Pro e contro di una Fiorentina schierata col 3-5-2 da Palladino
- Dodò e Gosens valorizzati dal nuovo assetto e più pericolosi in fase di spinta
- L'arrivo di Pablo Marì aiuta la svolta tattica
- Il nodo critico è la folta presenza di trequartisti: chi resta fuori?

La vittoria di misura contro il Lecce non poteva certo permettere, dopo tre sconfitte consecutive, di ritenere la Fiorentina pienamente rilanciata e ci consente di immaginare una sorta di convalescenza e di percorso in divenire, che darà nel prossimo ciclo di ferro (tra ritorno di Conference e sfide ai limiti del proibitivo in campionato) risposte cruciali su quello che sarà il finale di stagione. All'interno di un'annata dall'andamento atipico, con una striscia di vittorie da record seguita da una flessione evidente, non è possibile aggrapparsi al modulo scelto da Palladino come certezza granitica e in questo senso l'allenatore, fin dall'arrivo estivo, era stato chiaro anche a priori, promettendo fluidità e capacità di adattamento.
La ricerca di un'identità e di continuità passa però, necessariamente, dal rapporto tra patrimonio di calciatori a disposizione e traduzione sul campo: il 3-4-2-1 era il piano iniziale, il 4-2-3-1 è stata la toppa divenuta poi l'abito ideale e adesso, con meno esterni offensivi a disposizione, lo scenario di un 3-5-2 sembra coerente col gruppo a disposizione. Si può notare come, a livello mediatico, non manchino voci e pareri assolutamente concordi con l'opportunità di una simile svolta tattica: il gol di Gosens su cross di Dodò col Lecce, da quinto a quinto, ha forse offerto una sintesi efficace del meglio che questo nuovo vestito tattico potrà offrire. Il tutto abbinato al ruolo sempre più cruciale dello stesso Gosens in fase di spinta.
Fiorentina col 3-5-2? I pro e i contro
I due esterni risultano effettivamente più esaltati come quinti, discorso valido sia per Dodò che per Gosens grazie alle loro indubbie qualità in fase di spinta: in un caso con dribbling e rapidità, nell'altro con la capacità di coprire l'intera fascia e di inserirsi efficacemente nell'area avversaria. Un altro aspetto che rende logico l'utilizzo del 3-5-2- è l'arrivo di un Pablo Marì che, rispetto agli altri protagonisti della retroguardia, dà il meglio di sé proprio come centrale in un terzetto arretrato, discorso che non riguarda Pongracic, Comuzzo e Ranieri: il primo appare più a proprio agio come centrale di destra in una difesa a quattro, gli altri due agiscono al meglio come braccetto (rispettivamente a destra o sinistra) in caso di difesa a tre.
Un aspetto potenzialmente penalizzante, risvolto non da poco nell'ottica di valorizzare le risorse tecniche in rosa, riguarda la presenza di elementi che sulla trequarti possono dare il meglio, che si tramutano (col 3-5-2) in seconde punte e finiscono per escludersi a vicenda. Solo uno tra Gudmundsson, Zaniolo e Beltran (ma potremmo aggiungere anche Colpani al gruppo) troverebbe infatti spazio nel 3-5-2 accanto all'inamovibile Kean, rischiando dunque di disperdere elementi di qualità e rendendoli utili soltanto a partita in corso. Il 3-4-2-1 pensato inizialmente da Palladino, in linea teorica, darebbe modo al tecnico di sfruttare al meglio il patrimonio tecnico sulla trequarti: ne risentirebbe una mediana che spesso, a due, si è rivelata troppo fragile.
L'ampia disponibilità di interni e mezzali fa sì che, d'altro canto, nel 3-5-2 i viola possano schierare una mediana composta da elementi ben integrati tra loro e di trovare un equilibrio che talvolta è venuto meno con un centrocampo a due: Adli, Fagioli, Cataldi, Mandragora, Folorunsho, Richardson e Ndour consegnano a Palladino un buon novero di scelte possibili. Proprio tale equilibrio, assieme alla valorizzazione di Dodò e Gosens, può risultare alla fine il motivo per dare continuità a questa svolta, andando ad alternare di volta in volta i vari partner di Kean in base allo stato di forma e alle caratteristiche dell'avversario.
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