Tutto in una fascia e in un palo: l'epilogo amaro della storia tra Chiesa e Firenze
La realtà apparente proposta ieri da Fiorentina-Sampdoria è distante anni luce da quella sostanziale. L'apparenza consegna un gioiello cresciuto a Firenze, da sempre alla Fiorentina, che indossa al braccio la fascia da capitano: un'immagine di per sé idilliaca, ideale. La sostanza parla di altro: la fascia di Federico Chiesa, avranno notato i più attenti, non era quella commemorativa in onore di Davide Astori ma quella classica della Lega, indossata da ogni capitano.
Una soluzione che fa riflettere e che, in parte, vale quanto la stessa sconfitta patita dai viola: un giocatore in aria di passare alla Juventus non poteva indossare una fascia così significativa, questa l'istanza di alcune frange del tifo, e dunque si è optato per una soluzione "a metà". Il paradosso resta, anche con la fascia "comune", e si unisce all'altra immagine forte della serata del Franchi: il palo colpito da Chiesa all'ultimo secondo, col destro che avrebbe regalato il pari ai viola. "Non era destino", verrebbe da dire: l'avventura di Chiesa a Firenze potrebbe finire, la Juve è vicina, e il copione ha voluto che tutto si chiudesse con un palo anziché con un gol.
La fortuna, la sfortuna e il bivio generato da queste cambiano profilo a un'intera storia: quel palo rappresenta una vicenda che sarebbe potuta essere ma non sarà, il valore ormai anacronistico di legame tra giocatore e club (destinato a tramontare ancor prima di nascere), un amore mai sbocciato fino in fondo. C'erano state piccole avvisaglie in età giovanile, come propositi di "restare per sempre", ma nulla di più. E da ragazzini di cose se ne dicono tante, molte di queste destinate poi a dileguarsi. Aver pensato un finale diverso significa restare legati a situazioni che non ci sono più, come un telefono a gettoni, una VHS o una fascia da capitano che voglia dire realmente qualcosa.
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