Zhang crede nel successo in Champions e glissa sul futuro di Lukaku all'Inter
L'Inter si avvicina all'appuntamento più importante della stagione e alla possibilità, dopo 13 anni, di giocarsi la massima competizione a livello europeo: domani andrà in scena a Instanbul la finale di Champions League, contro il Manchester City, e il presidente nerazzurro Steven Zhang ha parlato (della finale e non solo) ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
Sulla finale di Champions: "Lo avevo solo sognato e sapevo che sarebbe stato difficile vista la differenza con altre Leghe. Suning ha investito tanto. Noi ci auguriamo che domani si vinca con le idee, la competenza e la passione. Ho pensato tantissime volte nella mia testa come sarebbe stato vincere una Champions. Ma anche solo sognare di vincerla sembrava impossibile... Ora che siamo in finale però tutti noi nel club abbiamo una incredibile voglia di provarci. E siamo uniti. Come ha detto Inzaghi: non abbiamo paura, c’è solo grande eccitazione nell’attesa di giocare questa partita. Noi ci crediamo".
Su come vive l'Inter: "L'Inter mi assorbe totalmente, vivo tanto la vita del club ma non entro sugli aspetti tecnico-tattici. Neanche con Inzaghi ne parlo, rispetto le sue scelte. Poi non parlo correttamente l'italiano ma lo capisco. Amo Milano, dell'Italia conosco cultura e tradizione e oggi mi sento anche un poco italiano. A volte capita sul mercato che la parte della passione travolga la razionalità ma mi confronto con i miei dirigenti, per me è fondamentale".
Su Skriniar: "È sempre stato uno dei miei giocatori preferiti. Alle domande su di lui risponderò dopo la finale. È rimasto perché abbiamo fatto di tutto per avere la squadra migliore per vincere. Prima della partita col City non trovo giusto parlare dei singoli. Con società, squadra e tifosi ora siamo un corpo unico, tutti concentrati sulla sfida di domani», ha sottolineato sul difensore che lascerà l'Inter a fine stagione".
Lukaku credeva nella Champions: "Si, ho sorriso pensando 'è pazzo'. E invece aveva ragione. Se ora lo confermiamo per questo? Non mi faccia domande sui singoli giocatori, la prego...".
Sul City: "Li rispetto profondamente, squadra magnifica. Ma noi abbiamo la qualità per affrontarli. In questi anni, più è stata alta l’asticella del nostro avversario e meglio ci siamo comportati. L’Inter rende con le squadre forti, è contro quelle meno competitive che ogni tanto abbiamo perso punti. In campionato è stata dura tenere alta la concentrazione, difficile in tutte le competizioni, c'era stanchezza mentale, ma adesso pensiamo alla finale. In CL ho una scaramanzia, prima della partita visito un negozio Moncler, ma entro ed esco senza comprare".
L'approccio al mercato: "E’ un rischio che corro durante il calcio mercato quando voglio comprare subito i calciatori migliori e non guardo il budget o il bilancio. Sì, a volte accade che la passione travolga la parte razionale, quando si fanno acquisti o si decide di non cedere... Spesso chiedo al nostro ds Ausilio: “Piero, non è che stiamo facendo un errore?”. Il dialogo con i miei dirigenti è fondamentale per cercare quel famoso equilibrio tra razionalità e passione".
Sugli allenatori: "Mi hanno tutti insegnato qualcosa. Pioli è stato il primo allenatore con cui ho lavorato in vita mia. Volevo avere un tecnico italiano che conoscesse perfettamente il campionato: Stefano mi ha dato le basi. A Spalletti sono molto legato perché ha tracciato un solco fatto di gioco, lavoro e risultati, riportando l’Inter in Champions League: un obiettivo fondamentale in quel momento. Con lui abbiamo avuto una delle migliori difese ed ho capito l’importanza di un grande reparto arretrato se si vuol vincere. Conte? Da quando acquistammo l’Inter ho subito desiderato un giorno di avere Conte in panchina. È un tecnico duro, di forte personalità, credo di non averlo mai visto felice, appagato o sorridere. Dopo una vittoria pensava subito alla successiva, senza mai un momento di relax o di soddisfazione. Ma è così che ha riportato lo scudetto all’Inter dopo 10 anni, interrompendo un ciclo della Juve che sembrava infinito".