Un ponte tra passato e futuro: cos'è Claudio Ranieri per la Roma di oggi
Un periodo di crisi, crisi più o meno grave o profonda, può portare con sé la necessità di ripartire dalle basi, dalle fondamenta, per avviare un nuovo percorso oppure - più semplicemente - può attivare un percorso di riscoperta, di chiarezza. Un discorso d'identità, uno dei tanti temi che percorrono più o meno tra le righe ciò che è accaduto nella Roma negli ultimi mesi, esplodendo in modo visibile con l'esonero di Daniele De Rossi, l'addio di Lina Souloukou e il nuovo esonero, quello di Juric. Il tema dell'identità diventa spesso centrale, anche in modo retorico, in un periodo storico che vede abbondare le proprietà straniere e i fondi arrivati dall'estero: un calcio sempre più globale, che rischia di vedere sempre più diluiti e annacquati i riferimenti al passato, al retaggio di un club.
Un discorso che si fa spesso pretestuoso, che torna buono semplicemente nei periodi di magra a livello di risultati: occorre sancire in modo chiaro il dominio dei risultati sul retaggio storico, riconoscendo come la nostalgia e la voglia di richiami identitari- spesso - siano solo volti diversi della frustrazione sportiva. Si può anche riconoscere come, al contempo, la ricerca di simboli e di appigli storici somigli spesso a uno specchietto per le allodole, alla mera ricerca di un parafulmine e di una protezione agli occhi di una piazza: si sprecano, del resto, gli esempi di ex calciatori che non sono riusciti a seguire - dietro la scrivania - orme degne di quanto fatto sul campo, andando in qualche modo a macchiare il ricordo lasciato da giocatori.
La Roma e il richiamo identitario
Nel caso della Roma, poi, il tema ricorrente dell'identità e dei simboli assume una valenza ancor più dirompente: da un lato l'eterna ipotesi (citata anche da Ranieri in conferenza, su apposita domanda) di un ritorno di Francesco Totti in società, dall'altro la decisione (poi finita col divorzio) di vedere in De Rossi una garanzia per il futuro, un tecnico a cui legarsi a lungo. Anche ripensando al periodo di Mourinho sulla panchina della Roma si può notare come tornasse, a più riprese, il concetto di "romanismo" e come il portoghese sapesse cavalcare tale narrazione. Il presente ci ha rimesso davanti un volto più che noto, più che familiare, come quello di Claudio Ranieri. Potremmo associare il profilo del tecnico testaccino - con una similitudine politica - a un presidente chiamato a scendere ancora in campo nonostante le intenzioni di ritirarsi a vita privata, storie che abbiamo sentito e vissuto, altre forme di crisi.
Il paradosso vuole che Ranieri non faccia da traghettatore, nel presente giallorosso, ma concretamente (grazie al ruolo dirigenziale) da ponte tra passato e futuro: dall'idea di azzardi e di profili esotici, emersa con forza negli ultimi tempi, si è tornati a guardare "in casa" e a specchiarsi per provare a riconoscersi di nuovo. Il tragitto rimane sempre in bilico tra spinte identitarie, come necessità di riscoprirsi per ripartire, e rischi di un ulteriore parafulmine che faccia da scudo, contribuendo involontariamente a nascondere la confusione sotto l'armadio. In tal senso rincuora e rassicura il profilo di Ranieri, il suo status, la sua capacità indubbia di comprendere in cosa sia andato a inserirsi e cosa possa dare col proprio bagaglio di esperienza, anche al di là della retorica e delle inflazionate questioni di fede. Allenatore in grado di risolvere crisi, senz'altro, ma ancor di più protagonista e autore di linee guida che avranno un peso dirompente sul domani del club.