Stagione dei paradossi per la Fiorentina: lo spazio tra l'illusione e la crisi

Un anno zero agrodolce fino a questo punto: dai sogni al calo evidente dell'ultimo mese
Palladino
Palladino / Giuseppe Bellini/GettyImages
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La tendenza naturale e più logica, nell'analisi di una stagione o di un dato momento all'interno di questa, porta al bilancio su quanto di positivo o di negativo ci sia. Si fa presto: ci sono i risultati, dati in quantità, numeri in calo o in miglioramento rispetto al passato. Il meccanismo appare automatico sulla carta, senza criticità, ma nei fatti le sfumature esistono e ci portano a vivere la stagione della Fiorentina come quella del paradosso. Un proverbiale anno zero, da tanti punti di vista, ricco di contraddizioni, di alti e bassi, di aspettative tanto logiche quanto destinate a sgretolarsi o mutare.

Daniele Prade
Pradè / Jonathan Moscrop/GettyImages

La stagione del paradosso, dunque, partendo da un discorso tattico: Pradè non ha parlato di rivoluzione o di repulisti assoluto in estate, il presupposto era quella di avere una buona base di partenza, ma la scelta di puntare su Palladino ha lasciato immaginare un cambio di rotta radicale rispetto al triennio di Italiano, sia come idee di gioco che come modulo. La difesa a tre appariva un punto di partenza basilare, anche lo stesso tecnico lo ha ammesso durante il ritiro, e il 3-4-2-1 ha contraddistinto l'inizio della stagione viola. Il paradosso in questo senso è doppio: non mancavano elementi arrivati dal mercato che apparivano più congeniali all'assetto precedente (Pongracic è l'esempio più ricorrente) e - soprattutto - la Fiorentina è riuscita a decollare proprio quando è tornata a schierarsi col 4-2-3-1, quasi come se il DNA della squadra lo richiedesse.

Il mercato e le illusioni

Un altro paradosso riguarda i protagonisti positivi della stagione, al di là di De Gea e Kean si è trattato infatti di sorprese od outsider come Comuzzo, Bove e Cataldi più che di calciatori attesi. I casi di Colpani e ancor di più Gudmundsson dimostrano in modo palese (e quantomai d'attualità) come gli elementi più di talento abbiano fin qui deluso, non siano riusciti a incidere con continuità. Un altro paradosso è decisamente attuale ed è quello del mercato invernale: dopo una prima metà di stagione positiva sembrava naturale immaginare un percorso di continuità e invece, soprattutto in uscita, la sessione di gennaio sta somigliando più a quella estiva che non a un mero momento di riparazione.

Albert Gudmundsson
Gudmundsson / Gabriele Maltinti/GettyImages

Elementi della vecchia guardia in uscita o già partiti, giovani in rampa di lancio lasciati andare (come Kayode), voci frequenti che toccano tanti elementi della rosa in ogni ruolo (da Pongracic a Kouamé passando per Ikoné e Richardson). Qualcosa di lontano dai ritocchi e più simile a un possibile esodo. Il paradosso più ingombrante però, chiaramente, è quello di un senso evidente di crisi all'interno della stagione che - per settimane - sembrava autorizzare la piazza e l'ambiente a sognare qualcosa di importante, a immaginare un passo in avanti sorprendente (all'insegna dell'ambizione) rispetto alle annate scorse.

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