Vincenzo Italiano è già da Napoli o gli manca ancora qualcosa?

Italiano e Spalletti
Italiano e Spalletti / Francesco Pecoraro/GettyImages
facebooktwitterreddit

Aurelio De Laurentiis ha già dato ampia dimostrazione di saper padroneggiare, da uomo di cinema diventa quasi fisiologico, meccanismi retorici e strumenti in grado di spostare l'attenzione in direzioni alternative. Il patron del Napoli ha interiorizzato evidentemente questi meccanismi e ne fa largo uso, lo si è visto nel lungo gioco di rimbalzi sul futuro di Luciano Spalletti, poi reso chiaro dallo stesso presidente prima ancora che dal tecnico, e lo si sta vedendo ancor di più riferendoci alla scelta del prossimo allenatore.

Nella giornata di ieri, a margine della presentazione del ritiro in Abruzzo, De Laurentiis ha fatto ricorso all'iperbole citando ben 40 tecnici tra cui scegliere, 40 allenatori tra cui valutare quale possa essere quello giusto. Una rosa più che mai ampia caratterizzata, evidentemente, dal 4-3-3 come aspetto comune e da tanti altri aspetti (invece) da scandagliare. De Laurentiis al contempo ha tenuto fuori Vincenzo Italiano dal novero delle possibilità, almeno formalmente, considerando come l'allenatore della Fiorentina dovesse ancora disputare la sua partita più importate, la finale di Conference League tra i viola e il West Ham.

Aurelio De Laurentiis, Luciano Spalletti
De Laurentiis e Spalletti / Chris Brunskill/Fantasista/GettyImages

Al netto dell'esito beffardo per i viola, sconfitti all'ultimo minuto dopo una partita gestita per lunghi tratti e riagguantata grazie a Bonaventura, la fine della stagione gigliata permette di proiettarsi anche sul futuro di Italiano: Commisso ha ribadito di vederlo come un punto fermo, il tecnico dal canto proprio ha fatto riferimento alla volontà di "trovarsi per parlare del futuro". Un proposito che vuol dire tutto ma anche il suo contrario: parlare può significare capire se le prospettive siano comuni e condivise, capire se le idee di mercato e di budget coincidano, può significare anche esporre la volontà di concedersi una nuova avventura (a prescindere da un contratto in corso).

Perché Italiano può essere già "da Napoli"

Italiano, del resto, ha dimostrato concretamente già due cose fin qui in carriera: da un lato un'evoluzione costante che gli ha permesso di compiere una scalata rapida dalle serie inferiori all'Europa, d'altro canto ha palesato anche la capacità di andare oltre al discorso contrattuale in presenza di ambizioni e spinte diverse (il passaggio dallo Spezia alla Fiorentina insegna, è comunque un precedente). Volendo dunque comprendere perché Italiano possa essere "da Napoli" possiamo affrontare il discorso da tre punti di vista, presupposti necessari che farebbero propendere per un sì.

Il tecnico viola ha dimostrato, nelle varie esperienze in panchina, di non patire lo scotto per il passaggio da un livello all'altro, anche da una serie a quella superiore, riuscendo a mantenersi in linea con gli obiettivi o persino ad andare oltre (con promozioni e salvezze storiche, con un ritorno in Europa dei viola dopo una lunga assenza). In tal senso, insomma, il nodo dell'inesperienza appare eludibile e superabile, grazie ai precedenti incoraggianti e un'ambizione di crescita mai nascosta.

Vincenzo Italiano
Italiano a Praga / Robbie Jay Barratt - AMA/GettyImages

Accanto a tale aspetto, che appare probabilmente quello in grado di far storcere il naso a tanti, emerge un discorso di coerenza tattica ribadito anche da De Laurentiis in modo esplicito: il Napoli cerca un tecnico abituato a giocare col 4-3-3, non è a caccia di ribaltoni tattici o di rivoluzioni tecniche ma, anzi, vuole valorizzare un patrimonio già presente, quello della rosa a disposizione, senza procedere con illogici stravolgimenti. In questo senso l'identikit del tecnico viola appare ineccepibile, solo quest'anno del resto si è concesso qualche deviazione (col 4-2-3-1), restando però sempre fedele agli stessi principi di gioco e a un approccio comunque adattabile alla rosa partenopea, senza grandi sforzi di immaginazione.

Il terzo aspetto, potenzialmente sottovalutato rispetto agli altri, riguarda la gestione del gruppo e - per certi versi - ci riconnette in modo diretto all'opera virtuosa svolta da Spalletti, riuscendo a far sentire tutti dentro al progetto e a evitare per quanto possibile malumori anche in chi raccoglieva minor minutaggio. Italiano, da questo punto di vista, si è spinto anche oltre: non si è trattato solo di far sentire tutti utili ma di ruotare gli uomini a disposizione rendendo complesso isolare titolari e riserve, tracciare una linea definita. Un aspetto che, agli occhi di De Laurentiis, potrebbe rappresentare anche un modo per valorizzare al meglio tutti gli elementi della rosa, senza spazio per esuberi o valori di mercato in picchiata.

Perché manca ancora qualcosa

A questo punto, però, occorre spostarsi sul rovescio della medaglia e sugli aspetti che, a conti fatti, ci consegnano un profilo ancora acerbo e da testare. Se dal punto di vista della coerenza tattica Italiano può risultare persino più convincente di profili più prestigiosi, come Antonio Conte, esiste un discorso di pressioni connesso alla conquista dello Scudetto (e alla necessità di difenderlo) e alle dichiarate ambizioni di De Laurentiis sul fronte Champions League. In un contesto come quello viola, perlomeno attualmente, proporre un gioco brillante e offensivo può bastare per far scoccare una scintilla di entusiasmo, per riavvicinare un popolo alla propria squadra (come accaduto).

West Ham United v Fiorentina - Europa Conference League
West Ham United v Fiorentina - Europa Conference League / Anadolu Agency/GettyImages

Un ottavo posto in classifica e due finali perse, insomma, riescono a non macchiare l'idillio e a non disperdere un patrimonio costruito negli ultimi due anni. Una situazione che, logicamente, non può più bastare in una piazza tornata a vincere: l'ebbrezza di un gioco fatto di possesso e di "dominio" non rappresenta un timbro sufficiente e, chiaramente, i primi risultati deludenti farebbero immediatamente finire Italiano sulla graticola, senza quel cuscinetto di credito di cui gode a Firenze.

Un tema ancor più cruciale, poi, è quello delle differenze tattiche rispetto a Spalletti, probabilmente connesse anche a un discorso di esperienza accumulata negli anni ad alto livello. Si è visto in modo lampante come la Fiorentina sia spesso incappata in uno schema ripetuto, nelle sconfitte: sfide condotte in modo chiaro dal punto di vista del possesso, con un apparente controllo sul campo, che hanno però finito per premiare gli avversari (apparentemente passivi ma, in realtà, solo attendisti e avveduti nella gestione delle energie). L'apoteosi di un simile equivoco (di un dominio solo apparente) si è avuta nella sconfitta interna per mano della Lazio, uno 0-4 in cui il cinismo dei biancocelesti si è contrapposto a una spregiudicatezza "cieca" da parte dei viola.

Lautaro Martinez
Lautaro contro i viola / Silvia Lore/GettyImages

Una situazione, quella, sicuramente emblematica che si è ripetuta in minor misura anche di recente, nelle finali perse: la Fiorentina dà spesso la sensazione di essere padrona ma, di fatto, si rivela poco equilibrata e vittima di un'eccessiva intensità, di una lettura discontinua dei momenti della partita, di amnesie arrivate in momenti chiave, in frangenti di apparente "controllo", risultate poi decisive ai fini del risultato finale.

Ciò che statisticamente può apparire come dominio, analizzando ad esempio i dati sul possesso palla o il numero dei cross, non sempre si traduce in pericolosità, in occasioni nitide, in un reale spavento per l'avversario che (spesso) ha modo di colpire silenziosamente, spendendo molto meno rispetto ai viola e mantenendo lucidità nei momenti chiave. In questo senso appare evidente come i profili di Spalletti e di Italiano abbiano certo tratti di prossimità ma, al contempo, regalino ancora lampanti differenze sul fronte dell'equilibrio e della solidità difensiva, sul fronte della gestione delle energie e della capacità di essere intensi senza per questo diventare vulnerabili.