Venuti dirà addio alla Fiorentina? Il falso problema della 'violitudine'
Nell'analisi dell'identità specifica di un club, in una prospettiva storicamente più profonda ma anche restando più appiattiti sul presente, un ruolo cruciale è giocato anche dal rapporto più o meno saldo tra prima squadra e vivaio. Ci sono società che, del resto, fanno dell'attenzione rivolta alle giovanili un marchio di fabbrica virtuoso, riuscendo a farne un valore aggiunto sia dal punto di vista tecnico che finanziario, mettendo in vetrina talenti.
La Fiorentina può a conti fatti reclamare un posto tra le società maggiormente in grado di costruire talenti, al di là della capacità di tenerli poi a lungo in rosa, e in diversi momenti storici ha saputo tracciare un filo importante di identità in tal senso. Un valore aggiunto, come detto, ma un aspetto che - soprattutto oggi - non può essere individuato come cruciale in toto per le sorti di un club, soprattutto se entra in gioco il delicato tema della fede calcistica.
La quota viola
In casa Fiorentina il tema identitario è stato citato a più riprese, fin dall'inizio della gestione Commisso, come un possibile tratto distintivo del club, con l'intenzione di aumentare la "quota viola" all'interno della società. In sostanza si vuole accreditare il presupposto secondo cui uno zoccolo duro di fiorentini e toscani possa dare una marcia in più sul fronte della motivazione e, ancor di più, nel rappresentare al meglio una realtà agli occhi di viene da fuori.
Si tratta del resto di un tema che, non solo in tempi recenti, è risultato cruciale in una piazza come la Roma, società forte di un passato di capitani (o comunque di giocatori importanti) accomunati dalla romanità e dalla fede giallorossa, come timbro di garanzia e di legame profondo con la piazza. Anche la Fiorentina, racconta oggi La Nazione, ha regalato esempi simili in passato, pur senza replicare quanto accaduto nella piazza giallorossa, grazie a elementi come Piccardi, Romoli e Tendi.
Un meccanismo virtuoso, insomma, che nel presente ha il volto e il nome di Lorenzo Venuti: il laterale viola va proprio a ripercorrere la suggestiva parabola dell'affermazione all'interno del club per cui ha sempre tifato, la realizzazione insomma di un sogno coltivato da sempre (e senza farne mistero). Accanto a tale sottolineatura, certo virtuosa come detto, emergono però altri nodi, aspetti anche critici con cui fare i conti: lo si sta vedendo con Venuti oggi, lo si è visto anche con Viviano in un passato piuttosto recente.
Essere profeti in patria è una missione complessa da inseguire, il DNA viola non rappresenta un presupposto sufficiente per scansare critiche e mugugni. Accade anzi, in una sorta di paradosso autolesionista, che la severità sia persino più marcata e pungente per i figli di Firenze rispetto ad esotiche meteore: un po' come un padre che, anche per una strana faccia dell'amore, non accetta che la propria eredità sia imperfetta, viziata da fisiologici difetti.
La fede non è il punto
L'idea di una separazione, tornata prepotentemente in ballo in vista del mercato di gennaio e della scadenza del contratto a giugno, incombe dunque su Venuti: la Fiorentina potrebbe dunque perdere una garanzia identitaria importante, un germoglio di quella che La Nazione chiama violitudine all'interno dello spogliatoio.
Pesando però la storia gigliata, mischiandola poi all'osservazione di quello che il calcio è oggi, possiamo ritenere tale nodo come interessante (degno insomma di analisi) ma non come uno snodo fondamentale all'interno della crescita di un club.
Anche inserendo il discorso nella cornice del Viola Park, di prossima realizzazione, non diventa centrale il tema del tifo in quanto tale: si tratta piuttosto di diventare un club in grado di intercettare il talento fin dalla giovane età, diventando ancor di più un punto di riferimento a livello giovanile e rafforzando i legami tra le giovanili stesse e la prima squadra, in un vero e proprio circolo virtuoso che possa prescindere dal tifo calcistico del singolo talento.
Il timbro di "tifoso viola", alla luce dei fatti, può rappresentare un'arma a doppio taglio, un aspetto certo piacevole in linea di principio ma insufficiente - in sé - a garantire certezze. Si può essere simbolo e bandiera senza essere tifoso, si può creare un senso d'identità e di solidità senza essere cresciuti all'ombra della Fiesole: le faccende di cuore, se dovranno arrivare ancora, saranno un piacevole "di più" dovuto a un profondo legame tra la società (il suo vivaio) e il territorio di riferimento.