germain)
Come contro il Bayern Monaco si traveste da bomber, unendo al senso del gol, questa volta di testa da corner, la leadership che gli è ormai riconosciuta non solo come guida della difesa. Rispetto alla trasferta tedesca non si infortuna repentinamente e anzi per un'ora sembra insuperabile con letture sempre perfette, senso dell'anticipo, diagonali e chiusure da veterano. I gol del pareggio e del sorpasso del City non lo vedono come responsabile ed è anzi l'ultimo ad arrendersi. Giusto semmai farsi delle domande sul fatto che i compagni dell'attacco non abbiano avuto il suo indice di pericolosità...
7. Angel Di Maria (Paris Saint-Germain)
A 33 anni compiuti si fa il miglior regalo tardivo per il rinnovo fino al 2022 firmato a marzo disputando una gara di eccezionale qualità e insospettata quantità. Il cross-assist per il gol di Marquinhos è solo la ciliegina di una serata che lo vede distillare le consuete gemme sul piano tecnico dalla metà campo in su, tra tocchi di classe e dribbling nello stretto. ma anche fornire un notevole contributo in fase di non possesso, con tanti ripiegamenti nella propria metà campo e raddoppi non scontati per un giocatore della sua classe. Il sogno della seconda Champions si allontana per colpe non proprie, ma se andrà male avrà tutte le possibilità per riprovarci.
8. Mason Mount (Chelsea)
Decisivo contro il Porto per quel gol all’andata, sotto la gestione Tuchel l’ex sembra aver fatto l’ultimo salto di qualità, quello della fiducia che Lampard non gli aveva mai dato in particolare nelle sfide più delicate. Titolare ormai fisso anche nelle notti di Champions, al “Di Stefano” gioca una partita di livello, una delle migliori della sua giovane carriera, sorprendendo per la maturità tattica prima ancora che per la condizione atletica. Doveva essere l’assaltatore della mediana a cinque e fa in pieno il proprio dovere, riuscendo a spezzare i raddoppi degli avversari con coraggio e anche tecnica per come si muove nello stretto. Moderno e di personalità, non conosce timore reverenziale di fronte ad uno dei reparti mediani più forti e blasonati d’Europa.
9. Karim Benzema (Real Madrid)
Tocca quota 28 gol in stagione risultando ancora una volta la ciambella di salvataggio della squadra, come già tante volte avvenuto in stagione. Solo che suona strano che questo accada anche in Europa, dove solitamente leoni come Modric o Kroos sono soliti salvare la baracca o talenti come Vinicius mettersi in mostra. Invece ci pensa sempre il vecchio bomber, che si carica sulle spalle l’intero attacco e non solo. Il gran tiro che vale il pareggio, mix di classe, intelligenza e potenza, centro numero 71 della carriera in Champions e 277° complessivo con il Real, colora il suo primo tempo insieme al palo con il quale sfiora la doppietta. Sue le uniche conclusioni della squadra verso la porta avversaria in tutta la partita, Zidane può sostituirlo solo al 92’, consapevole di non poterne fare a meno su ogni fronte.
10. Kevin De Bruyne (Manchester City)
Ha vissuto notti migliori anche in Europa, eppure riesce a imprimere il proprio marchio anche in una partita così complicata per la squadra e per se stesso con qualche appoggio sbagliato di troppo, meno fantasia e potenza del solito e una vaga sofferenza di fronte all’aggressività del centrocampo avversario. Prima di quel suo tiro cross che rianimerà la squadra, tuttavia, aveva provato a scuotere i compagni con una rovesciata da film che per poco non si trasformava nel gol dell’anno. Dal pareggio in poi sarà proprio il belga a prendere per mano i compagni tornando ad essere un fattore con e senza palla a livello tecnico e di personalità.
11. Christian Pulisic (Chelsea)
È molto probabile che Florentino Perez sia sobbalzato sulla sedia dopo averlo visto all’opera contro la propria squadra ed aver realizzato di non aver neppure pensato di acquistarlo dal Dortmund prima del Chelsea. La sua seconda stagione nei Blues non è stata esaltante, ma l’acuto in una notte così importante potrebbe permettergli di sbloccarsi. Tuchel gli dà fiducia dall’inizio e lo statunitense deve di fatto reggere da solo le sorti dell’attacco dei londinesi vista l’evanescenza di Werner. L’azione del gol è la foto della sua partita, per la fattura della realizzazione, la sua preparazione e l’aver creduto di poter scartare mezza squadra avversaria, ma in realtà si tratta solo del punto più alto e visibile di una prestazione insospettabile che lo vede dare tutto anche dal punto di vista atletico senza dare riferimenti alla difesa avversaria. Da vero jolly d’attacco quale è.
12. Allenatore: Thomas Tuchel (Chelsea)
Si candida a pieno titolo per la seconda finale di Champions consecutiva augurandosi un esito differente rispetto a Lisbona. Il Real non è ancora stato domato, ma il tedesco vince alla grande il duello a distanza con Zidane mostrando di essere la guida che serviva per i tanti talenti in rosa. Schiera una squadra al tempo stesso accorta e coraggiosa, che riesce a imporre il proprio gioco e ad arginare l'aggressività della mediana avversaria. La sua squadra tuttavia non si limita a giocare meglio, ma risponde colpo su colpo anche sul piano della corsa. Non trovare il Psg in finale sarebbe già una rivincita e questa volta arriverebbe all'atto conclusivo da underdog...
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