Vlahovic, Leao e la Nazionale come insidioso metro di paragone
Il club e la Nazionale, due realtà che coesistono, ma che l'ingente numero di partite a cui sono sottoposti i calciatori nell'arco di una stagione a volte tende a porre in contrasto. I migliori interpreti del pianeta sono costretti a ritmi intensissimi, che li porta a collezionare decine e decine di partite in più (totali) rispetto a colleghi di 20 o 30 anni fa e spesso a risentirne sono la lucidità e, globalmente, il rendimento.
Vittime di questo discorso, almeno nell'avvio della corrente stagione sportiva, possono considerarsi sia Rafael Leao che Dusan Vlahovic. Entrambi, in questo primo terzo di Serie A, hanno attraversato difficoltà evidenti nell'imporsi attraverso le loro entusiasmanti caratteristiche. Si tratta anche del prezzo del nuovo ciclo targato Thiago Motta e Paulo Fonseca e di un senso di libertà di espressione (anche a parole) riscoperto durante le soste Nazionali, nelle quali sono stati protagonisti in positivo rispettivamente con Portogallo e Serbia.
Leao nella sosta di Ottobre
"Quando gioco con il Portogallo sento la fiducia di tutti, anche dell'allenatore"- e ancora -"Mi ha chiesto profondità e costanza nell'uno contro uno. Fondamentalmente, fare il mio tipo di gioco per creare delle occasioni. Avevamo poco spazio e l'allenatore voleva che facessi movimenti in profondità".
Vlahovic nella sosta di Novembre
“Sì, mi piace giocare con un altro attaccante di fianco, mi trovo bene ma dipende anche dall'allenatore. Sicuramente è un po' più facile perché Mitrovic è un giocatore forte che gioca tantissimo sulle sponde e i duelli aerei e io posso sfruttare le mie qualità, anche perché il mister Stojković non mi ha obbligato a fare tanti compiti difensivi. E per un giocatore come me, dalla mia struttura...sinceramente non riesco a correre così tanto. Perché poi così non sono fresco nella finalizzazione".
Parole che distano circa un mese le une dalle altre e dopo le quali (non crediamo ovviamente siano state il motore principale) Fonseca ha ritrovato un Rafael Leao in grado di beffare le difese avversarie con la sua apparente semplicità (prima a Madrid e poi Cagliari). I movimenti in profondità del portoghese sono stati decisivi per le due marcature in Sardegna e hanno dimostrato ancora una volta che il talento di un calciatore nel fiore dei suoi anni non scompare da un giorno all'altro.
Diverse invece le 'richieste' di Dusan Vlahovic che, dopo il recentissimo pareggio conquistato grazie a un suo assist contro la Svizzera, ha parlato del suo gradimento per un attaccante che giochi al suo fianco (non necessariamente un 10) e per i pochi compiti difensivi richiesti dal CT Stojkovic. Un discorso che difficilmente porterà Thiago Motta a snaturare la sua Juventus, ma che permette interrogativi su come saziare la sete di gol del serbo.
Il succo riguarda il non essere lucido, fresco nella finalizzazione, un problema che emerge anche dalle sue statistiche avanzate. Secondo i dati di fbref.com il serbo ha segnato soltanto 6 gol su un totale di 8.1 xG creati; è sotto di due reti potenziali, addirittura di 2.7 se togliamo dal discorso i calci di rigore, una statistica sempre in positivo se confrontata alle passate stagioni. A impennarla in negativo i diversi errori macroscopici connessi sotto porta, degenerati in critiche eccessive verso la sua figura.
Finché il calendario sarà così strutturato, il tema club-Nazionali resterà sempre molto caldo, con una tendenza al mettere nell'occhio del ciclone un allenatore, un club o anche un singolo, in difficoltà ad esprimersi in uno dei contesti. Tuttavia, il diverso rendimento, e il caso di Rafael Leao si tramuta ora in un esempio, può offrire nuove soluzioni per superare il problema.