Perché l'idea PIF-Fiorentina ha un senso e perché non avrà seguito

Mohammed bin Salman
Mohammed bin Salman / Anadolu Agency/GettyImages
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L'acquisizione del Newcastle da parte del Public Investment Fund, fondo sovrano dell'Arabia Saudita, ha portato con sé una serie di reazioni e di domande, sia legate all'apertura della Premier League a un simile ingresso, tanto controverso quanto potente economicamente, che connesse al mancato interesse da parte dello stesso PIF nei confronti di club di Serie A anche più prestigiosi del Newcastle.

Newcastle
Newcastle al fondo saudita / Ian Forsyth/GettyImages

Un interrogativo, questo, che ha riguardato in particolar modo l'Inter, spesso associata alla ricerca di nuovi investitori e allo stesso fondo sovrano saudita: la risposta, anche se non da fonte diretta, è arrivata da Amanda Staveley, AD di PCP Capital Partners (che detiene ora il 10% del Newcastle). Quest'ultima ha spiegato senza mezzi termini come la Serie A non appaia un terreno di conquista attraente rispetto alla Premier League, aspetto che ha dunque messo a tacere mesi di voci: adesso, però, Alfredo Pedullà rilancia e tira in ballo un nuovo club italiano finito nel mirino di PIF, si tratterebbe della Fiorentina.

Perché PIF-Fiorentina può avere senso

Già considerando l'acquisizione del Newcastle da parte del fondo saudita appare evidente come il prestigio del club in sé, i trofei portati in dote a livello nazionale o internazionale, non rappresenti un aspetto fondamentale nella scelta della società da rilevare. L'ingresso nel mondo del calcio da parte del fondo sovrano si lega a un progetto più ampio di diversificazione economica all'interno dell'Arabia Saudita, attraverso ingenti investimenti che vedono il calcio (a conti fatti) come una semplice briciola rispetto a numerose altre acquisizioni che hanno avuto luogo e che vedono lo stesso PIF come protagonista.

Del resto basta mettere a paragone i 350 milioni di sterline investiti per l'acquisizione del Newcastle con i 3,5 miliardi in Uber nel 2016 o con l'ingresso in colossi come Pfizer, Boeing, Facebook, Starbucks, Walt Disney o McLaren per dare una dimensione più efficace di quanto possa pesare (in proporzione) investire in un club calcistico per un fondo da 380 miliardi di euro. Tappe strategiche, dunque, che appartengono a un piano più vasto e che potrebbero condurre senz'altro a un ingresso in altre realtà calcistiche europee, anche al di là della Premier League.

In questo senso, pur con tutte le differenze culturali del caso ed annessi distinguo, rimane valido il discorso che condusse Rocco Commisso ad avvicinarsi alla Fiorentina, rispetto ad altre realtà italiane: un plusvalore rappresentato dal richiamo turistico del capoluogo toscano e da un indotto che, chiaramente, può offrire ulteriori possibilità rispetto al mero discorso sportivo.

Rocco Commisso
Rocco Commisso / Gabriele Maltinti/GettyImages

In questo senso un passo importante e storico è stato fatto proprio da Commisso, con l'investimento sul Viola Park che tra un anno vedrà la luce: un centro sportivo all'avanguardia che punta a diventare un riferimento a livello europeo, un esempio di eccellenza nel panorama della Serie A, tale da aumentare senz'altro il valore di un club come quello viola. La stabilità dei conti e la necessità di un investimento inferiore rispetto a quello che occorrerebbe per assicurarsi club più blasonati vanno ad aggiungersi ai motivi per cui lo sguardo del fondo saudita del principe bin Salman potrebbe posarsi proprio su Firenze.

Il tutto, ma a mero titolo di curiosità, sottolineando il rapporto tra lo stesso Mohamed bin Salman e Matteo Renzi, leader di Italia Viva da sempre legato ai colori viola e alla sua Firenze. Infine un ragionamento non di secondo piano: ma Commisso cederebbe davvero dopo 2 soli anni? L'investimento sul Viola Park dimostra tutta la volontà del patron viola di guidare la crescita del club, l'aspetto che però potrebbe negativamente fare la differenza è quello dell'impossibilità (ormai palesata) di realizzare uno stadio di proprietà come invece avrebbe auspicato.

Bin Salman e Renzi
Un murales a Roma / Pacific Press/GettyImages

Perché PIF-Fiorentina non si realizzerà

Esistono poi fattori altrettanto validi per ritenere complesso se non utopistico un ingresso del fondo PIF nella Fiorentina, oltre che nel calcio italiano. La risposta di Amanda Staveley sul mancato investimento del fondo PIF su Inter o Milan dice tanto: la Serie A non appare dotata di una struttura sufficientemente solida e di basi tali da giustificare un ingresso in campo. Un giro d'affari irrisorio rispetto a quello della Premier League, pensando al pubblico negli stadi, ai diritti per la trasmissione delle partite, alla capacità di valorizzare il calcio e di renderlo remunerativo oltre che attraente per il pubblico (negli stadi prima ancora che davanti a uno schermo).

Pur essendo un club sano, a livello di bilancio, la Fiorentina appartiene comunque a un panorama non troppo attraente, a un contesto poco accattivante per gli investitori e certo lontano anni luce dalla Premier League. Aggiungiamoci anche le difficoltà legate all'opinione pubblica e all'impatto che, in tal senso, potrebbe avere l'ingresso di Bin Salman nel contesto italiano: i sospetti legati all'implicazione nella morte del giornalista Khashoggi, in qualità di mandante, sono stati ribaditi anche da rapporti ONU e, di certo, rendono complesso e delicato il pensiero di un approdo in Italia, così come non sono mancate critiche per l'arrivo alla guida del Newcastle.

Ultimo ma non ultimo l'investimento anche emotivo di Commisso e famiglia sulla Fiorentina e su Firenze: difficile buttarla sull'emotività, quando si parla di imprenditori affermati e capaci, ma è evidente come il rapporto che è andato ad instaurarsi non sia solo ed esclusivamente basato sul peso di un investimento economico, pensando soprattutto al progetto Viola Park vissuto come orgoglio personale dal proprietario gigliato.


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