Training autogeno viola: idee e spunti (di campo) per superare l'addio di Vlahovic

Vincenzo Italiano
Vincenzo Italiano / Giuseppe Cottini/GettyImages
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Una volta archiviato e assorbito l'urto, quello del cambio di maglia di Dusan Vlahovic, poco resterà da fare se non dedicarsi al training autogeno. Una ripetizione costante di formule in grado di tirarti su, di risollevare l'umore, di stabilizzare i pensieri propositivi e di spingere via quelli (tanti) ricolmi di amarezza e scenari futuri poco rassicuranti.

Un esercizio che, in chiave viola, può passare dalla strada del portafogli e da quella del campo. Della prima si è detto tanto: si è già affrontato a più riprese il tema di un addio a zero come spauracchio ultimo, come estremità da scongiurare, così come si è sottolineato che dal punto di vista finanziario la Fiorentina abbia come minimo "limitato i danni".

Dusan Vlahovic, Vincenzo Italiano
Vlahovic e Italiano / Gabriele Maltinti/GettyImages

Si tratta, del resto, del trasferimento più ricco del mercato invernale (in Italia) e diventa agevole capirne l'entità per le casse viola: lo stesso Pradè ha spiegato come una società che fattura 75 milioni l'anno non potesse permettersi di portare a zero un talento del calibro di Vlahovic, così ambito sul mercato.

Il richiamo del campo

Allontaniamoci però dai numeri e dai conti, per quanto decisivi per tracciare una strada futura, per concentrarsi sul campo e sulle prospettive che più contano: quelle di Vincenzo Italiano. Il vuoto lasciato da Vlahovic, va detto chiaramente, non è soltanto un vuoto fatto di gol da racimolare grazie ad altri protagonisti: sarebbe superficiale limitarsi al contributo realizzativo, pur enorme trattandosi del capocannoniere, al momento, della Serie A.

Si tratta di notare come la Fiorentina, pur con tutta la volontà di risultare imprevedibile e di far partecipare un gran numero di giocatori alle azioni offensive, ricorra (ricorresse) spessissimo al lancio lungo da addomesticare grazie alle doti fenomenali di Vlahovic in tal senso: il serbo rappresenta esempio più che mai virtuoso e raro quando occorre ripulire palloni arrivati da lontano, metterli a terra con qualità, reggere fisicamente il confronto con centrali che ti si appiccicano addosso.

Krzysztof Piatek
Krzysztof Piatek / Gabriele Maltinti/GettyImages

La Fiorentina non ha solo la missione di rendersi più imprevedibile, necessariamente meno leggibile nella ricerca della punta, ma ha l'obbligo di adattarsi a chi dovrà andare a prendere il posto di Vlahovic, di capire come sfruttarne al meglio le caratteristiche. Aspettarsi che Piatek possa cucire il gioco e lavorare spalle alla porta con quella qualità è deleterio, irrealistico: il polacco avrà modo di lasciare il segno ma non di condizionare il gioco viola, pur portando in dote un numero di gol che dovrà risultare vitale.

Un centravanti diverso

Cosa potrà dare eventualmente, in tal senso, Arthur Cabral, candidato numero uno per sostituire Vlahovic al centro dell'attacco? Immaginarsi una fotocopia del serbo sarebbe utopistico e lontano dalla realtà: il brasiliano non possiede la capacità di Vlahovic di rendere giocabili palle lunghe, di fermarsi spalle alla porta e di reggere l'urto nella difesa del pallone, tende invece ad allargarsi con più frequenza e a cercare subito la verticalità (anche in solitaria). La tendenza a defilarsi, soprattutto sulla sinistra, potrebbe permettere a Nico Gonzalez di inserirsi con più frequenza in zone centrali e di fare talvolta le veci della prima punta (ipotesi che del resto Pradè ha definito verosimile).

Se Vlahovic spiccava spesso per qualità nelle giocate, con un sinistro educato, Cabral cerca più la potenza, nelle soluzioni da lontano, ed è abbonato a tentativi acrobatici piuttosto coraggiosi (e spesso di successo, nell'esperienza al Basilea). Rispetto a Vlahovic offrirà senz'altro minor qualità nella difesa del pallone e nel dialogo coi compagni ma lo vedremo più spesso provare a saltare l'uomo, azzardando la giocata individuale col pallone al piede anziché il suggerimento illuminante per il compagno.

La soluzione a sorpresa

L'incognita principale, un po' come nel caso di Ikoné, riguarda la rapidità nell'interiorizzare quel che vuole Italiano, dubbi d'integrazione più che di livello assoluto del calciatore, in un momento in cui la Fiorentina si trova coinvolta nella lotta (ricca di rivali) per raggiungere l'Europa.

Nicolas Gonzalez
Nico Gonzalez / Gabriele Maltinti/GettyImages

Al di là di Cabral e Piatek rimane la soluzione a sorpresa, quella di Nico Gonzalez come prima punta in determinate situazioni, in un attacco con Sottil, Nico e Ikoné per dribbling e imprevedibilità o con Saponara, Nico e l'ex Lille per più qualità nel fraseggio: sulla carta le soluzioni non mancano, il problema risiede perlopiù nei tempi e nella necessità di cambiare volto rispetto a quella che, davvero, era "la Fiorentina di Vlahovic".


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