Tre idee diverse di futuro: per la Fiorentina la virtù sta nel mezzo?

Sarri su un versante e Aquilani su quello opposto: Palladino è la sintesi immaginata dai viola
Palladino e Sarri
Palladino e Sarri / Jonathan Moscrop/GettyImages
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Il richiamo naturale, assolutamente magnetico, esercitato da una finale e dal desiderio di rivincita - a un anno dalla beffa col West Ham - rende complesso per la Fiorentina uscire da un senso di apnea, di tirarsi fuori dalla bolla, ma è altrettanto evidente che il futuro bussi già alla porta, per un discorso di tempistiche e di necessità pratiche, tanto da spingere già i discorsi a ciò che sarà "poi" (dopo il fischio finale della seconda finale consecutiva di Conference League, dopo Atene). Lo scenario che sembra delinearsi, rilanciato con forza anche da Sky Sport e dal Corriere Fiorentino, è quello che conduce a un nuovo ciclo targato Raffaele Palladino, una soluzione che - a tutti gli effetti - si può collocare a metà tra altre due prospettive, tra due ambizioni dal respiro diverso.

La virtù sta nel mezzo?

Diamo spesso per appurato che la virtù stia nel mezzo, che nell'equilibrio tra gli estremi si trovi la sintesi perfetta, ed è legittimo considerare che - per la proprietà viola - la linea guida sia proprio questa, con tutto ciò che ne consegue (anche in un rapporto tra rischi e opportunità). Ai due estremi potremmo collocare, dunque, le suggestioni destinate a restare tali: Maurizio Sarri e Alberto Aquilani. Da un lato l'esperienza, un palmares già importante e un nome che porta con sé pressioni e aspettative di un certo tipo, sul versante opposto il proverbiale nuovo che avanza, un profilo "fatto in casa" che si sarebbe trovato a vivere a Firenze la sua prima esperienza da tecnico in Serie A (dopo un'annata in chiaroscuro al Pisa).

Raffaele Palladino
Raffaele Palladino / Nicolò Campo/GettyImages

C'è poi, appunto, la terza via: un punto di equilibrio tra i due estremi che porta dunque a Palladino, un allenatore giovane ma forte di due stagioni positive alla guida del Monza, già capace di ottenere risultati di prestigio con una squadra che, al netto di un crollo finale, ha vissuto anche momenti di sorprendente ambizione europea (fino alla ventinovesima giornata, prima del calo evidente) e ha raggiunto comunque una salvezza serena. Come nel caso dell'arrivo di Vincenzo Italiano, tre anni fa, si può dunque riconoscere il debole di Rocco Commisso nei confronti di tecnici emergenti, giovani e in grado di dare un'identità riconoscibile a realtà dotate di risorse "limitate", con ambizione e con voglia di tenersi alla larga da qualsiasi intento conservativo.

I due estremi e la loro sintesi

Il proprietario viola non ha mai nascosto la propensione per gli allenatori più giovani, in grado dunque di crescere insieme ad un progetto, mentre non ha mai dato l'impressione di subire l'appeal mediatico di nomi più affermati (probabilmente anche più reclamati dalla piazza, come lo stesso Sarri). D'altro canto si può considerare Aquilani come il "sogno proibito" della proprietà, come un azzardo (agli occhi della piazza) che va a esaltare il proposito di costruire "in famiglia" l'allenatore di domani, facendone il portatore più diretto dei valori e dell'identità del club. Un input che, in linea di principio, appartiene al modo con cui Commisso interpreta il ruolo di patron e di proprietario, come si è visto anche quando si è trattato di gestire il drammatico lutto per la scomparsa di Joe Barone o - in situazioni solo sportivamente critiche - quando si è fatto appello a Iachini come uomo di fiducia.

UC Sampdoria v Pisa - Serie B
Alberto Aquilani / Simone Arveda/GettyImages

Al contempo, però, appare evidente come consegnare ad Aquilani una squadra comunque impegnata in Europa (Conference o EL che sia) possa suonare prematuro, non in linea con quanto dimostrato dal tecnico in un solo anno al di fuori del contesto delle giovanili. Per quanto riguarda Sarri, sia valutando il discorso di curriculum che quello meramente caratteriale, diventa chiara la natura profondamente aliena rispetto all'"utopia Aquilani": si tratta di un tecnico che ha apertamente ammesso di avvicinarsi alla fine della propria carriera, un allenatore già in grado di vincere titoli con Chelsea e Juventus, di lottare con continuità per un posto in Champions League. Un profilo che, anche nella costruzione della squadra, risulterebbe più ingombrante e "spigoloso" rispetto agli altri candidati presi in considerazione, forte di un passato di primo livello.

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Sarri / TIZIANA FABI/GettyImages

C'è poi un tema, non secondario, di versatilità a livello tattico: Palladino ha dimostrato, soprattutto nell'ultima stagione, di riuscire a emanciparsi dal ruolo di "allievo di Gasperini" e di rivoluzionare il suo Monza, abbandonando il 3-4-2-1 in virtù del 4-2-3-1 (modulo peraltro utilizzato dai viola nelle ultime due stagioni). Un altro aspetto che, assieme alla capacità di fare "di necessità virtù", avrà senz'altro colpito la proprietà e l'area tecnica gigliata, con la possibilità dunque di costruire una rosa senza diktat a priori o senza veti connessi a un modulo o all'altro. Sia a livello di profilo che di principi tattici, dunque, il nome di Palladino sembra incrociarsi perfettamente con l'idea viola di costruzione di un nuovo ciclo: alla larga da profili ingombranti ma attenti a intercettare, al contrario, emergenti coraggiosi e ambiziosi, pronti per un salto cruciale nella propria carriera.