Zé Elias: "Nel '98 Deschamps fece una furbata. Brasile? I risultati arriveranno dopo"
Esclusiva 90Min - Una vita vissuta sempre con il pallone tra i piedi: se per caso la gente non riusciva a trovarlo lo si poteva vedere sempre lì, ovvero sul campo. E dopo? All'ora di pranzo e di cena e anche quando si faceva buio ed era ora di dormire non riusciva mai a staccarsi dal suo gioco preferito. Abbiamo intervistato l'ex centrocampista dell'Inter Zé Elias. Il calcio continua a far parte della sua vita, adesso lo troviamo negli studi televisivi nel suo paese natio in veste di opinionista e ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda sulla sua "nuova vita", sulla Seleçao e sulla sua esperienza in nerazzurro.
Vorrei cominciare da questa domanda: quando ti ho chiamato stavi andando a lavorare, cosa fai adesso in Brasile?
"Adesso lavoro come commentatore nella ESPN, in Brasile. Sono quindici anni che faccio questo lavoro e ho cominciato precisamente nel 2009. Ho lavorato per cinque anni nella radio globo, poi ho ricevuto questo invito e questo è il quindicesimo anno che sono qui (in ESPN ndr.)".
Adesso sei un commentatore e il calcio fa parte sempre della tua vita, ma non ti manca un po' il calcio giocato?
"Onestamente no, perché ho fatto il calciatore per tutta la vita. Io ho cominciato a giocare presto a calcio, ed era calcio a cinque, e poi ho continuato fino a quando non ho smesso a trentadue anni. Sono un po' stanco del calcio e per questo non mi manca, ma mi manca l'atmosfera degli stadi che per me è sempre stata magica".
Quando hai effettivamente capito che il calcio avrebbe fatto parte della tua vita?
"Avevo quattro anni, ero piccolo, e andavo a mangiare con il pallone in mano, a dormire con il pallone in mano e la mia famiglia capiva che io volevo solo giocare a calcio e che volevano vedermi solo in campo. Erano sicuri di trovarmi sempre lì: in campo a giocare".
Dopo il Corinthians e il Bayer hai avuto modo di vivere una grande realtà calcistica del nostro paese come l'Inter, che ricordo conservi di quell'esperienza? Ricordi ancora la prima "chiamata interista"?
"E' stato tutto velocissimo: io ero appena tornato in Brasile dopo l'esperienza in Germania al Bayer. Io avevo appena litigato con l'allenatore, con Christoph Daum, e il Bayer aveva fatto un tentativo per riportarmi in Germania. Io dissi no, poi l'Inter ha saputo del mio litigio con Daum e hanno poi scoperto il prezzo del mio cartellino e quanto avrebbero dovuto pagare. Io nel giro di tre giorni ero all'Inter, e questo mi riempie d'orgoglio perché loro si erano interessati subito a me e mi avevano preso velocemente. Io ero giovanissimo, non capivo, non avevamo i mezzi di oggi per capire, vedere e comprendere tutte le notizie e informazioni. Non sapevo neanche che tipo di club fosse, non capivo neanche la grandezza del club, poi quando sono andato a Milano, facevo il ritiro e vedevo i tifosi attorno alla squadra e a Ronaldo (Luis Nazario da Lima, ndr) avevo veramente capito che ero in una delle più grandi squadre del mondo".
Nel '98 il testa a testa con la Juventus per lo scudetto culminato con la sfida del Delle Alpi, puoi raccontarci l'atmosfera di Appiano prima di quella gara e nel viaggio verso Torino?
"Eravamo concentrati, era una partita dura, difficile. C'erano degli episodi dalla parte della Juve ma loro erano una grande squadra perché avevano Del Piero, Conte, Davids, Zidane. Loro erano forti e dovevamo pensare solo a quella partita. Dopo è successo quello che è successo (contatto Ronaldo-Iuliano ndr.), lì avevamo perso un po' la concentrazione perché quell'episodio era un altro episodio in più. Quello che poi ci conforta è che alcuni anni dopo hanno scoperto "Calciopoli".
Mi ricordo anche che sei stato espulso in quella partita per una gomitata a Deschamps. Quella gomitata è stata frutto della rabbia?
"Didier Deschamps è stato furbo, perchè io sono saltato per prendere la palla e lui è saltato dopo. Se riguardi le immagini, vedi che io non faccio il movimento per dare una gomitata ma per prendere il pallone. Lui salta dopo, io stavo cadendo, ma l'arbitro mi ha dato il rosso. Se ci fosse stato il VAR sarebbe stato diverso".
Dopo il match non sono mancate le polemiche, nello spogliatoio del Delle Alpi che tipo di clima regnava? Rabbia o in un certo senso rassegnazione?
"C'era rabbia negli spogliatoi. Il presidente Moratti è stato poi intervisato dai giornali, l'atmosfera che vivevamo dentro lo spogliatoio era di rabbia".
Quando siete tornati a Milano cosa vi siete detti tra voi compagni? Ti ricordi un episodio in particolare?
"Sapevamo che dovevamo vincere tutte le altre partite. Il calcio è questo: noi calciatori dobbiamo imparare a convivere con certi episodi, accettarli è una cosa diversa ma noi dovevamo giocare. Noi dovevamo fare la nostra parte senza però pensare a quello che era successo prima".
Se dovessi scegliere una partita delle tante giocate con la maglia nerazzurra quale sceglieresti?
"Tutte le partite sono state speciali: mi ricordo la semifinale di Coppa UEFA contro lo Spartak Mosca, ho fatto l'assist a Zamorano e anche segnato! E poi, ovviamente, la finale contro la Lazio. Era importante per me perché ero un ragazzino a quei tempi".
Tu hai vestito anche la maglia della Nazionale brasiliana, qual è il connazionale con il quale hai legato di più? Ricordi ancora il primo allenamento con un "Professore" come Zagallo?
"Mi ricordo che con il Brasile ho fatto le Olimpiadi, poi dopo il Mondiale vinto nel '94 contro l'Italia sono stato convocato in occasione del match contro la Jugoslavia. Lì è cominciata la mia avventura con la nazionale, è stato fondamentale non solo essere stato allenato con Zagallo ma giocare anche con Romario, Aldair, Dunga, giocatori che avevano vinto il Mondiale. Era per me un'emozione grande perché quando ero piccolo li guardavo in tv! Zagallo mi ha fatto un bel regalo".
Il Brasile quest'estate gioca la Copa America, cosa ti aspetti dal gruppo verdeoro?
"Il Brasile sta cambiando, la squadra è stata ricostruita, e i risultati penso che possano arrivare non adesso ma più avanti. Ci sono calciatori giovani e anche se giocano in squadre importanti giocare nel Brasile è sempre molto difficile perché tutti vogliono batterti. Spero di vedere questa nazionale più forte, anche se ancora mancano tante cose".
Brasile e Italia sono due nazionali che hanno avuto diversi campioni. Puoi indicarci chi è secondo te il giocatore più rappresentativo di entrambe?
"Io ho avuto modo di conoscere Mazzola e Facchetti, ho vissuto la parentesi dell'Inter con loro e poi c'è Roberto Baggio. Baggio è stato sempre un signore con me, una bellissima persona e squisita in tutti i sensi. Pagliuca che è mio amico, Beppe Bergomi che nel 1982 ha vinto il mondiale e che nel '98 era nell'Inter. In Brasile ho visto tantissimi giocatori: Ronaldo, Romario, Dunga, Zico, Falcao. E' molto difficile per me sceglierne uno (ride, ndr)".