Vlahovic e il no al rinnovo: epilogo prevedibile e un'importante responsabilità

Dusan Vlahovic
Dusan Vlahovic / CPS Images/Getty Images
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Tanto tuonò che piovve: non si può parlare del classico fulmine a ciel sereno, adesso, di fronte all'ormai acclarata e ufficiale decisione di Dusan Vlahovic, quella di non rinnovare il contratto con la Fiorentina e di rinunciare a cifre che lo avrebbero reso, di fatto, il giocatore più pagato nella storia del club gigliato. Un epilogo ufficializzato da Rocco Commisso tramite un comunicato in cui il patron mette le carte in tavola, spiegando tutta la volontà della società di accontentare le richieste del giocatore e del suo entourage e, al contempo, dando conto di una posizione che dal cauto ottimismo delle settimane scorse è passata via via a un silenzio assordante e poi al no conclusivo.

Rocco Commisso
Commisso al Franchi / Gabriele Maltinti/Getty Images

Il segreto di Pulcinella

Perché possiamo dire che l'epilogo non sia sorprendente? Perché le sirene di mercato estive, tali da vedere accostato Vlahovic a club di altissimo profilo, non hanno certo lasciato indifferenti il giocatore stesso e il suo entourage: il piatto era troppo ricco per passare inosservato, tanto ricco da rendere rifiutabile un contratto da 4 milioni a stagione fino al 2026. Qualche segnale, al di là del cauto ottimismo di cui sopra e delle parole concilianti di Moena, era a dire il vero emerso: Vlahovic, dall'inizio della stagione, ha chiaramente iniziato a coltivare un'idea di sé più ingombrante rispetto all'appartenenza al club, pur nella massima professionalità, e si è lasciato andare a dichiarazioni non eclatanti ma certo chiare nel significato. Dopo il successo col Torino, condito dal bellissimo gol di testa del serbo, il giocatore ha fatto capire come la decisione di restare a Firenze sia stata concentrata sulla stagione 2021/22 e non a lungo termine, senza poi sbilanciarsi oltre sul tema rinnovo (anche dopo la vittoria con l'Atalanta).

Dusan Vlahovic
Dusan Vlahovic / Alessandro Sabattini/Getty Images

I precedenti illustri

Non è certo la prima volta che la Fiorentina si trova a fronteggiare situazioni affini, col peso di ingombranti tentazioni di mercato a interrompere l'idillio coi gioielli più brillanti: in tempi più recenti i casi di Bernardeschi e Chiesa hanno visto ripetersi storie simili, con un graduale allontanamento dalle cose viola per proiettarsi su scenari di alta classifica, su una dimensione garantita dalla Juventus che, a Firenze, sarebbe rimasta preclusa. In questo caso la Fiorentina si trova a doversi abituare all'idea di perdere nelle prossime sessioni di mercato, tra gennaio e giugno, un giocatore che ad appena 21 anni ha già realizzato 31 gol in Serie A, decollando definitivamente nella stagione 2020/21 (21 reti in 37 presenze) nonostante un rendimento deludente della squadra. Un giocatore capace di responsabilizzarsi, di mostrare grande dedizione al lavoro e margini di crescita importanti: di fatto Firenze ha avuto l'impressione di aver ritrovato, dopo tanto tempo, un bomber degno di indossare la numero nove e in grado di vestire i panni del trascinatore: la rinuncia, in sostanza, non sarà meno dolorosa rispetto ai due gioielli partiti in direzione Juventus Stadium.

Federico Chiesa, Federico Bernardeschi
Chiesa e Bernardeschi / Valerio Pennicino/Getty Images

Una responsabilità importante

L'azione dell'entourage ovviamente è stata ed è strategica per spiegare un finale amaro per i viola, un'azione così audace da condurre al rifiuto di un accordo più che mai remunerativo per il giocatore che da 800mila euro a stagione sarebbe passato a ben 4 milioni. La società, come ha voluto ribadire Commisso, in tempi recenti ha fatto il possibile e anche di più, mettendo sul piatto una proposta intrigante o persino irrifiutabile dalla larga maggioranza dei calciatori. Al contempo, però, scavando più indietro nel tempo (ma neanche troppo) emerge con forza il fatto che il club abbia temporeggiato eccessivamente verso un giocatore che, a tutti gli effetti, ha trovato solo nell'arrivo di Cesare Prandelli la chiave giusta per sbocciare definitivamente. Un rinnovo che a momenti alterni torna in ballo, a livello di voci, fin dall'inizio del 2020 ma che, prima dell'esplosione del giocatore, non è stato forse perseguito in modo sufficientemente deciso dal club: dal momento in cui Vlahovic è divenuto una realtà e non più solo una promessa, dunque, riuscire a convincere l'entourage si è fatto sempre più arduo e alla fine del tutto impossibile. Gli agenti, ancora una volta, hanno via via preso consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico.

Gestire la crisi

Che fare adesso? Surreale pensare a una Fiorentina quinta in classifica intenta a leccarsi le ferite ma, al contempo, è chiaro come la prospettiva di un futuro prossimo senza Vlahovic al centro dell'attacco debba essere presa in seria considerazione. Il contratto attualmente in corso scadrà nel giugno del 2023 ma arrivare a scadenza sarebbe madornale e, dunque, le prossime sessioni saranno quelle decisive per capire dove Vlahovic potrà trasferirsi, con l'ipotesi estera attualmente più percorribile di quella bianconera (pur senza poterla dare per morta anzitempo).

Nicholas Gonzalez
Nico Gonzalez / Gabriele Maltinti/Getty Images

Non esistono in rosa alternative valide, Kokorin non sta convincendo fin qui e non ci sono altre prime punte, occhio dunque alla suggestione Nico Gonzalez come possibile terminale offensivo, ferma restando la necessità di individuare sul mercato un giocatore che (in futuro) potrà sposare la causa viola diventando il nuovo centravanti titolare. La missione non è delle più semplici: si tratta di non dilapidare un capitale e di ottenere quanto più possibile dalla cessione del giocatore, scegliendo poi con grande attenzione uno o due colpi in attacco che possano lasciare invariato il livello della squadra, senza spegnerne le ambizioni.


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